La borsa americana è andata molto male dopo i dati deludenti sull’inflazione negli Stati Uniti

(Foto Michael M. Santiago/Getty Images)
(Foto Michael M. Santiago/Getty Images)

Ieri Wall Street, il mercato finanziario di riferimento degli Stati Uniti, ha chiuso in forte ribasso rispetto al giorno prima. È stata la peggiore seduta dell’anno finora e la peggiore dal giugno del 2020, e tutti gli indici principali hanno perso molto valore: il Dow Jones, l’indice che misura l’andamento dei principali titoli azionari quotati a New York, è sceso del 3,94 per cento, il Nasdaq, quello che misura soprattutto l’andamento delle società tecnologiche, del 5,16 per cento e lo S&P 500, altro indice che comprende titoli azionari, del 4,32 per cento.

La causa è stata la diffusione del dato sull’inflazione americana, che è stato peggiore delle aspettative. Ad agosto i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente, mentre il mercato si attendeva un calo, seppur piccolo. È andato peggio delle attese anche il dato annuale: i prezzi sono ancora più alti rispetto a un anno fa dell’8,3 per cento, dopo l’8,5 di luglio. È un dato in leggero miglioramento, ma comunque peggiore dell’8 su cui scommetteva il mercato.

Questi dati erano molto attesi perché riescono a dare un’indicazione di massima su cosa ci si può attendere dalla riunione di mercoledì prossimo della Federal Reserve, la banca centrale americana, che deve annunciare se aumenterà e di quanto i tassi di interesse per contrastare l’inflazione. Da marzo li ha già alzati del 2,5 per cento. Gli operatori speravano che i prezzi avessero già toccato il picco, cosa che avrebbe potuto indurre la Federal Reserve a un rialzo più contenuto. Ora invece gli analisti danno quasi per certo un nuovo aumento consistente.

Le banche centrali aumentano i tassi di interesse per “raffreddare” l’economia e tenere sotto controllo i prezzi e l’inflazione. Ma c’è un effetto collaterale: se l’economia si raffredda troppo si rischia una recessione, dalla quale poi può diventare complicato uscire. Per questo le banche centrali hanno un compito particolarmente delicato: devono “raffreddare” l’economia a sufficienza da mettere sotto controllo l’inflazione, ma non troppo. Quest’equilibrio è inoltre difficilissimo da raggiungere, perché gli effetti dell’aumento dei tassi si vedono di solito dopo mesi, e non ci sono indicatori affidabili per prevedere come andranno le cose.