Meloni deve trovare un lavoro a Salvini

Lui vorrebbe rifare il ministro dell'Interno, ma il risultato della Lega e il suo processo penale in corso ne ridimensionano molto il potere contrattuale

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)
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Uno dei primi problemi che la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni dovrà risolvere nel corso delle trattative per formare il nuovo governo di destra riguarda la collocazione del segretario della Lega, Matteo Salvini. Durante la campagna elettorale Salvini aveva lasciato intuire più volte di aspirare a rifare il ministro dell’Interno, come avvenuto fra il 2018 e il 2019 durante il primo governo guidato da Giuseppe Conte. Quest’ambizione, però, è stata messa fortemente in discussione dal deludente risultato della Lega alle elezioni, che ha ridimensionato il potere contrattuale di Salvini.

Oltre ai mutati rapporti di forza nella destra, poi, Meloni sembra avere altre ragioni per essere nettamente contraria ad accontentare Salvini: bisognerà capire quindi che ruolo offrirà nel governo a quello che rimane il leader del secondo partito più numeroso nella maggioranza, nonché principale alleato di Fratelli d’Italia a livello nazionale e locale.

La questione potrebbe risolversi a breve oppure diventare il più grosso caso politico nelle trattative per il nuovo governo. Giovedì mattina Repubblica e il Corriere della Sera hanno scritto che Salvini terrebbe così tanto al ministero dell’Interno che avrebbe minacciato di dare al nuovo governo soltanto un appoggio esterno, senza cioè entrare ufficialmente in maggioranza, se non gli venisse assicurato il posto di ministro dell’Interno.

Matteo Salvini ha costruito la sua figura pubblica parlando soprattutto di sicurezza e immigrazione, due questioni di cui si occupa proprio il ministero dell’Interno, e aveva raggiunto il picco della sua carriera politica proprio quando occupava quella carica. Nel 2019 da segretario del partito e ministro dell’Interno in carica fece ottenere alla Lega il 34 per cento dei voti alle elezioni europee, il miglior risultato elettorale della sua storia, molto distante dall’8,8 per cento ottenuto alle recenti elezioni politiche. Salvini verosimilmente considera il ritorno al suo vecchio ministero un modo per riguadagnare centralità e consensi nel dibattito politico italiano.

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Ma è proprio la sua precedente esperienza da ministro a rappresentare un ostacolo per ricoprire di nuovo quella carica. Salvini è tuttora sotto processo per sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per aver impedito alla nave della ONG spagnola Open Arms di attraccare a Lampedusa nell’agosto del 2019, quando era entrata nelle acque italiane con a bordo centinaia di migranti soccorsi in mare. Secondo diversi retroscena politici pubblicati in questi giorni il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riterrebbe poco opportuno nominare nuovamente ministro dell’Interno una persona finita in un grosso guaio giudiziario nel suo precedente mandato.

«Come sai, il presidente Mattarella non ce lo permetterebbe. Ci vuole un tecnico», avrebbe detto Meloni a Salvini in un incontro tenuto ieri alla Camera, secondo una ricostruzione della Stampa. In serata fonti di Fratelli d’Italia hanno precisato che nell’incontro «non si è parlato di nomi, incarichi, attribuzioni di deleghe né separazioni di ministeri, e sono prive di fondamento retroscena di stampa su presunti veti» nei confronti di Salvini.

Ma il processo per sequestro di persona non sarebbe l’unica questione problematica legata a una sua nomina a ministro dell’Interno. Repubblica scrive che Meloni vorrebbe evitare di dare incarichi di primo piano a Salvini per rassicurare ambienti legati al governo statunitense, che ritengono il segretario della Lega eccessivamente filorusso. Un altro timore è che con un ruolo concreto e di rilievo Salvini possa fare da opposizione interna al governo, logorando Meloni con l’ambizione di recuperare i milioni di voti che la Lega ha perso a favore di Fratelli d’Italia secondo tutte le analisi dei flussi elettorali.

Infine, Salvini non può oggettivamente descrivere la sua esperienza da ministro come un successo. I suoi cosiddetti “decreti sicurezza” sono stati un fallimento e hanno causato sofferenze a migliaia di stranieri oltre a un aumento dei migranti irregolari sul territorio italiano, cioè il contrario del loro obiettivo dichiarato. Salvini fece poco o nulla anche sul rafforzamento dei rimpatri degli irregolari, altro tema su cui aveva insistito molto negli anni precedenti, e in generale passò più tempo in giro per l’Italia a fare propaganda politica che dietro la scrivania o a Bruxelles per le riunioni di coordinamento con i ministri dell’Interno degli altri paesi europei.

Non è chiaro come se ne possa uscire. La minaccia di Salvini di sostenere il prossimo governo Meloni soltanto dall’esterno sembra piuttosto vuota: difficile che un partito abituato ad amministrare città e regioni come la Lega rinunci alla possibilità di entrare in un governo stabile e dove comunque sarebbe la seconda forza più numerosa. Al contempo sembra remota la possibilità che Salvini rinunci serenamente a un posto di governo a cui ambisce esplicitamente, per una questione di immagine dentro e fuori dalla Lega.

La Stampa scrive che Meloni potrebbe offrire a Salvini un ministero di secondo piano, nobilitato però dalla carica perlopiù cerimoniale di vicepresidente del Consiglio. Salvini starebbe pensando al ministero dell’Agricoltura, che «riceverà una buona fetta dei fondi del Pnrr, molto radicato nei territori, che ti permette di viaggiare, come faceva quando era al Viminale, di interfacciarsi con le federazioni e le associazioni. Un posto dove si può continuare a fare politica, in veste di ministro», aggiunge la Stampa. Al ministero dell’Interno potrebbe finire poi qualcuno di molto vicino a Salvini: come il sottosegretario uscente all’Interno, Nicola Molteni, o l’ex capo di gabinetto di Salvini al ministero, Matteo Piantedosi.

A quel punto però Forza Italia, che alle elezioni ha preso poche decine di migliaia di voti in meno rispetto alla Lega, potrebbe avanzare la stessa richiesta ed esprimere a sua volta un vicepresidente del Consiglio. Sui giornali di oggi si fa molto il nome dell’ex presidente del Parlamento Europeo e coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani. A cui però Meloni, secondo i retroscena politici, non era intenzionata a dare un ruolo di primo piano, preferendo indicare per gli Esteri, l’Economia, la Difesa e la Giustizia delle figure tecniche o espresse da Fratelli d’Italia.