Cos’è la “Blue economy”

Diverse attività umane svolte nei mari e negli oceani impattano su questi ambienti: l'obiettivo è renderle più sostenibili, investendo in realtà che rispettano il Pianeta

(Etica Sgr)
(Etica Sgr)

Quando si ragiona di un’economia maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale spesso si fa riferimento solo alle attività che si trovano sulla terraferma. Una buona parte delle attività umane che possono avere un impatto sull’ambiente viene svolta però in mare, negli oceani e sulle loro coste. Si tratta di quelle più tradizionali, come la pesca, il trasporto marittimo, il turismo costiero e quello crocieristico, ma anche quelle di più recente introduzione come ad esempio i sistemi che generano energia rinnovabile dal moto ondoso o dalle maree.

Come quelle sulla terraferma, anche queste attività hanno un impatto sugli ecosistemi e quindi un’economia che voglia essere più sostenibile non può non occuparsi anche della tutela degli ambienti marini. È questo l’obiettivo della “Blue economy”: per le Nazioni Unite comprende «settori economici e relative politiche che insieme determinano se l’uso delle risorse degli oceani sia sostenibile». La salvaguardia ambientale di oceani, mari e risorse marine fa infatti parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, diciassette propositi comuni per migliorare la vita di tutti sia a livello ambientale che sociale. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla protezione degli oceani e sulla gestione sostenibile delle sue risorse l’ONU ha istituito inoltre la Giornata mondiale degli oceani (World Oceans Day) che si svolge ogni anno l’8 giugno.

La “Blue economy” è un tema centrale anche del Green Deal europeo, una serie di misure per rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei. Sempre in ambito europeo, e all’interno del percorso del Green Deal, a giugno del 2022 è stato pubblicato il quarto “Blue Economy Report” della Commissione europea. Il rapporto spiega come in Europa negli ultimi anni ci sia stata una forte crescita di diversi settori industriali della “Blue Economy”, come ad esempio quelli dedicati alla produzione di energia rinnovabile. Ciò potrebbe portare a importanti opportunità crescita economica, per un settore in cui in Europa lavorano già 4,5 milioni di persone. La “Blue Economy” sostenibile ha però bisogno per crescere di investire maggiormente nelle aziende che lavorano per la salvaguardia e l’utilizzo responsabile dei mari.

Etica SGR, società di gestione del risparmio del gruppo Banca Etica, fondata nel 2000, è da sempre attenta a questi temi ed è attiva sul fronte del cambiamento climatico, proponendo esclusivamente fondi di investimento etici e sostenibili da un punto di ESG, in cui E sta per Environmental, cioè ambientali, S per Social, cioè sociali, e G per Governance, cioè buon governo aziendale. I fondi d’investimento che si definiscono sostenibili e responsabili, di fatto, si impegnano a comporre il proprio portafoglio di azioni e obbligazioni soltanto dopo aver valutato aziende e Stati sulla base di queste tre dimensioni. La rigorosa analisi ESG di Etica Sgr è integrata inoltre con l’analisi finanziaria, per creare valore più a lungo temine, puntando ai trend di sviluppo sostenibile dell’economia reale. Inoltre, attraverso il fondo per la microfinanza e il crowdfunding, Etica Sgr sostiene le aziende che mettono al centro dei loro progetti la sostenibilità ambientale, declinata, ad esempio, nell’utilizzo più responsabile delle risorse dei mari e degli oceani, investendo in tecnologia e formazione.

Gli investimenti in una “Blue economy” sostenibile servono da un lato a favorire un’economia circolare applicata al settore, dall’altro a ridurre l’inquinamento. Sono necessari infatti nuovi standard, ad esempio, per la progettazione degli attrezzi da pesca, per il riciclaggio delle navi o per lo smantellamento delle piattaforme per l’estrazione di combustibile fossile.

Nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili, sono tecnologie legate al mare e agli oceani sia l’eolico offshore con centrali costruite su specchi d’acqua sia il fotovoltaico con pannelli solari galleggianti. Sono settori che per progredire hanno bisogno di investimenti per la ricerca e lo sviluppo tecnologico. Inoltre bisogna investire in formazione: servono nuove competenze per i futuri giovani lavoratori, adeguando contemporaneamente quelle di chi ancora lavora nel comparto fossile.

Un ulteriore obiettivo è promuovere azioni che riducano sensibilmente l’inquinamento da plastica e microplastica negli oceani. Intervenire a posteriori però, come ripescare la plastica dagli oceani, non è considerata una buona idea da esperti di inquinamento e biologia marina, per diverse ragioni. Il modo migliore per contenere questo tipo di inquinamento è quindi ridurre la produzione di plastica ed eliminare il problema alla fonte.

Nel 2018 Etica SGR insieme a centinaia di aziende, enti pubblici, associazioni e Ong, ha firmato il New Plastics Economy Global Commitment, un accordo globale che ha come scopo proprio quello di ridurre la plastica degli imballaggi. Nel 2020, a due anni dalla sottoscrizione dell’accordo, un rapporto mostra come ci siano stati progressi (ad esempio nella presenza di materiale riciclato negli imballaggi e nell’eliminazione graduale di componenti comunemente identificati come problematici), ma allo stesso tempo sottolinea come sia necessaria un maggior impegno da parte di governi e aziende.