L’azienda di moda Alviero Martini è stata messa in amministrazione giudiziaria

Una foto di una borsa del marchio Alviero Martini, famoso per le mappe
Una borsa del marchio Alviero Martini, famoso per le mappe (Zunino Celotto/Getty Images)

L’azienda di abbigliamento Alviero Martini Spa, i cui prodotti sono famosi soprattutto per le mappe disegnate sui tessuti, è stata messa in amministrazione giudiziaria: è un procedimento che affida la gestione di una società a un amministratore nominato dal tribunale, che ha il compito di correggere eventuali pratiche illecite. La misura è stata decisa nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla procura di Milano e dall’ispettorato del lavoro.

Secondo le indagini la società Alviero Martini avrebbe affidato l’intera produzione ad aziende esterne senza mai effettuare alcuna ispezione o controllo su dove venisse prodotta la sua merce. Le aziende a cui si rivolgeva affidavano a loro volta la produzione a vari laboratori con personale perlopiù cinese, nonostante il contratto con la società Alviero Martini vietasse di affidarla ad altri. Questi laboratori dove infine venivano prodotti i capi si trovano in Lombardia, e dopo varie verifiche da parte dei carabinieri sono state rilevate gravi condizioni di lavoro irregolare: le persone che ci lavoravano erano “in nero”, cioè pagate senza un contratto legale, e non sono in regola con il permesso di soggiorno, in condizioni di sfruttamento e con violazioni delle norme di sicurezza. Alcuni lavoratori venivano anche ospitati in dormitori abusivi. Per sei delle aziende coinvolte nell’indagine è stata disposta la sospensione dell’attività.

Non esistono comunque capi di imputazione formali né a carico della società Alviero Martini né a carico dei suoi dirigenti. È risultato però problematico e illegittimo il fatto che la società non si fosse curata di attivare controlli per impedire che le sue commesse fossero affidate a laboratori con condizioni di lavoro irregolari. Secondo le indagini l’azienda si sarebbe invece fidata della sola dichiarazione formale delle aziende a cui si affidava, in cui si diceva che non avrebbero appaltato ulteriormente il lavoro ad altri senza autorizzazione. Secondo l’accusa questo avrebbe agevolato, anche se indirettamente, lo sfruttamento dei lavoratori da parte di chi gestiva i laboratori, che invece sono sotto indagine.