Quando in Germania Est mancò il caffè

Negli anni Settanta era diventato molto caro e il governo decise di non acquistarlo più, con conseguenze che si sentono ancora oggi

Un supermercato di Berlino Est nel 1974 (Bundesarchiv, Bild, via Wikimedia Commons)
Un supermercato di Berlino Est nel 1974 (Bundesarchiv, Bild, via Wikimedia Commons)
Caricamento player

Nel 1977 la Germania Est finì il caffè, uno dei beni considerati più essenziali dalla popolazione tedesca di allora. A seguito di un cattivo raccolto in Brasile, che già allora era tra i più grandi produttori di caffè al mondo, il prezzo aumentò molto un po’ ovunque: nelle economie di mercato il prezzo fu lasciato libero di salire e furono i consumatori a poter scegliere se pagarlo o meno; in quelle pianificate come la Germania Est, che al tempo era sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, questo non poteva avvenire, perché tutti gli acquisti erano centralizzati e gestiti dallo stato, che doveva decidere se acconsentire a prezzi così alti.

È una storia di una banale dinamica di mercato, raccontata recentemente in un dettagliato thread su Twitter dell’account “La Storia e le Idee” e che mette in luce le notevoli differenze di vita tra la Germania Est e la Germania Ovest. All’epoca la Germania era divisa in due: a oriente c’era la Repubblica Democratica Tedesca (DDR in tedesco), lo stato socialista esistito dal 1949 al 1990 sul territorio tedesco assegnato all’allora Unione Sovietica; dall’altra la Repubblica Federale di Germania, che mantenne una propria sovranità e che adottò il modello di economia di mercato occidentale. A Ovest il caffè non mancò mai, mentre a Est lo stato decise di non comprare il caffè costoso e di sostituirlo con miscele di bassa qualità, provocando malcontento e tensioni tra i cittadini, che si videro privare di un bene essenziale per il benessere della vita quotidiana.

La Germania Est, come gran parte dei paesi europei, non produceva autonomamente il caffè ma lo importava: dopo la Seconda guerra mondiale era diventato molto difficile da reperire e il suo fornitore principale fu l’Unione Sovietica, che aveva continuato a inviarlo fino al 1954, quando decise che il paese doveva rendersi autonomo per questo genere di acquisti. Il governo allora si attrezzò per destinare parte della sua valuta straniera per l’acquisto di beni essenziali di importazione, come caffè, zucchero e tabacco, che però sostanzialmente rimasero sempre un lusso per i cittadini tedeschi perché non ce n’erano mai in quantità sufficiente e si trovavano solo a prezzi alti.

Ciononostante il caffè continuava a essere un prodotto molto usato dai tedeschi dell’Est: il consumo pro capite era di 3,6 chili all’anno e i cittadini erano arrivati a spendere più per quello che per vestiti o mobili. Gran parte del fabbisogno veniva coperto da pacchi regalo che mandavano amici o familiari dall’Ovest.

Negli anni Settanta la situazione peggiorò ulteriormente: alla crisi petrolifera di quegli anni, che aveva reso i prezzi del petrolio e dell’energia molto alti per lo stato, si aggiunsero anche i rincari del prezzo del caffè, dopo che nel 1976 ci fu un pessimo raccolto in Brasile. Nel 1977 la spesa per l’importazione di caffè era quintuplicata e il governo dovette decidere di tagliarne le quantità, se voleva continuare ad avere le risorse per importare l’altro bene rincarato, il petrolio.

Fu così che il governo di Erich Honecker dovette pensare a soluzioni creative per non privare del caffè il popolo della Germania Est, anche solo per non dare adito alla percezione – che era comunque notevolmente diffusa – che un’economia pianificata non fosse in grado di soddisfare i bisogni dei cittadini e di provvedere al loro benessere.

Innanzitutto il governo cercò accordi con altri paesi produttori di caffè, come l’Angola e l’Etiopia. Da qualche anno in Etiopia si era insediata al governo una giunta militare, che accettò di fornire caffè alla Germania Est in cambio di armi e materiali bellici. Dopo poco però gli interlocutori etiopi si rivelarono inaffidabili e l’accordo non portò a nulla.

Presto fu quindi necessario cambiare le produzioni: fu interrotta quella della qualità “Kosta”, la più diffusa, e si fecero aumentare i prezzi delle qualità più pregiate. Fu introdotta poi a un prezzo accessibile la qualità “Kaffee Mix”, una miscela composta per metà da caffè scadente e per l’altra metà da segale, cicoria, barbabietola da zucchero e piselli. Benché fosse l’unica qualità che il cittadino medio potesse permettersi, non ebbe successo: il sapore era tremendo e tutte le aggiunte diverse dal caffè ostruivano le macchinette. Ben presto la miscela fu soprannominata in modo dispregiativo “Erichs Krönung”, un riferimento al nome del presidente della Repubblica Democratica Tedesca Erich Honecker e al famoso marchio di caffé della Germania dell’Ovest Jacobs Krönung.

Una confezione di Kaffee Mix (Illustratedjc via Wikimedia Commons)

I cittadini rifiutarono il Kaffee Mix e vissero la mancanza di caffè come l’ennesima privazione che l’economia pianificata stava infliggendo loro. In Germania Ovest, dove c’era invece un’economia di mercato, il caffè non mancò mai e per effetto dell’aumento del prezzo i consumatori passarono semplicemente a consumare qualità più economiche. Ci furono molte proteste a Est e per solidarietà in quegli anni aumentarono le spedizioni di caffè in regalo da parte dei cittadini dell’Ovest.

Il problema è rimasto per anni in Germania orientale, benché poi il prezzo del caffè sui mercati internazionali fosse tornato ai livelli precedenti. All’inizio degli anni Ottanta il governo decise quindi di provare a risolverlo in via strutturale, provando ad aprire un mercato con un partner commerciale ormai consolidato: il Vietnam, con cui la Repubblica Democratica Tedesca aveva buoni rapporti.

I due paesi firmarono due accordi, con cui la Germania Est si impegnò a fornire al Vietnam conoscenze e capitali per la coltivazione e la produzione di caffè. Di contro, il Vietnam si impegnava a fornirle metà della sua produzione. Il piano ebbe dimensioni importanti: la Repubblica Democratica Tedesca fornì camion, macchinari e attrezzature al Vietnam, lo aiutò a decuplicare l’area per le piantagioni, istruì la popolazione sulle tecniche di coltivazione e produzione del caffè e costruì abitazioni e infrastrutture per tutti quelli che si trasferirono lì per la riuscita del progetto.

Il primo raccolto fu nel 1990, quando il muro di Berlino era già caduto e la Germania si era già riunificata. Benché non fosse più urgente per assicurare alla Germania le forniture di caffè, dato che ormai l’economia pianificata era scomparsa dal territorio tedesco, il progetto ha avuto un enorme impatto per il Vietnam: da allora il paese si è imposto come importante produttore mondiale di caffè, secondo solo al Brasile e dopo aver mandato fuori mercato vari produttori africani. Attualmente per quanto riguarda il caffè la Germania è ancora il suo più grande importatore.