Quanto era ricca la famiglia di “Mamma, ho perso l’aereo”?

Il New York Times ha parlato con degli economisti per provare a rispondere a una domanda che si sono fatti in molti

Una scena di Mamma, ho perso l'aereo
Una scena di Mamma, ho perso l'aereo
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Nel guardare Mamma, ho perso l’aereo, uscito nel 1990 e diventato uno dei più classici film di Natale, vi sarete forse chiesti quanto siano ricchi i McCallister, cioè la famiglia del bambino protagonista, Kevin, che viene lasciato a casa per sbaglio mentre gli altri partono e impedisce in questo modo a due ladri di svaligiare la casa.

I McCallister vivono infatti in una lussuosa villa a Chicago, negli Stati Uniti, e per le feste vanno in vacanza a Parigi: due cose che hanno portato molti appassionati del film e ossessionati dall’idea di ricchezza a chiedersi quanto debba essere ricca una famiglia del genere e a formulare ipotesi in articoli e discussioni sui social network. Stavolta è stato il New York Times a mettere in ordine le idee, appoggiandosi anche alle valutazioni di un gruppo di economisti della Federal Reserve Bank di Chicago.

Una villa da 1 per cento
Il film, scritto e prodotto da John Hughes e diretto da Chris Columbus (regista di Mrs. Doubtfire e di due film della saga di Harry Potter oltre che sceneggiatore dei Goonies), è ambientato in una villa a tre piani al 671 di Lincoln Avenue, nel sobborgo Winnetka di Chicago, che secondo il sito di annunci immobiliari Realtor.com è uno dei più costosi degli Stati Uniti. Stando a una ricerca del 2015 di Business Insider era il secondo sobborgo più ricco – cioè dove vivevano persone con il reddito più alto – degli Stati Uniti, preceduto soltanto da Scarsdale, a New York.

La casa è il primo indizio della ricchezza dei McCallister e il motivo per cui vengono presi di mira dai due ladri, Harry e Marv, interpretati rispettivamente da Joe Pesci e Daniel Stern. All’inizio del film infatti Harry dice a Marv che la villa è l’obiettivo principale in quel quartiere di ricchi: è piena di stereo, videoregistratori e gioielli.

Secondo gli economisti interpellati dal New York Times, nel 1990 una casa del genere a Chicago se la poteva permettere l’1 per cento più ricco degli abitanti della città, e ancora oggi è così. Gli economisti lo hanno stabilito considerando i dati sui redditi a Chicago dal 1990 al 2022, il valore immobiliare, i tassi sui mutui dell’epoca, le imposte e le assicurazioni più comuni. Partendo dal presupposto che i McCallister non avrebbero potuto avere una rata del mutuo superiore al 30 per cento del loro reddito, gli economisti hanno calcolato che il loro reddito sarebbe stato più o meno di 305mila dollari all’anno, circa 665mila dollari nel 2022 (rispettivamente 277mila euro e 605mila euro).

Nel 1990, quando venne girato il film, la villa apparteneva a una coppia, John e Cynthia Abendshien, che aveva anche una figlia piccola, Laura. Si girò per 4 mesi, anziché per le sei settimane concordate, e dopo le prime settimane in albergo gli Abendshien decisero di tornare a casa e allestirono un appartamento al secondo piano, facendo attenzione a non apparire davanti alle finestre nel caso fossero in corso le riprese. Nel 2012, dopo averci abitato per 25 anni, la vendettero per 1,58 milioni di dollari. Oggi il sito dedicato al mercato immobiliare Zillow ne stima il valore a 2,3 milioni di dollari, 2 milioni di euro.

Il New York Times ha contattato anche Eve Cauley, che si occupò di arredare gli interni del set allestito in una scuola superiore di Chicago (le scene di interni infatti vennero girate quasi tutte qui e non nella villa degli Abendshien). Cauley, che scelse i mobili, i vari oggetti e la carta da parati, ha raccontato di non aver arredato la casa in modo eccessivamente costoso ma di averle conferito un «aspetto maestoso e raffinato». All’epoca andavano molto di moda il blu mare e il rosa antico ma lei si ispirò ai rossi, verdi e oro delle cartoline di Natale e alle illustrazioni dell’artista Norman Rockwell, che incarnavano l’immagine che aveva di sé l'”America bianca”, fiduciosa, perbenista, rassicurante e sentimentale. Il produttore Hughes, infatti, le aveva chiesto di conferire alla villa «un aspetto senza tempo»: una classicità tipica delle famiglie cosidette old money – cioè quelle che i soldi ce li hanno da generazioni – o di quelle che aspirano a esserlo.

Altri indizi di ricchezza
Oltre ai mobili ci sono altri elementi che fanno pensare che la famiglia sarebbe stata ricca ma non incredibilmente ricca: nel film hanno vestiti eleganti e all’apparenza costosi e noleggiano diversi taxi per andare all’aeroporto ma, nota il New York Times, quando la madre di Kevin, Kate, prova a convincere una coppia a cederle i suoi biglietti da Parigi per tornare a casa offre contanti e gioielli ma aggiunge che il suo Rolex d’oro potrebbe essere falso.

Inoltre il viaggio viene pagato da un fratello del padre, lo zio Rob, che si è trasferito a Parigi dove ha una casa con vista sulla Torre Eiffel che può ospitare 15 persone. Sull’aereo infatti salgono 4 adulti – Kate, Peter, un altro fratello di lui, lo zio Frank, e sua moglie – e un totale di 11 figli. Una vacanza a Parigi durante le feste di Natale non è da tutti e soltanto i biglietti aerei sarebbero costati più di 50mila euro attuali: gli adulti infatti viaggiavano in prima classe per un costo di oltre 10mila euro a biglietto, mentre quello per i bambini e i ragazzini in classe Economy sarebbe costato circa mille euro l’uno.

Il terzo fratello, Frank, sembra avere meno disponibilità economica degli altri due: non vuole pagare il conto della pizza e dice alla moglie di infilare nella borsetta la saliera e la pepiera di cristallo che adocchia in prima classe. Anche questo episodio però potrebbe indicare non ristrettezze ma ricchezza perché, come scrive il New York Times, il taccheggio era più diffuso tra i benestanti che tra i poveri. Anche uno studio pubblicato nel 2008 sull’American Journal of Psychiatry ha confermato che era «decisamente più comune» tra le persone con un reddito superiore ai 70mila dollari annui (63mila euro).

Come se lo potevano permettere
Nel film non viene detto che lavoro fanno Peter e Kate e come possano permettersi un simile tenore di vita, e anche questo è un argomento molto dibattuto online. Todd Strasser, che ha realizzato le trasposizioni letterarie di Mamma, ho perso l’aereo e dei due sequel, ha descritto il padre come un uomo d’affari che lavorava in borsa perché era «la scelta più sicura» e la madre come una stilista di moda perché nella casa ci sono molti manichini (tra cui uno utilizzato da Kevin per ingannare i ladri) e macchine da cucire. Si tratta però di sue libere interpretazioni a partire da quello che si vede nel film. Secondo Strasser, comunque, i McCallister appartenevano all’alta borghesia ma non erano dei super ricchi.

Alcuni hanno fatto notare che nel garage si vedono due automobili prodotte dalla Buick (una Buick Electra Estate del 1986 e una Buick LeSabre), che potrebbero indicare che il padre lavorasse in qualche posizione nell’azienda automobilistica.

Un’altra teoria molto condivisa su internet è che Peter fosse coinvolto nella criminalità organizzata: la sua casa sarebbe stata presa di mira per vendetta e anche l’atteggiamento combattivo di Kevin deriverebbe da una certa familiarità con la violenza. Altri notano come la scena iniziale, con la casa piena di cugini e parenti non identificabili, ricorderebbe le scene di apertura della trilogia del Padrino di Francis Ford Coppola e anche di alcuni episodi della serie tv I Soprano, che racconta la mafia italoamericana in New Jersey. Altri aggiungono agli indizi il film di gangster – girato apposta – che Kevin guarda a casa da solo e l’atteggiamento arrogante di Peter verso un poliziotto (in realtà Joe Pesci che si finge tale). Le suggestioni sono molte ma nessuno tra chi ha realizzato il film le ha mai confermate.

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