Perché il governo ha commissariato l’Inps e l’Inail

Cambiando il loro assetto societario potrà nominare due presidenti più graditi al posto di Pasquale Tridico e Franco Bettoni

(Roberto Monaldo/LaPresse)
(Roberto Monaldo/LaPresse)

Il Consiglio dei ministri di giovedì ha approvato tra le altre cose un decreto-legge che prevede il commissariamento degli enti pubblici previdenziali italiani, l’Inps (Istituto nazionale previdenza sociale) e l’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro infortuni sul lavoro). In questo modo il governo rimuoverà di fatto i due attuali presidenti, rispettivamente Pasquale Tridico e Franco Bettoni, e potrà sostituirli con due figure scelte direttamente, più gradite: Tridico e Bettoni furono nominati dal governo Lega-Movimento 5 Stelle nel 2019. Entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge dovranno essere nominati due commissari straordinari, che resteranno in carica finché non verranno scelti i due nuovi presidenti.

Normalmente il commissariamento di un ente pubblico avviene per motivi di particolare urgenza che ne impediscono il corretto funzionamento, come gravi inefficienze nella sua gestione o problemi finanziari. In questo caso il governo con il nuovo decreto-legge ha stabilito alcune importanti modifiche nella governance dei due istituti, cioè nella loro gestione societaria, rendendo necessari diversi cambi ai loro vertici e giustificando i commissariamenti.

Non è la prima volta che un governo usa il cambio della governance di un ente pubblico come espediente per nominare un presidente più vicino alle sue istanze politiche. Il motivo per cui ha usato questo metodo è che non poteva nominare nuovi presidenti: diversamente da altri enti pubblici, infatti, l’Inps e l’Inail non sono sottoposti al cosiddetto spoils system, il sistema che dalla fine degli anni Novanta in Italia permette a un governo appena insediato di cambiare alcuni funzionari pubblici, sostituendoli con persone di fiducia o comunque con cui c’è più sintonia dal punto di vista politico.

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Le modifiche nella governance sono soprattutto due, l’abolizione della carica del vicepresidente e la modifica dei poteri del presidente, che adesso potrà proporre direttamente il direttore generale del relativo istituto (cosa che prima faceva il consiglio di amministrazione). Il direttore generale resterà inoltre in carica quattro anni anziché cinque.

I mandati di Tridico e Bettoni in realtà sarebbero scaduti comunque quest’anno, rispettivamente il 22 maggio e il 30 ottobre. Il motivo per cui il governo ha deciso di affrettare i tempi è legato soprattutto alla posizione di Tridico, economista che fu nominato in quota Movimento 5 Stelle e che in questi anni ha portato avanti alcune delle misure più avversate dall’attuale governo, come il reddito di cittadinanza e il cosiddetto “decreto dignità”.

Il mandato del presidente dell’Inps, così come quello dell’Inail, dura quattro anni, ma quando Tridico era entrato in carica, il 22 maggio del 2019, era stato nominato come presidente in qualità di commissario. Solo il 15 aprile del 2020 divenne a tutti gli effetti presidente, quando venne ripristinato il consiglio di amministrazione dell’Inps. La scadenza del 22 maggio di quest’anno, quindi, con ogni probabilità avrebbe portato a un contenzioso, perché Tridico avrebbe potuto chiedere che venisse rispettata la durata effettiva del suo mandato, fino al 15 aprile del 2024.

Tra i due presidenti Tridico è di gran lunga quello più in vista, anche per la maggiore importanza dell’Inps rispetto all’Inail, e secondo le indiscrezioni uscite nelle ultime settimane il governo vorrebbe sostituirlo con un presidente più vicino a Fratelli d’Italia, il principale partito di governo. Bettoni invece nel 2019 fu nominato in quota Lega, e ci si aspetta che anche adesso sia la Lega a indicare informalmente il suo successore.

Parlando al Corriere della Sera, Tridico ha criticato la decisione del governo, definendola «immotivata e incomprensibile» e rivendicando i risultati economici ottenuti dall’Inps durante la sua gestione, nonostante di mezzo ci sia stata la pandemia. «Gli istituti si commissariano per inefficienza, per malaffare, per dissesto o per un cambio radicale della governance», ha detto Tridico.

Oltre ai commissariamenti di Inps e Inail, il decreto-legge ha introdotto anche nuove regole per la gestione delle “fondazioni lirico-sinfoniche”, cioè i più importanti teatri italiani che per legge sono sotto la vigilanza del ministero del Turismo (e quindi del governo): è stato stabilito che le cariche a capo di queste fondazioni non possano essere ricoperte da persone che hanno più di 70 anni, compresa la carica più importante, quella del sovrintendente, la persona che gestisce economicamente il teatro e ne indirizza la direzione artistica.

Questa norma è considerata un escamotage che il governo ha voluto per uno scopo preciso, cioè modificare l’assetto del Teatro San Carlo di Napoli: l’attuale sovrintendente, il francese Stéphane Lissner, ha infatti compiuto 70 anni quest’anno e per effetto delle nuove regole dovrà lasciare il suo ruolo. La norma era già stata ritenuta probabile dai giornali in queste settimane e dovrebbe servire al governo per nominare in quel ruolo Carlo Fuortes, l’amministratore delegato della Rai. In questo modo il suo ruolo rimarrebbe vacante e il governo potrebbe nominare al suo posto una sua persona di fiducia: l’amministratore delegato è un ruolo importante nella struttura della tv pubblica, perché tra le altre cose nomina i direttori di rete.

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La coincidenza è stata notata anche dalle opposizioni, che hanno protestato e accusato il governo di fare leggi apposite solo per consolidare e aumentare la propria influenza. In una nota congiunta Chiara Braga e Francesco Boccia, i capigruppo in parlamento del Partito Democratico, hanno accusato il governo di aver fatto una legge «ad personam» (cioè indirizzata a una sola persona, in questo caso Fuortes), con una decisione «che è la premessa di una occupazione della Rai da parte della destra».

Dal Consiglio dei ministri di giovedì sera si attendevano anche le nomine del nuovo capo della Polizia e del nuovo comandante della Guardia di Finanza, che invece spettano direttamente al governo attraverso i ministeri dell’Interno e dell’Economia. Non ci sono stati comunicati ufficiali in merito, ma sembra che i partiti al governo non si siano messi d’accordo su chi tra loro debba decidere le due persone da nominare: è un fatto abituale che queste nomine vengano spartite tra i partiti di governo, internamente in competizione per esercitare una maggiore influenza sugli organi statali.