Macron ha promesso che il diritto all’aborto diventerà «irreversibile» in Francia

Il presidente francese ha detto che il disegno di legge per inserirlo nella Costituzione sarà presentato al Consiglio dei ministri entro la fine dell'anno

Emmanuel Macron, l'8 marzo 2023, durante un discorso in cui aveva parlato dell'inserimento del diritto all'aborto nella Costituzione francese (AP Photo/Michel Euler, Pool)
Emmanuel Macron, l'8 marzo 2023, durante un discorso in cui aveva parlato dell'inserimento del diritto all'aborto nella Costituzione francese (AP Photo/Michel Euler, Pool)

Domenica il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che la prossima settimana sarà sottoposto al Consiglio di Stato, l’organo che dà consulenza al governo francese in materia giuridica, un disegno di legge costituzionale per inserire il diritto all’aborto nella Costituzione della Francia. L’obiettivo è salvaguardare questo diritto da eventuali iniziative politiche che potrebbero metterlo in discussione, analogamente a quanto è successo in altri paesi europei e negli Stati Uniti: inserendolo nella Costituzione, che per essere modificata ha bisogno di un consenso parlamentare molto ampio o dell’approvazione di un referendum, il diritto diventerà «irreversibile», nelle parole di Macron. Il presidente ha promesso che succederà entro il 2024.

È da più di un anno che in Francia si discute del rafforzamento del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. Lo scorso novembre l’Assemblea nazionale francese, la camera bassa del parlamento, aveva approvato a larga maggioranza una proposta di legge costituzionale che prevedeva di inserire nella Costituzione il «diritto all’interruzione volontaria di gravidanza». Poi a febbraio il disegno di legge era stato approvato dal Senato, sostituendo alla parola «diritto» l’espressione «libertà della donna».

Ma la stessa proponente di quel disegno di legge, la deputata di La France Insoumise (LFI, di sinistra) Mathilde Panot, aveva invitato il governo a presentare un proprio progetto di legge con lo stesso obiettivo, perché le proposte di riforma costituzionale promosse dal governo non devono passare necessariamente da un referendum come quelle parlamentari per diventare effettive. Tutte le revisioni della Costituzione introdotte dal 1958 (cioè da quando è in vigore l’attuale Costituzione) a oggi sono arrivate dall’esecutivo. Per ratificarne una serve la maggioranza dei tre quinti delle due camere del parlamento riunite.