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  • Giovedì 18 gennaio 2024

All’ultimo test di ingresso a medicina qualcosa non ha funzionato

Secondo il TAR del Lazio il metodo di valutazione scelto non permetteva di confrontare adeguatamente i candidati

Foto di studenti durante il test d'ingresso, al Forum di Assagno, a Milano
Il test di ingresso a medicina al Forum di Assago, a Milano (LaPresse - Mourad Balti Touati)

Il tribunale amministrativo regionale del Lazio (TAR) ha annullato gli esiti del test di ingresso a medicina e chirurgia per l’anno accademico 2023/2024, per cui erano stati presentati oltre 3mila ricorsi. Secondo la sentenza è illegittimo il cosiddetto meccanismo di “equalizzazione”, che dovrebbe permettere di confrontare i risultati dei test di tutti i candidati, nonostante le domande siano diverse tra le varie sessioni. Era il primo anno che veniva usato questo meccanismo. Il TAR sostiene che il meccanismo non abbia funzionato, e che non abbia compensato correttamente il fatto che i candidati hanno ricevuto prove di difficoltà diversa: questo avrebbe condizionato l’ammissione o l’esclusione alla facoltà a prescindere dalla preparazione.

La graduatoria per l’anno accademico in corso è stata annullata, ma il TAR ha stabilito che i candidati ammessi non perderanno il loro posto e potranno continuare a frequentare la facoltà, e che quelli esclusi resteranno esclusi; chi attendeva di entrare per le eventuali rinunce di quelli ammessi, invece, non potrà farlo perché non c’è più una graduatoria da seguire. Quindi il risultato principale della sentenza del TAR è che non ci saranno ulteriori nuovi ingressi alla facoltà di medicina per l’anno accademico in corso.

Era il primo anno che veniva usato questo nuovo modello di prove, che si chiamano TOLC Med e che vengono elaborate dal CISIA, il Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso. Questi test peraltro erano già stati messi in discussione perché era emerso che alcuni candidati avevano avuto accesso alle domande prima della prova. Uno studio legale aveva presentato un esposto in procura per segnalare che su alcuni gruppi Telegram giravano informazioni sulle domande, e che alcuni candidati avevano partecipato a un corso di preparazione a pagamento che forniva anche le risposte al test.

Il test prevede 50 domande, distribuite in quattro sezioni, ognuna con un suo tempo di svolgimento: 15 minuti per le 7 domande di comprensione del testo e conoscenze acquisite negli studi; 25 minuti per le 15 domande di biologia; 25 minuti per le 15 domande di chimica e fisica; 25 minuti per le 13 domande di matematica e ragionamento.

Il test assegnava ai candidati 1 punto per ogni risposta esatta, -0,25 punti per ogni risposta sbagliata e 0 punti per le risposte non date; il risultato veniva poi moltiplicato per un “coefficiente di equalizzazione della prova”. Questo coefficiente aveva la funzione di rendere comparabili risultati di prove con domande diverse. Il punteggio finale doveva tenere quindi conto della diversa difficoltà delle singole sessioni.

Secondo il TAR questo metodo è troppo aleatorio in alcuni elementi «che, da un lato, non sono giustificati da esigenze oggettive della selezione e, dall’altro, non consentono un ordinamento degli aspiranti sulla base della sola performance», ossia sulla base di come vanno durante il test. E questo perché la posizione in graduatoria viene «influenzata, in maniera anche significativa e determinante» dal coefficiente di equalizzazione «che limita, in modo per ciascuno diverso, il punteggio massimo» e che quindi impedisce di mettere sullo stesso piano i partecipanti al test. In sostanza secondo il TAR un coefficiente non è in grado di compensare la differenza tra le domande dei candidati.

La sentenza non ha comunque portato alcun beneficio ai ricorrenti, perché non sono risultati ammessi e perché non è stato loro concesso di rifare il test: se vorranno ritentare, dovranno dunque ripresentarsi alla prossima sessione.