La Grecia è stata condannata a risarcire la famiglia di un migrante siriano morto nel 2015 a causa degli spari della Guardia costiera

Una foto di un motoscafo in mare
(AP Photo/Felipe Dana)

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che nel 2014 la Grecia violò il diritto alla vita di un migrante siriano, Belal Tello, morto più di un anno dopo essere stato colpito alla testa dagli spari della Guardia costiera greca contro l’imbarcazione su cui si trovava. Il tribunale, che ha sede a Strasburgo, ha condannato la Grecia a pagare 80mila euro di danni alla moglie e ai due figli di Tello.

La vicenda risale al settembre del 2014, quando la Guardia costiera greca fermò un motoscafo vicino a Pserimos, una piccola isola vicina alla costa turca. L’imbarcazione trasportava 14 persone, tra cui Tello. Secondo la ricostruzione della Corte gli agenti della Guardia costiera iniziarono a sparare al motore del motoscafo nel tentativo di fermarlo, ferendo però due persone a bordo: una era Tello, che morì più di un anno dopo in ospedale in Svezia, dove risiedeva la sua famiglia.

Il governo greco si è difeso dicendo che non c’erano prove per sostenere che la morte di Tello fosse legata alle ferite subite per gli spari della Guardia costiera: nel ricorso presentato dalla famiglia di Tello lo scorso giugno invece era stato consegnato alla Corte un certificato di morte redatto in Svezia in cui si diceva che la morte era stata causata dalla complicazione di una lesione cerebrale dovuta proprio a quelle ferite. Secondo la sentenza della Corte sparare al motore di una nave in movimento è «estremamente pericoloso» e la Guardia costiera «non ha esercitato la necessaria vigilanza per ridurre al minimo qualsiasi rischio per la vita»: avrebbe quindi fatto «un uso eccessivo della forza nel contesto di norme poco chiare sull’uso delle armi da fuoco», dice la sentenza.