L’industriale svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di carcere nel processo Eternit bis 

L'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny (KEYSTONE/Martin Ruetschi via ANSA)
L'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny (KEYSTONE/Martin Ruetschi via ANSA)

Mercoledì la Corte d’Assise di Novara ha condannato a 12 anni di reclusione l’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, nel processo per la morte di 392 persone che nel corso degli anni erano state esposte all’amianto negli stabilimenti dell’azienda di proprietà di Schmidheiny a Casale Monferrato, in Piemonte. Schmidheiny è stato condannato per omicidio colposo aggravato in violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro, in un caso che in Italia è discusso e al centro di processi da quasi vent’anni.

L’azienda si chiamava Eternit e chiuse nel 1986. Produceva fibrocemento, un materiale da costruzione contenente amianto la cui polvere, si è scoperto nel tempo, ha effetti cancerogeni. Il suo utilizzo è vietato in Italia dal 1992: secondo l’accusa, Schmidheiny era a conoscenza dei rischi a cui esponeva i suoi dipendenti e non avrebbe preso adeguate misure di prevenzione.

Il processo in questione, noto come Eternit bis, è il secondo a carico di Schmidheiny: nel primo era stato accusato di disastro ambientale e aveva ricevuto una condanna a 18 anni di carcere, poi annullata dalla Cassazione (l’ultimo grado di giudizio) perché il reato era prescritto, cioè non più perseguibile per il tempo trascorso dai presunti compor­ta­menti illeciti dell’imputato. In questo secondo processo l’accusa aveva chiesto l’ergastolo, la difesa l’assoluzione. Oltre che a 12 anni di reclusione, Schmidheiny è stato condannato a pagare 50 milioni di euro di risarcimento danni al comune di Casale Monferrato, 30 milioni allo Stato e centinaia di milioni alle famiglie delle persone morte.