Sulla definizione di “sciopero generale” la Commissione di garanzia non sembra avere le idee chiare

La presidente dell'autorità che vigila sul diritto allo sciopero è stata sentita alla Camera, ma non ha risposto del tutto alle domande

Corteo in memoria degli operai morti a Brandizzo svoltosi a Vercelli il 4 settembre del 2023 (Marco Alpozzi/LaPresse)
Corteo in memoria degli operai morti a Brandizzo svoltosi a Vercelli il 4 settembre del 2023 (Marco Alpozzi/LaPresse)

Mercoledì mattina la presidente della Commissione di garanzia Paola Bellocchi è stata ascoltata dalle commissioni Lavoro e Trasporti della Camera dei deputati in merito agli scioperi del 17 novembre. L’audizione era stata chiesta dal Partito Democratico dopo che la Commissione di garanzia, cioè l’autorità che deve vigilare sul rispetto delle norme relativo al diritto di sciopero, aveva negato il riconoscimento di “sciopero generale” alla mobilitazione indetta da CGIL e UIL per venerdì prossimo contro la manovra del governo Meloni e aveva invitato i sindacati a ridurre la durata della protesta.

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La parte sostanziale dell’audizione ha riguardato proprio questo punto: su che basi la Commissione riconosce o nega la natura di sciopero generale? La questione è rilevante dal momento che per gli scioperi generali molti dei vincoli e dei limiti previsti dalla legge che disciplina il diritto di sciopero non devono essere rispettati, mentre per gli altri bisogna rispettare una serie di disposizioni finalizzate a garantire che la protesta non intacchi altri diritti fondamentali dei cittadini, che devono poter usufruire dei servizi pubblici e privati essenziali come i trasporti e la sanità. Ed è intorno a questa questione che il confronto tra la presidente Bellocchi e i deputati del PD si è fatto assai aspro. Alla fine della seduta è stata chiesta alla Commissione di garanzia un’ulteriore spiegazione scritta su due punti rimasti inevasi. Non è chiaro, al momento, se questa risposta arriverà.

Durante il suo intervento Bellocchi ha spiegato perché, secondo lei, quello del 17 novembre non può essere considerato uno sciopero generale: «In ciascuna regione, il contrasto alla manovra economica verrà fatto attraverso due pezzi di sciopero. Uno il 17 comprende tutto il lavoro pubblico e alcune categorie del lavoro privato che dalle adesioni che ci sono pervenute sono sostanzialmente trasporti, igiene ambientale e funerario». Le categorie che erano rimaste escluse da questa prima convocazione erano parecchie, ha proseguito Bellocchi, e si sono poi organizzate autonomamente proclamando scioperi territoriali articolati secondo un calendario che va dal 17 novembre al primo dicembre, a seconda della fascia geografica: per prime le regioni del Centro (il 17 novembre), poi la Sicilia il 20, il Nord il 24, la Sardegna il 27, le altre regioni del Sud il primo dicembre.

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Stando a un documento scritto che Bellocchi ha consegnato mercoledì mattina ai deputati presenti, sarebbero «modalità del tutto nuove rispetto alla prassi sindacale». E vista questa anomalia, «abbiamo insomma un po’ esplorato tutte le possibilità interpretative, e ci è sembrato che i presupposti dello sciopero generale non ricorressero». Bellocchi ha in seguito precisato che in questa scelta non c’era alcuna finalità politica e che la Commissione non è stata in alcun modo influenzata neppure dal fatto che dei tre grandi sindacati confederali solo CGIL e UIL avessero indetto la mobilitazione, e non la CISL.

«Noi abbiamo deciso mercoledì, poi quello che è successo dopo è sfuggito sicuramente al mio controllo», ha detto Bellocchi quando le è stato chiesto se non avesse avvertito il bisogno di tutelare il diritto allo sciopero dal punto di vista comunicativo. Dopo la pubblicazione della delibera della Commissione di garanzia di mercoledì scorso, infatti, è nata una grossa polemica politica alimentata soprattutto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che ha prima criticato le scelte del segretario generale della CGIL Maurizio Landini, e ha infine deciso di “precettare” i lavoratori, limitando cioè con uno specifico provvedimento la durata dello sciopero di venerdì a sole quattro ore, come peraltro suggerito dalla stessa Commissione di garanzia.

In effetti, non esiste una legge che stabilisce quando uno sciopero possa essere considerato generale. Tutto dipende da una delibera emanata dalla stessa Commissione di garanzia nel 2003, che qualifica lo sciopero generale come «l’azione collettiva proclamata da una o più confederazioni sindacali dei lavoratori, coinvolgente la generalità delle categorie del lavoro pubblico e privato». Nel documento scritto condiviso con i deputati, Bellocchi ha scritto che la Commissione di garanzia ha ritenuto che mancassero i requisiti dello sciopero generale «alla luce del consolidato orientamento interpretativo in materia».

Vari deputati del PD hanno però a quel punto obiettato che questo orientamento interpretativo non fosse così consolidato, e che dunque è difficile stabilire in modo univoco cosa si intenda con generalità delle categorie. In particolare Andrea Orlando, che è stato ministro del Lavoro, ha chiesto quanti scioperi della storia italiana possano considerarsi davvero generali, sulla base della interpretazione adottata in questa occasione dalla Commissione di garanzia. «Perché a mia memoria, sulla base di questa interpretazione, non esiste uno sciopero generale che abbia coinvolto la generalità e l’interezza di tutti i settori: forse solo nel ’48 in seguito all’attentato a Togliatti. Secondo l’interpretazione del garante, quindi, quali sono gli antecedenti dello sciopero generale? Non vorrei emergesse dalla loro interpretazione che in Italia non ci sono mai stati scioperi generali e questa sarebbe una interessante riscrittura della storia nazionale», ha detto Orlando.

Bellocchi non ha risposto in modo esplicito a questa domanda. «La storia del movimento sindacale sicuramente sarà piena di scioperi generali che avranno le loro caratteristiche», ha detto. E poi, sollecitata di nuovo a spiegare quali caratteristiche debba avere la proclamazione di uno sciopero generale, ha aggiunto: «Come dovrebbe esser fatta una proclamazione? Il giorno 17 novembre scioperano tutte le categorie del lavoro pubblico e privato. Punto». I parlamentari di opposizione hanno però contestato questa definizione che offre una interpretazione evidentemente molto restrittiva di cosa sia uno sciopero generale.

Il presidente della commissione Lavoro, Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia, ha più volte richiamato i deputati a lasciar parlare Bellocchi senza incalzarla direttamente. La deputata del PD Maria Cecilia Guerra ha allora chiesto a Bellocchi di fornire nel giro di qualche ora una risposta scritta che spiegasse quali sono stati, dal 2003 a oggi, gli scioperi generali che risponderebbero ai requisiti indicati dalla presidente della Commissione di garanzia e quale sia il «consolidato orientamento interpretativo» a cui lei ha fatto riferimento.