Le cinque persone arrestate per il caso di presunta corruzione in Portogallo che ha portato alle dimissioni del primo ministro sono state rilasciate

António Costa e sua moglie Fernanda Tadeu, l'11 novembre 2023 (AP Photo/Armando Franca)
António Costa e sua moglie Fernanda Tadeu, l'11 novembre 2023 (AP Photo/Armando Franca)

Lunedì le cinque persone arrestate nelle indagini sulla presunta corruzione che hanno portato alle dimissioni del primo ministro del Portogallo António Costa sono state rilasciate. Le cinque persone, che rimangono indagate, sono il capo di gabinetto di Costa, Vítor Escária, il sindaco della città di Sines Nuno Mascarenhas, l’amministratore delegato dell’azienda Start Campus Afonso Salema, e un consulente e il responsabile legale della stessa società, Diogo Lacerda Machado e Rui Oliveira. L’ufficio del pubblico ministero portoghese aveva chiesto di poter trattenere Escária e Lacerda Machado, peraltro amico personale di Costa, ma un tribunale ha deciso altrimenti; Lacerda Machado ha pagato una cauzione di 150mila euro, mentre a Escária non è stata chiesta cauzione. Gli è però stato vietato di espatriare.

L’indagine riguarda presunte tangenti legate all’estrazione di litio in Portogallo e alla costruzione di un data center, una di quelle strutture che ospitano computer e server che gestiscono enormi quantità di dati per aziende e servizi pubblici, nella città di Sines.

Domenica l’ufficio del pubblico ministero portoghese ha ammesso che è stato fatto un errore di trascrizione particolarmente rilevante nel caso: Costa è stato coinvolto nelle indagini anche perché si pensava che il suo nome comparisse in almeno una conversazione telefonica intercettata tra Salema e Lacerda Machado, che sembrava volessero parlare con Costa per ottenere favori e agevolazioni. Nel corso delle udienze però è stato confermato che i due menzionavano in realtà António Costa Silva, il ministro dell’Economia portoghese, e non António Costa, il primo ministro: nella trascrizione della conversazione era stata omessa la parola “Silva”.