La conchiglia che indossavano gli uomini nel Cinquecento

La brachetta era molto diffusa in tutta Europa, Italia compresa: serviva a proteggere i genitali, ma anche e soprattutto a metterli in risalto

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Dettaglio della brachetta negli abiti di re Enrico VIII d’Inghilterra in un ritratto del 1537 circa (Wikimedia Commons)
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Nella sua serie di libri Gargantua e Pantagruel, lo scrittore francese François Rabelais descrive in più occasioni la brachetta, un accessorio molto diffuso nella moda europea del Cinquecento che serviva a coprire gli organi genitali maschili, ma anche a metterli in risalto, per esaltarne la virilità. Parlando di quella indossata dal personaggio di Gargantua, per esempio, Rabelais enfatizza la sua «forma d’arco» e i suoi «bei ricami di canutiglia e i graziosi intrecci d’oro» decorati con pietre preziose, ma la prende anche un po’ in giro, paragonandola «alle belle cornucopie rappresentate nei monumenti antichi».

La brachetta era diffusa in tutti i principali paesi europei, tra cui Francia, Paesi Bassi, Germania e Italia, ed è visibile oggi in numerosi dipinti del Cinquecento. Simile alla conchiglia comunemente usata dagli sportivi per proteggere i genitali, ha ispirato indumenti analoghi anche negli ultimi decenni. Non è ancora chiaro, tuttavia, il motivo per cui fu inventata e usata così diffusamente.

In un libro dedicato proprio alla brachetta e citato in un articolo del New Yorker, il poeta e critico d’arte inglese Michael Glover racconta che tra la fine del Quattrocento e la fine del Cinquecento indossarla era «normale, più o meno come è normale indossare un reggiseno imbottito oggi».

Chiamata “braguette” in francese e “codpiece” in inglese (“cod” era un termine colloquiale per indicare lo scroto), la brachetta (o braghetta) era usata sia dai nobili che dai poveri: è quella protuberanza che si vede in corrispondenza dei genitali nel “Ritratto di Alessandro Farnese” del pittore Alonso Sánchez Coello o in alcuni personaggi degli affreschi di Luca Signorelli al Duomo di Orvieto, e che accentua la forma fallica negli abiti dei contadini nella “Danza nuziale” del pittore fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio.

Indossava abiti che includevano una brachetta anche re Enrico VIII d’Inghilterra, vissuto tra il 1491 e il 1547, che fu considerato uno dei re inglesi più potenti e nel 1519 venne descritto dall’ambasciatore veneziano Sebastiano Giustinian come «il sovrano meglio vestito al mondo». Ancora oggi al museo della Torre di Londra si può vedere un’armatura di Enrico VIII con una brachetta che pesa più di un chilo.

La “Danza nuziale” di Pieter Bruegel il Vecchio, 1566 circa (Wikimedia Commons)

Prima di passare alle ipotesi sull’origine e sulla funzione di questo accessorio, bisogna tenere presente che tra Quattrocento e Cinquecento la biancheria intima era molto diversa da quella che conosciamo oggi. Generalmente gli uomini usavano due lunghe calze fatte di lana o altri tipi di tessuto, che venivano indossate sopra delle specie di calzoncini e agganciate al farsetto, un corpetto di maglia con o senza maniche più o meno lungo. In un secondo momento, le calze cominciarono a essere cucite sulla parte posteriore e ad arrivare fino alla vita, somigliando a una specie di calzamaglia, che però lasciava sempre poco protetta la parte dei genitali, soprattutto quando i farsetti diventarono più corti e stretti in vita.

Secondo l’esperta di storia moderna Victoria Bartels, che ha ottenuto un dottorato all’Università di Cambridge, le testimonianze dei dipinti e della letteratura dell’epoca fanno pensare che inizialmente la brachetta fosse un pezzo di stoffa triangolare cucito sulla calzamaglia nell’angolo inferiore e agganciato al farsetto negli altri due angoli. Con il tempo però si trasformò in un indumento molto più grosso ed elaborato, diventando di fatto un accessorio di moda: rigido, con forma ricurva o tubolare, fatto anche di metallo, a volte imbottito e soprattutto finemente decorato.

Attorno al 1530 esistevano brachette così ingombranti che per gli uomini era perfino difficile piegarsi per indossare le scarpe, ha scritto il Guardian in un articolo del 2015.

Il “Ritratto di Alessandro Farnese” di Alonso Sánchez Coello, 1560 circa (Galleria Nazionale di Parma, Wikimedia Commons)

Sicuramente una delle funzioni principali della brachetta era coprire e proteggere gli organi genitali maschili, ma c’è anche chi ritiene che avesse altri scopi.

La storica Grace Vicary, per esempio, sostiene che fosse una specie di dispositivo di protezione individuale dell’epoca, ideato probabilmente per proteggersi dalle malattie, in particolare dalla sifilide. Vicary ricorda che in quei secoli la sifilide veniva trattata applicando sui genitali una serie di erbe e unguenti, e pertanto racchiudere pene e testicoli in una sorta di scatola sarebbe stato utile per evitare di macchiare i vestiti. Altre ipotesi sono che servisse a proteggere gli organi maschili dagli eventuali colpi di tutti gli oggetti che gli uomini erano soliti agganciare alle loro cinture, o che potesse servire come una tasca dove riporre piccoli oggetti, come monete o fazzoletti.

In ogni caso, mettere in evidenza il pene con un accessorio che nelle parole dello storico Will Fisher ricordava «un’erezione permanente» aveva un significato molto più simbolico: sia a corte che nella vita di tutti i giorni era un simbolo di virilità e prestanza sessuale, mentre in guerra indicava forza e spavalderia.

«La braghetta è il primo pezzo dell’armatura per armare il guerriero», scrisse sempre Rabelais in Gargantua e Pantagruel. Per questa ragione, secondo alcuni critici il fatto che nel terzo libro il personaggio di Panurgo se la tolga simboleggia sia la rinuncia alla guerra, sia la sua volontà di dedicarsi al matrimonio o comunque il suo desiderio sessuale. Sempre Bartels nota che la brachetta a scopo difensivo era una parte integrante degli abiti indossati dai mercenari svizzeri e tedeschi, e aggiunge un’ulteriore ipotesi: il fatto che a fine Cinquecento venisse portata sotto a farsetti più abbondanti, che facevano sembrare la pancia più arrotondata, poteva ricordare un baccello di pisello maturo e pronto per la raccolta, e quindi indicare opulenza, oltre che fecondità.

Il “Ritratto di Antonio Navagero” di Giovan Battista Moroni, 1565 (Wikimedia Commons)

Nel suo libro, Glover ha definito la brachetta un oggetto che gli uomini usavano per vantarsi, che contribuì a definire «una versione fasulla e romanzata del corpo maschile» e che nei decenni e secoli successivi assunse altre forme, a suo dire «tutte ugualmente ridicole»: dalle parrucche incipriate, agli stivaletti con i tacchi usati per esempio da John Lennon e David Bowie negli anni Sessanta e Settanta.

Le testimonianze che ci sono arrivate fino a oggi dicono che in effetti già dalla fine del Cinquecento la brachetta cominciò a essere considerata un accessorio ridicolo e inutile: con la nuova moda maschile fatta di farsetti meno fascianti, pantaloni a sbuffo più lunghi e in generale abiti più ampi scomparve. Nella seconda metà del Novecento, invece, fu per così dire riscoperta.

Negli anni Settanta l’attivista afroamericano Eldridge Cleaver, uno dei leader del movimento politico delle Pantere Nere, disegnò per esempio alcune paia di pantaloni da uomo in cui il pene potesse essere contenuto in una protuberanza che ricordava una calza, un po’ come negli abiti dei contadini dipinti da Bruegel il Vecchio. In un’intervista data a Newsweek, Cleaver raccontò di voler «risolvere il problema della mentalità della foglia di fico» e disse che i suoi pantaloni «rimettevano il sesso nel posto in cui avrebbe dovuto stare».

La sua idea non fu per nulla popolare. Tuttavia avevano già indossato una specie di brachetta i “drughi” del celebre film Arancia meccanica (1971), e negli anni seguenti ne spuntarono di simili anche nell’abbigliamento di alcune band hard rock, tra cui i Kiss. Di recente il popolarissimo accessorio del Cinquecento è rispuntato anche nell’alta moda, ispirando alcuni capi in una collezione dello stilista statunitense Thom Browne.

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