A un certo punto non si ha più l’età per certi videogiochi

Molti giocatori over 30 segnalano una crescente difficoltà a competere con i più giovani, per questioni di riflessi ma non solo

(ANSA-DPA)
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Nel corso di quest’anno, i campionati di eSports, la pratica competitiva e professionistica di alcuni videogiochi, hanno messo in palio complessivamente più di 180 milioni di dollari come premio per i migliori giocatori. Secondo il sito specializzato eSports Earnings, nel settore competono più 21mila professionisti, la maggioranza dei quali ha un’età compresa tra 18 e i 34 anni, ma le posizioni più alte della classifica sono appannaggio dei più giovani. Al momento, infatti, nella classifica dei dieci giocatori più ricchi c’è solo una persona con più di trent’anni, il trentaduenne estone Clement “Puppey” Ivanov.

La carriera negli eSports infatti è particolarmente breve, anche più di quella di sport piuttosto pericolosi e fisici. Come raccontato dal Washington Post, infatti, l’età media in cui un giocatore di eSports si ritira, 26 anni, è più bassa di quella della NFL, la maggiore lega professionistica di football americano. Tra le principali cause del fenomeno c’è l’esaurimento fisico e mentale che patisce a un certo punto la maggior parte dei giocatori, che sono spesso costretti a giocare (e quindi esercitarsi) per dieci ore al giorno, sei giorni alla settimana, passando buona parte della loro giornata davanti a uno schermo. Anche per questo, molti professionisti decidono di ritirarsi presto, spesso per dedicarsi alla creazione di contenuti online su piattaforme come Twitch e YouTube.

La velocità con cui i campioni di eSports invecchiano si lega a un fenomeno spesso dibattuto, sia online che in sede accademica, ovvero il legame tra prestazioni videoludiche ed età anagrafica. Nel 2018 Vice aveva raccontato la storia del giornalista Stan Horaczek, che un giorno si rese conto di non riuscire a battere suo figlio di nove anni a quegli stessi giochi su cui aveva passato centinaia di ore da giovane: «Mio figlio può prendere qualsiasi gioco e imparare a giocarci sul momento. Il mio cervello da vecchio non funziona più con quella stessa velocità».

Esperienze simili hanno spinto molti utenti a chiedersi se non ci sia un’età oltre la quale si è «troppo vecchi per i videogiochi». È una domanda in parte provocatoria, visto che il mercato videoludico è destinato a sfiorare i 200 miliardi di dollari di fatturato totale quest’anno, ed è da tempo un business più grande di quello musicale e cinematografico; di conseguenza, contiene categorie di giochi per qualunque tipo di consumatore ed esigenza. Allo stesso tempo, però, nei contesti più competitivi e nelle partite online – in cui si gioca con o contro persone da tutto il mondo e di ogni età –, i giocatori dai trent’anni in su accusano normalmente un certo svantaggio nei confronti di quelli più giovani.

Le ragioni di questo peggioramento delle performance videoludiche sarebbero in parte neuroscientifiche. Secondo uno studio pubblicato nel 2014, infatti, il «rallentamento dei tempi di risposta legati all’età inizia a ventiquattro anni» e non sembrerebbero esserci prove che «questo declino possa essere attenuato dall’esperienza». Anche i giocatori più capaci e specializzati, quindi, mostrano segnali di rallentamento rispetto ai colleghi ventenni, una volta superata una certa età: i riflessi, fondamentali per molti giochi sportivi e sparatutto, non sono più gli stessi.

La ricercatrice specializzata in intelligenze artificiali Shoshannah Tekofsky ha pubblicato uno studio (pdf) su come l’età dei giocatori influenza le loro performance nel videogioco Battlefield 3, notando che i risultati dei diecimila giocatori coinvolti si distribuivano in modo particolare e ricorrente. Punteggi, missioni completate, numeri di nemici uccisi e altri valori seguivano un andamento a “U” rovesciata in cui le persone adolescenti avevano risultati buoni, quelle ventenni i migliori in assoluto, quelle oltre i trent’anni i peggiori.

Secondo un’altra teoria, inoltre, il peggioramento qualitativo legato all’età sarebbe una conseguenza del cosiddetto «effetto Flynn», fenomeno che deve il nome allo psicologo statunitense James R. Flynn, il primo a scoprire un progressivo e continuativo aumento del quoziente intellettivo medio della popolazione nel corso degli anni. Le generazioni più giovani, in sostanza, sarebbero secondo questa teoria più intelligenti.

In generale, miglioramenti delle performance degli atleti professionisti col passare del tempo sono rilevabili in molti settori, dagli sport di squadra alle maratone, che qualche anno fa è stata corsa in meno di due ore. Secondo alcuni, il fenomeno potrebbe interessare anche i videogiochi, rendendo la competizione tra generazioni sempre più difficile.

Per venire incontro alle esigenze dei videogiocatori meno giovani, il Guardian ha realizzato una guida per i videogiocatori over 30, consigliando una serie di acquisti per migliorare nei limiti del possibile la propria resa. Il primo consiglio è di cambiare monitor, ricordando che «i migliori giocatori di eSports usano schermi piccoli, di solito da 27 pollici e con tempi di risposta super veloci tra uno e cinque microsecondi». Uno schermo troppo grande, infatti, può essere dispersivo e peggiorare la performance. Può anche aiutare investire su cuffie di qualità, in modo da immergersi nel panorama sonoro del gioco, sentendo meglio passi, movimenti e proiettili in avvicinamento.

Sistemata l’attrezzatura, conviene anche aggiornare la propria strategia di gioco: non conviene correre, per evitare di essere meno consci dell’ambiente attorno a sé. «Cammina dappertutto finché non ti abitui» è il consiglio del giornale inglese. Anche la scelta dello spazio da occupare può aiutare la competizione con i giocatori più giovani e veloci: nella maggior parte dei casi, infatti, giocando ai videogiochi multiplayer di tipo «battle royale» (come ad esempio Fortnite, in cui più giocatori giocano nello stesso tempo uno contro l’altro nella stessa mappa) è preferibile stare lontani dal centro dell’ambiente di gioco, preferendo zone periferiche dove ci sono meno giocatori.

Infine, è necessario allenarsi, come in qualsiasi attività sportiva. Su YouTube esistono molti canali dedicati ai videogiochi, con guide dettagliate (walkthrough) che permettono di arrivare preparati e già dotati di una strategia di gioco. Nei principali titoli del genere sparatutto, poi, è possibile partecipare a missioni ed esercizi preparatori nei quali affinare tecniche e nuove capacità da sperimentare poi con gli avversari più veloci.