L’overbooking che fanno le compagnie aeree è legale?

Nell'Unione Europea è una pratica consentita ma disincentivata tramite sistemi di rimborsi e protezione dei viaggiatori

(Justin Sullivan/Getty Images)
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Nei periodi di maggior traffico aereo, come può essere il periodo delle vacanze estive o quello delle festività natalizie, spesso si sente parlare di overbooking, ossia una pratica delle compagnie per massimizzare i loro ricavi: vendono più biglietti dei posti che hanno a disposizione, contando sul fatto che alcuni passeggeri rinunceranno all’ultimo minuto. Il più delle volte nessuno si accorge di niente, perché qualcuno rinuncia al viaggio che ha prenotato oppure perde il volo; quando però tutti quelli che hanno prenotato si presentano al check-in qualcuno deve per forza rimanere a terra, con conseguenti disagi.

Questa pratica genera solitamente problemi e nervosismo tra chi non riesce a partire pur avendo acquistato regolarmente un biglietto. Dal punto di vista dei regolamenti dell’Unione Europea, tuttavia, non c’è niente che vieti questa pratica, che si trova in una specie di zona grigia dal punto di vista legale. I regolamenti europei si limitano infatti a tutelare i viaggiatori dagli inconvenienti che possono capitare a causa dell’overbooking, obbligando le compagnie aeree a fornire rimborsi e servizi a compensazione. Ma al tempo stesso non affrontano direttamente la pratica dell’overbooking, e si limitano a trattarlo come uno dei vari disguidi che possono capitare quando si vola, come il ritardo o la cancellazione del volo, e non come una pratica commerciale scorretta. Nei fatti è quindi una pratica consentita.

Le norme sui diritti dei passeggeri sono contenute nel regolamento 261 del 2004, che stabilisce i diritti dei passeggeri: l’overbooking ricade nei casi di «negato imbarco contro la volontà» dei passeggeri. Questi casi tuttavia non riguardano soltanto l’overbooking, ma anche circostanze in cui l’imbarco viene negato perché il passeggero non ha i documenti in regola, per ragioni di sicurezza o di salute.

Per quanto possa causare disagi per i passeggeri la logica economica dietro l’overbooking è piuttosto lineare: «È una pratica che le compagnie aeree fanno per l’ottimizzazione del riempimento degli aerei. Vendono più biglietti contando sul fatto che ci sono sempre persone che non si presentano all’imbarco e in questo modo puntano a riempire il più possibile gli aerei sia per massimizzare i ricavi che per ridurre l’impatto ambientale per passeggero», dice Andrea Giuricin, economista dei trasporti dell’Università degli Studi di Milano Bicocca. Le compagnie aeree più grandi, quindi con numerose destinazioni e una flotta di molti aerei, riescono a ottenere svariati milioni di euro in più ogni anno grazie all’overbooking.

La IATA, l’associazione internazionale del trasporto aereo che rappresenta gran parte delle compagnie aeree, è molto a favore del mantenimento di questa pratica: ritiene che l’overbooking, se correttamente gestito, consenta alle compagnie di offrire biglietti a prezzi concorrenziali e di garantire a più passeggeri di prenotare il volo che preferiscono.

«A livello pratico credo sia difficile vietare alle compagnie aeree di fare overbooking. Quello che la legge europea prevede è di associare un costo a questa pratica, in modo da disincentivarla», spiega Giuricin.

L’avvocato Carmelo Calì, vicepresidente nazionale di Confconsumatori e responsabile nazionale del settore trasporti e turismo, sostiene che le tutele che la legge europea fornisce al passeggero «sono state previste proprio perché si sapeva che era una prassi che accadeva e quindi bisognava tutelare i passeggeri dai comportamenti che mettevano in atto le compagnie aeree».

Agli occhi della legge europea l’overbooking rientra tra i vari disservizi delle compagnie aeree, come le cancellazioni e i ritardi, ma non è un evento occasionale: «Se ci sono reiterazioni dei casi di overbooking è chiaro che non si tratta di casi isolati ma di una pratica commerciale della compagnia», sostiene Calì.

Nei casi di overbooking per legge la compagnia aerea deve verificare innanzitutto se tra i passeggeri ci siano volontari disposti a cedere il posto in cambio di una serie di benefici da concordare con la compagnia. Se non ce ne fossero allora il passeggero a cui viene negato l’imbarco ha una serie di diritti: la compagnia deve dargli una somma di denaro a compensazione che varia a seconda della tratta e della sua lunghezza; il passeggero può scegliere poi se farsi rimborsare integralmente il biglietto e rinunciare al viaggio, se imbarcarsi su un volo alternativo il prima possibile secondo la disponibilità della compagnia o in una data successiva più conveniente per il passeggero; la compagnia deve pagare per una serie di servizi di assistenza al passeggero, come pasti e pernottamenti in albergo a seconda della durata dell’attesa.

In aggiunta si prevede che il passeggero possa chiedere anche il risarcimento del danno: in questo caso non è però automatico e deve provare di aver subìto effettivamente un danno. «Non è più necessario per il passeggero andare dal giudice di pace e fare causa alla compagnia, ma può tentare prima una conciliazione con la compagnia aerea davanti all’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Questo è positivo perché la procedura è più agevole e meno costosa di un tempo», spiega Calì. Richieste di risarcimento facilitate dovrebbero rappresentare un ulteriore disincentivo per le compagnie aeree che vogliono fare overbooking: è infatti meno probabile che il passeggero rinunci alla richiesta di danni se la procedura è più semplice.

Le aziende cercano comunque di evitare di non avere posto per tutti, sia per non dover sostenere i costi dovuti ai rimborsi che per i possibili danni reputazionali. Per questo fanno affidamento su algoritmi elaborati per stimare quanti passeggeri non si presenteranno su ogni volo, in modo da calcolare quanti biglietti in più provare a vendere. Gli algoritmi tengono in considerazione centinaia di variabili come gli aeroporti di partenza e destinazione dell’aereo, le condizioni meteo, la velocità dei controlli di sicurezza nei diversi aeroporti, le cancellazioni e i ritardi dei voli precedenti, nel caso di viaggi con tappe intermedie.

Non esistono dati ufficiali su quanti passeggeri si trovano in overbooking ogni anno, ma ci sono alcune stime. Secondo un’analisi del Guardian (relativa però al 2016) negli Stati Uniti i passeggeri interessati da questa pratica sono stati 7,7 ogni 10 mila (ossia lo 0,077 per cento).

In Italia, secondo dati forniti dall’Unione Nazionale dei Consumatori, nel 2022 i casi di overbooking sono circa il 10 per cento di tutte le segnalazioni sulle compagnie aeree presentate all’associazione: è un dato puramente indicativo e che dà un’idea di massima, ma che non ha rilevanza statistica perché le associazioni dei consumatori sono varie e perché non tutti i passeggeri coinvolti nella pratica di overbooking si avvalgono della consulenza di un’associazione di questo tipo. Sono numeri tutto sommato contenuti, che mostrano un fenomeno che coinvolge una quota di passeggeri minoritaria.