Come e perché si muovono le opere d’arte

E cosa fa il "registrar", che ne deve garantire la sicurezza negli spostamenti, dentro e fuori dal museo

Un'immagine dell'allestimento della mostra "Giotto e il Novecento" del 2022-2023 (Mart)
Un'immagine dell'allestimento della mostra "Giotto e il Novecento" del 2022-2023 (Mart)

Se non siamo addetti ai lavori è molto probabile che la nostra idea di museo sia quella di un luogo dagli spazi immobili, sempre uguali nel tempo. Magari pensiamo la stessa cosa delle opere d’arte, e cioè che un determinato quadro, scultura o installazione siano visibili sempre e solo all’interno della stessa sala del museo che le possiede e custodisce. Eppure quando andiamo a visitare una mostra sappiamo che è composta da opere spesso prese in prestito da altri musei, gallerie, collezionisti. Le opere infatti si muovono, anche all’interno di uno stesso museo, molto più di quanto pensiamo. E anche le sale dei musei possono cambiare drasticamente in base alla collezione che viene esposta.

Una volta il museo nasceva per esporre la collezione di cui era in possesso: lo spazio era sufficiente, il deposito non serviva. Oggi i musei hanno accresciuto molto le loro collezioni e uno dei temi fondamentali è diventato la gestione dello spazio e la movimentazione delle opere, e dunque come modificare i percorsi espositivi e di conseguenza la struttura delle sale, quali opere esporre di volta in volta e in che modo. Questo è dovuto anche al fatto che il museo ha oggi un ruolo diverso rispetto a una volta.

A partire dagli inizi del Novecento, l’arte ha attraversato un profondo cambiamento, grazie alle avanguardie, dal futurismo al cubismo. È cambiato anche il museo: non è più solo il luogo di conservazione ed esposizione delle opere, è anche un centro di studi e ricerche. Si realizzano sale più funzionali alla fruizione, grazie a modalità espositive, di illuminazione e di climatizzazione conformi a certi standard che iniziano a diffondersi a livello internazionale. Sono diventati importanti anche i magazzini, gli archivi, le biblioteche, le sale multimediali, il laboratori di restauro.

Molti musei, soprattutto quelli contemporanei, sono oggi il luogo della conservazione, valorizzazione, promozione, documentazione e del racconto dell’arte. Devono creare un rapporto con il territorio che lo circonda senza dimenticare gli aspetti economici. Per raggiungere questi scopi, e coinvolgere un pubblico sempre più vasto, il museo deve aggiornare costantemente le sue proposte tematiche e le sue tecniche espositive. Le collezioni sono così sottoposte a un continuo lavoro di impaginazione: vengono creati nuovi percorsi fruitivi e mostre temporanee. Le opere perciò si muovono costantemente dentro a un museo (e fuori dal museo, quando vengono prestate). Inoltre è necessario che le aree espositive possano essere modificate anche drasticamente.

Per gestire tutto questo, dalla movimentazione in sicurezza delle opere all’adeguamento degli spazi espositivi di un museo, una figura fondamentale oggi è quella del cosiddetto registrar, una professionalità nata negli Stati Uniti negli anni Cinquanta del Novecento. Allora semplicemente prendeva nota e registrava l’arrivo delle opere nei musei; oggi questa figura coordina tutta una serie di attività anche molto complesse.

«Se uno dice registrar si fa ancora fatica a inquadrare il tipo di professione. Non è uno di quei termini che sono diventati di uso comune, come può essere il curatore» ci spiega Francesca Velardita, responsabile dell’ufficio gestione delle collezioni e coordinamento delle mostre del Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, che si trova proprio a Rovereto. La scelta di chiamare così l’ufficio di cui è responsabile, senza ricorrere alla parola registrar, è un modo per avvicinare le persone a quel ruolo, spiegarlo meglio.

Il movimento costante delle opere è uno dei punti su cui si basa l’attività del Mart di Rovereto. Presieduto da Vittorio Sgarbi, ha sede in una delle prime architetture contemporanee realizzate in Italia con lo scopo specifico di essere un museo. Inaugurato nel dicembre 2002, ha compiuto da poco venti anni di attività, è sun polo culturale progettato dall’architetto svizzero Mario Botta. La sua collezione è composta da circa 20mila opere, principalmente d’arte moderna e contemporanea dall’Ottocento fino ai giorni nostri, concentrandosi in particolare sull’arte italiana del Novecento, con un’importante raccolta di opere dell’Avanguardia futurista.

Oltre a essere un’architettura contemporanea inserita nel paesaggio alpino del Trentino, il Mart è composto da grandi spazi di differenti tipologie, e ha a disposizione cinquemila metri quadrati per le sale espositive. Al centro del Mart c’è una piazza, sovrastata da una grande cupola in vetro e acciaio ispirata al Pantheon di Roma. Oltre alle sale utilizzate per le esposizioni fanno parte della struttura anche un deposito di opere, l’Archivio del Novecento e una biblioteca specialistica, un’area per le attività didattiche e la mediazione culturale, una sale conferenze e anche il bistrot dello chef stellato Alfio Ghezzi.

Il Mart è stato pensato e realizzato per essere uno spazio architettonico flessibile, per rendere possibile, secondo l’architetto Botta, la continua realizzazione di allestimenti sempre inediti. «I nostri spazi cambiano – ci ha detto Velardita – da mostra a mostra. Cambia persino il posizionamento delle pareti». È qui infatti che entra in gioco il lavoro dell’ufficio registrar. «L’idea generale è quella di un museo sempre diverso, anche a distanza di poche settimane, che rinnova il modo di guardare e concepire l’arte moderna e contemporanea» spiega Velardita. Questa visione viene realizzata grazie al lavoro dell’ufficio registrar, che allestisce e disallestisce lo spazio e cura la movimentazione delle opere. Queste operazioni sono molto delicate: tutte le fasi della movimentazione devono avvenire nella massima sicurezza per la tutela dell’opera.

Nonostante l’ampiezza delle sale e degli spazi del Mart a volte è necessario ricorrere a operazioni straordinarie, come nel caso di certe opere d’arte contemporanea molto grandi e molto pesanti: «abbiamo dovuto movimentarle con la gru e accedendo dal retro del museo. In pratica sono entrate “volando”».

Le opere però possono muoversi anche esternamente, quando viene accordato il prestito a un altro museo. In questi casi ci si relaziona con il museo richiedente, si concordano il tipo di trasporto e il tipo di imballo, si attivano le polizze assicurative. E poi c’è la parte delle verifiche conservative: prima di lasciare il museo l’opera viene esaminata da restauratori professionisti che redigono un condition report (una sorta di carta d’identità sulle sue condizioni). Al momento dell’arrivo al museo richiedente la cassa viene aperta e il condition report viene verificato una seconda volta per evidenziare che non ci siano danni dovuti alla movimentazione. A fine mostra – nel frattempo vengono fatti dei controlli periodici da parte degli organizzatori – si fa un ultimo controllo delle condizioni. Poi l’opera viene imballata nuovamente, trasportata, riconsegnata al Mart, e dopo essere stata disimballata viene effettuata la verifica finale.

Come abbiamo visto, l’intento del Mart è quello di essere un museo sempre diverso, con le opere sempre in movimento: per questo la sua collezione “permanente” non è esattamente “permanente” dato che viene riallestita più volte all’anno, e l’ultima volta il 17 febbraio. Questa rotazione delle opere della collezione (utile anche per esigenze di conservazione) permette anche l’inserimento delle opere stesse negli allestimenti di altri musei e nelle mostre temporanee del Mart. Queste ultime mettono in dialogo il patrimonio del Mart con opere di altri musei, per valorizzarlo e offrire nuovi spunti di studio e discussione, approfondendo temi, periodi stilistici, artisti.

Tra le mostre temporanee in corso al Mart ce n’è una dedicata all’influenza di Giotto sugli artisti italiani del XX secolo; in questo caso sono state movimentate più di 200 opere, di cui 150 circa provenienti da altri musei o collezioni e una cinquantina dal patrimonio del Mart. Sullo stesso piano, dal 15 marzo sarà visitabile Klimt e l’arte italiana. Anche questa mostra è costituita da quasi 200 opere di cui una trentina del Mart. In particolare al Mart arriveranno due prestiti straordinari: i due quadri “italiani” di Klimt: Le tre età della donna, dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma e la Giuditta, proveniente da Ca’ Pesaro. Per raggiungere il Mart da Venezia l’opera viaggerà prima su barca e poi su camion. L’opera della Galleria Nazionale, invece, arriverà con un volo cargo dalla Cina dove è attualmente esposta.

Dalla sua inaugurazione nel dicembre del 2002 il Mart è stato visitato da quasi 5 milioni di visitatori. Si tratta di numeri significativi, soprattutto se si pensa che è un polo culturale lontano dalle principali e classiche mete del turismo museale, in una piccola cittadina di una regione principalmente associata al turismo di montagna. Del Mart fa parte anche “Casa Depero”, la casa d’arte dove l’artista futurista Fortunato Depero ha raccolto centinaia di proprie opere e che si trova in un palazzo settecentesco del centro.

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