A Singapore un’altra persona è stata condannata a morte con accuse legate al possesso e traffico di sostanze stupefacenti 

Un'attivista espone un mazzo di lettere con cui si chiede la revoca della pena di morte per Tangaraju Suppiah, all'esterno del palazzo presidenziale (EPA/HOW HWEE YOUNG via ANSA)
Un'attivista espone un mazzo di lettere con cui si chiede la revoca della pena di morte per Tangaraju Suppiah, all'esterno del palazzo presidenziale (EPA/HOW HWEE YOUNG via ANSA)

A Singapore, paese in cui vigono alcune delle leggi più severe al mondo sulle sostanze stupefacenti, un uomo è stato condannato a morte per spaccio di marijuana. L’uomo si chiama Tangaraju Suppiah, ha 46 anni e i fatti per cui è stato condannato risalgono al 2013, quando secondo le accuse avrebbe coordinato una consegna a Singapore di 1 chilo di marijuana proveniente dalla Malesia. La condanna a morte prevede l’impiccagione, ed è stata fissata per domani, mercoledì 26 aprile. Negli stessi giorni, l’anno scorso, era stata eseguita la condanna a morte di un uomo con problemi mentali che nel 2010 era stato arrestato perché in possesso di circa tre cucchiai di eroina: in generale nel 2022, a Singapore, sono state condannate a morte 11 persone con accuse legate al possesso e traffico di droga.

La condanna sta provocando estese proteste a Singapore: secondo alcuni gruppi di attivisti Suppiah è stato condannato sulla base di prove deboli e insufficienti, e senza un’adeguata difesa: i suoi familiari e diversi attivisti sostengono per esempio che Suppiah sia stato interrogato senza un avvocato, che la sua famiglia non poteva permettersi. Nei giorni scorsi sia la sua famiglia che alcuni attivisti hanno inviato al presidente del paese, Halimah Yacob, una serie di lettere in cui chiedevano l’annullamento della condanna a morte.