Dai valichi alpini dipende la maggior parte delle esportazioni italiane

Blocchi e rallentamenti stanno mettendo a rischio rotte da cui passano ogni anno 160 milioni di tonnellate di merci

code monte bianco
La coda di camion in attesa di entrare nel tunnel del Monte Bianco (Marco Alpozzi/LaPresse)
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Le conseguenze della frana caduta lunedì mattina sull’autostrada francese A43 e sulla ferrovia internazionale, nella regione della Savoia, mostrano in modo piuttosto evidente quanto possano essere fragili i collegamenti commerciali tra l’Italia e il resto d’Europa. La chiusura del tunnel del Frejus è stata ovviamente improvvisa e imprevista, ma si è aggiunta ad altri intoppi che interessano altri importanti valichi e che rischiano di rallentare in modo significativo l’esportazione di merci verso i paesi europei. Ogni anno dai valichi alpini passano centinaia di migliaia di camion, milioni di tonnellate di merci e affari per miliardi di euro da cui dipende una quota consistente dell’economia italiana.

I principali paesi collegati con l’Italia attraverso le rotte commerciali transalpine sono Francia, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio, Austria e Slovenia. La Germania e la Francia, in particolare, sono i primi due mercati di destinazione e fornitura per le imprese italiane, mentre Paesi Bassi e Belgio sono due importanti snodi internazionali grazie ai loro porti.

Come ha detto Thomas Baumgartner, presidente di ANITA, l’associazione nazionale imprese trasporti automobilistici, ogni anno dall’Italia partono circa 266 milioni di tonnellate di merci, di cui 160 milioni (circa il 60 per cento del totale) passano dalle Alpi. Secondo i dati più recenti, il 66 per cento del volume complessivo delle importazioni e delle esportazioni tra l’Italia e i paesi europei viaggia su strada, con i camion, mentre il 34 per cento sulle linee ferroviarie. «I valichi rappresentano dunque la connessione fisica tra i mercati produttivi e di consumo italiani ed europei», ha detto. «La loro rilevanza è ancora sottovalutata e poco percepita dall’opinione pubblica».

I dati diffusi dalla Coldiretti, l’associazione dei coltivatori e degli allevatori, dicono che quasi due terzi delle esportazioni agroalimentari raggiungono i paesi dell’Unione Europea principalmente attraverso i valichi alpini. Nel 2022 sono stati esportati prodotti per 60,7 miliardi di euro e nei primi cinque mesi di quest’anno le esportazioni sono cresciute dell’8 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022. Il rischio di un blocco o di un rallentamento preoccupa la Coldiretti soprattutto per quanto riguarda le merci deperibili come la frutta, che subisce la concorrenza estera di altri paesi come la Spagna.

I principali valichi alpini da cui passano le merci italiane sono sette: Ventimiglia, Monte Bianco, Frejus, Sempione, San Gottardo, Brennero e Tarvisio. Il valico del Monte Bianco è soltanto autostradale, mentre gli altri sei si possono percorrere sia con i camion che con i treni.

Al momento le rotte che vanno più a rilento sono sul fronte occidentale delle Alpi, verso la Francia. Il tunnel del Frejus, come dicevamo, è chiuso per una frana, mentre sul valico del Monte Bianco sono in programma lunghi e delicati lavori di manutenzione, che però sono stati rimandati. Il primo cantiere doveva servire a controllare e in parte rifare due tratti di galleria per un totale di 600 metri. La galleria è lunga in totale 11,6 chilometri e la completa chiusura per 15 settimane era stata programmata perché verranno smontati tutti gli impianti di sicurezza.

Il periodo di settembre e dicembre era stato scelto perché è quello con la più bassa affluenza di mezzi, un presupposto però stravolto dalla frana sul Frejus che ha deviato tutto il traffico verso la Francia sul valico del Monte Bianco. Da lì negli ultimi giorni erano passati circa 4.000 camion al giorno, il doppio rispetto al solito. I piani prevedevano lo spostamento del traffico dal Monte Bianco al Frejus, anche in previsione dell’apertura di un secondo tunnel autostradale in programma tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.

Giovedì pomeriggio, alla fine, il ministero dei Trasporti ha annunciato che è stato trovato un accordo con la Francia per rimandare la chiusura in programma dal 4 settembre.

L’Italia propone da tempo di costruire una seconda galleria per facilitare il passaggio quando il traforo è chiuso, ma finora la Francia si è sempre detta contraria a realizzarla. Per il momento il ministero ha solo detto che il dialogo in corso con la Francia servirà a «definire le modalità più idonee per i lavori di messa in sicurezza della galleria».

Nelle ultime settimane anche il traffico al San Gottardo, in Svizzera, è stato bloccato a causa di un incidente: il 10 agosto un treno merci ha deragliato. Tredici dei trenta vagoni che lo componevano sono usciti dai binari, danneggiando otto chilometri della linea ferroviaria riaperta almeno in parte la scorsa settimana. Molti dei treni sono stati spostati su una seconda galleria con un volume di traffico inferiore rispetto al solito e con rallentamenti che secondo le previsioni continueranno per mesi.

C’è poi la questione del Brennero, il valico da cui passa la maggior parte delle merci italiane dirette in Germania: 2,4 milioni di camion ogni anno, oltre 50 milioni di tonnellate di merci. Per l’Austria il passaggio di questi camion è un problema soprattutto per l’inquinamento che produce. Le analisi sulla qualità dell’aria commissionate negli ultimi anni hanno rilevato il superamento dei limiti di emissioni inquinanti nella regione del Tirolo, in particolare di biossido di azoto (NO2).

Negli ultimi dieci anni l’Austria ha preso diverse misure per limitare il traffico di mezzi pesanti. Dal 2011 c’è un divieto di circolazione chiamato “settoriale”, che in alcuni periodi limita il passaggio dei camion che trasportano alcune categorie di merci come le pietre e la terra, il legname, cereali, minerali, acciaio, marmo, carta e cartone, cemento, calce, piastrelle e ceramica.

È stato introdotto anche un divieto di transito notturno, il più contestato dalle associazioni di categoria italiane perché è la causa principale delle code e della generale lentezza del percorso. Il divieto notturno vale per tutti i mezzi pesanti di passaggio sulla A12, che va da Innsbruck a Kufstein. La limitazione vale per tutti, anche per i mezzi meno inquinanti classificati come Euro 6. Sulla A13 dal Brennero a Innsbruck, invece, nelle ore notturne si paga un pedaggio doppio. Al divieto notturno ne è stato poi aggiunto un altro che interessa il transito dalle 7 alle 15 del sabato.

Da anni le associazioni che rappresentano le imprese di autotrasporto chiedono al governo italiano di portare la questione del Brennero all’attenzione delle istituzioni europee. Secondo ANITA, i divieti imposti dall’Austria sono discriminatori perché introdotti senza accordi tra i paesi e soprattutto perché limitano la libera circolazione delle merci.

Tutti questi problemi potrebbero essere in parte risolti con una manutenzione migliore dei valichi e con l’apertura di nuove gallerie ferroviarie. Una soluzione per il Brennero potrebbe arrivare con l’apertura della cosiddetta galleria di base che collegherà il paese di Fortezza, in Italia, a Innsbruck, e che con i suoi 64 chilometri sarà la più lunga del mondo.

In totale è previsto un investimento di circa 10,5 miliardi di euro coperto al 40 per cento dall’Unione Europea e per il restante 60 per cento dall’Austria e dall’Italia. I lavori, tuttavia, sono in ritardo: l’apertura era prevista per il 2028, ma secondo gli ultimi aggiornamenti la galleria sarà pronta nel 2032. Con la sua apertura si riuscirebbe a spostare una quota significativa del traffico merci sui treni, un obiettivo dichiarato da almeno 40 anni e mai raggiunto. Anzi, tra il 2000 ed il 2016 il traffico stradale attraverso le Alpi è cresciuto di oltre il 25%, mentre quello ferroviario di poco meno del 15%.