Circa 500 cetacei sono morti dopo essersi arenati in Nuova Zelanda

Balene spiaggiate su una spiaggia australiana a fine settembre (Australian Broadcasting Corporation via AP)
Balene spiaggiate su una spiaggia australiana a fine settembre (Australian Broadcasting Corporation via AP)

Negli ultimi giorni in Nuova Zelanda sono morti 477 cetacei che si erano arenati in due spiagge remote, su isole situate a circa 800 chilometri dall’isola principale del paese e abitate da poche centinaia di persone. Sono più precisamente globicefali, cetacei della famiglia dei delfini conosciuti anche come “balene pilota”, che possono arrivare fino a sette metri di lunghezza. Solitamente in questi casi si cerca di rimettere i cetacei spiaggiati in mare, ma non è stato possibile mobilitare abbastanza volontari proprio a causa del luogo in cui si trovavano: in parte perché erano troppo lontani da raggiungere, in parte per la grande presenza di squali nelle acque circostanti, che avrebbero messo in pericolo sia le persone eventualmente mobilitate che gli stessi cetacei. Alcuni dei cetacei sono morti naturalmente, agli altri è stata praticata l’eutanasia per evitare che soffrissero eccessivamente.

Due settimane fa circa 200 cetacei erano morti in una situazione simile, dopo essersi arenati in una spiaggia australiana remota della Tasmania. Gli scienziati non hanno del tutto chiari i motivi per cui avvengano questi arenamenti di massa di cetacei, che comunque sono piuttosto frequenti in Nuova Zelanda, soprattutto nei mesi estivi: è possibile che i cetacei si avvicinino alla riva in zone ricche di cibo e che poi il loro sistema di orientamento venga confuso dalla conformazione delle spiagge sabbiose in pendenza, che passano rapidamente da acque molto profonde a poco profonde. Solitamente i cetacei vengono seppelliti o le carcasse vengono rimesse in mare: in questo caso, sempre a causa della posizione remota saranno lasciate a decomporsi sulle spiagge.