Che fine ha fatto Will Smith

Dopo lo schiaffo a Chris Rock si è tenuto piuttosto lontano dalle attenzioni pubbliche, ma ora sta provando a riguadagnarle in vista dei prossimi Oscar

Will Smith alla prima di “Emancipation”. (Nicky J Sims/Getty Images)
Will Smith alla prima di “Emancipation”. (Nicky J Sims/Getty Images)
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Dal 9 dicembre è possibile vedere su Apple TV+ Emancipation – Oltre la libertà, il primo film con Will Smith a venire distribuito da quando l’attore diede uno schiaffo in diretta mondiale al presentatore Chris Rock durante la cerimonia dei premi Oscar il 27 marzo scorso. All’epoca il film era stato già girato e in fase di post-produzione. La sua uscita in questo momento dell’anno, molto favorevole ai film che cercano una nomination agli Oscar, ha implicato anche una serie di apparizioni pubbliche di Smith e un ritorno della discussione riguardo a quella famosa sberla e alle sue conseguenze.

Nei nove mesi trascorsi da quella serata Smith è stato marginalizzato dall’industria cinematografica e ha tenuto un profilo estremamente basso, parlando pubblicamente solo di rado, per delle scuse. È una strategia abbastanza frequente nel mondo dello spettacolo statunitense in casi come questi, in cui un attore o un’attrice finisce in mezzo a uno scandalo o viene accusato di qualcosa. È normale insomma che ci sia un ritiro dalle scene per un tempo che dipende dalla gravità dell’evento, che i contratti della persona interessata vengano rescissi e che solo dopo un po’ venga organizzata una sorta di ritorno, aspettando che l’opinione pubblica si sia dimenticata in parte delle vicende e che sia pronta al “perdono”. Non sempre funziona.

Escludendo le interviste in cui persone vicine a Smith hanno testimoniato a favore della sua integrità e hanno associato lo schiaffo a Rock a un momento di furia come mai ne erano capitati prima, il 29 luglio era stato pubblicato sul canale ufficiale dell’attore un video di scuse in cui compariva vestito da tennis, più o meno come Richard Williams, il personaggio da lui interpretato in Una famiglia vincente, il film sul padre e allenatore delle sorelle tenniste Venus e Serena Williams.

Il video, il primo in cui Smith aveva parlato pubblicamente della sberla, non era stato recepito benissimo e a molti commentatori sulla stampa specializzata americana aveva dato l’impressione di una scusa a metà, di un tentativo di sviare le polemiche.

Ora, quattro mesi dopo quel video, Smith è tornato a parlare della sberla a Rock nelle interviste per Emancipation, che prevedibilmente hanno previsto domande a riguardo. In un articolo nel quale sono presenti molte dichiarazioni di personalità afroamericane del mondo del cinema e dell’arte il Los Angeles Times ha cercato di ricostruire quale sia lo stato della popolarità di Will Smith in questo momento, riscontrando ancora perplessità tra i suoi colleghi.

L’impressione tuttavia è che Apple abbia anticipato il ritorno alle interviste di Smith per non compromettere le tante possibili candidature agli Oscar del suo film. Con 120 milioni di dollari Emancipation ha un budget alto per un film che non è, per esempio, un blockbuster della Marvel, e che se non fosse stato per lo schiaffo sarebbe sembrato perfetto per gareggiare in diverse categorie degli Oscar.

La storia del film è quella di uno schiavo di origini haitiane che nel 1863, durante la guerra tra Nord e Sud degli Stati Uniti, viene a sapere che il presidente Abraham Lincoln ha abolito la schiavitù, e decide di non aspettare l’arrivo dei nordisti ma di attraversare le paludi della Louisiana per andare verso la libertà, inseguito da suoi padroni. È un film d’azione e di guerra, molto spettacolare e cruento, ed è la versione romanzata di uno dei resoconti più affidabili sulla vita dell’ex schiavo noto come Gordon, ma spesso chiamato Peter, che è il soggetto della famosa fotografia “Whipped Peter” (“Peter frustato”), nella quale mostra i segni delle frustate sulla sua schiena. La fotografia fu uno dei documenti che più scossero l’opinione pubblica americana riguardo alle condizioni degli schiavi.

 

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Apple TV+ era stata la prima piattaforma streaming a vincere un Oscar per il miglior film con CODA – I segni del cuore, proprio nell’anno dello schiaffo, e sembra quella verso cui c’è meno ostilità nella comunità di chi vota all’Academy, notoriamente molto anziana e poco simpatizzante verso lo streaming.

Appare improbabile che i votanti siano pronti anche solo ad assegnare una candidatura a Smith come migliore attore, ma se dovesse accadere, e se dovesse addirittura vincere (due anni di fila c’è riuscito finora solo Tom Hanks, con Philadelphia e Forrest Gump), non potrebbe ritirare il premio. Uno dei primi atti ufficiali di Will Smith all’indomani dello schiaffo era stato infatti quello di cancellare la propria iscrizione all’Academy. L’ente in risposta aveva deciso di bandirlo per 10 anni dai suoi eventi, quindi, nonostante secondo il regolamento possa essere candidato e premiato (come del resto accade agli attori non americani che spesso non sono membri dell’Academy), Smith non potrebbe partecipare alla serata e ritirare il premio in nessuna delle due categorie in cui è eleggibile (la seconda è quella di miglior film come produttore).

A chi gli ha chiesto cosa abbia da dire a quanti non vogliono vedere il film perché turbati o delusi dalle sue azioni, Smith ha risposto: «Se qualcuno non si sentisse pronto, ne rispetterei la scelta e la sensazione di non essere pronti».

Prima del calo di popolarità che, secondo il metro di valutazione abbastanza affidabile della rivista specializzata Variety, è stato grave ma non gravissimo (secondo quel metro molto peggio andò a Tiger Woods all’epoca dello scandalo per infedeltà), Emancipation doveva essere uno dei film utili a rivalutare l’immagine di Will Smith all’interno della comunità afroamericana di Hollywood, presentandolo come un attore impegnato nella lotta al razzismo e per una maggiore rappresentazione delle minoranze.

Per anni infatti Smith non aveva preso posizioni forti a riguardo, e i suoi film non avevano mai affrontato più di tanto i problemi della sua comunità di origine, cosa che a Hollywood non è vista di buon occhio. Già il ruolo di Richard Williams, padre delle tenniste Venus e Serena, era stato un modo di incarnare un simbolo di riscatto sociale afroamericano, in un film che faceva di questo tema un punto cruciale. Lo schiavo liberato Whipped Peter era visto come un progresso ancora più forte nella stessa direzione.

Al momento un ritorno in grande stile sembra però lontano, e secondo molti tutto dipende da Chris Rock. A seguito dell’incidente il comico ha parlato pochissimo dell’evento, limitandosi a qualche battuta, e non ha voluto incontrare Smith. Nei suoi spettacoli ha invece incluso frequenti riferimenti allo schiaffo, ma non ha mai fatto quello che a detta di molti potrebbe accelerare la rivalutazione pubblica di Smith e chiudere la faccenda, ovvero perdonarlo ufficialmente.

L’ultimo tour di Chris Rock, chiamato Ego Death World Tour, è passato anche per il Dolby Theatre, cioè il teatro in cui si era tenuta la cerimonia degli Oscar. Sullo stesso palco in cui era stato schiaffeggiato, Rock ha condotto il suo spettacolo davanti a un telone bianco su cui era proiettata la sua ombra gigante, a rappresentare il suo ego incombente, ego fortemente toccato dallo schiaffo ricevuto. Rock ha detto di non ritenersi una vittima, ma di considerare grave quanto accaduto: «Chi dice che le parole fanno male non ha mai preso un pugno in faccia», ha detto in una battuta.

In molti pensano però che lo spettacolo che Chris Rock ha recentemente registrato per Netflix sarà il momento in cui affronterà davvero la questione e che segnerà una svolta per il limbo nel quale si trova ora Smith.