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  • Venerdì 9 settembre 2022

Cosa sappiamo di Mattia Sorbi, il giornalista italiano ferito in Ucraina

È ricoverato in gravi condizioni dopo l’esplosione di una mina nella zona di Kherson: Russia e Ucraina si incolpano a vicenda

(EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS)
(EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS)
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Giovedì 8 settembre i media italiani hanno diffuso la notizia che un giornalista milanese, Mattia Sorbi, era stato gravemente ferito sul fronte della controffensiva ucraina a Kherson: la storia di come sia arrivato lì e di chi sia responsabile del suo ferimento non è chiara in molti aspetti ed è stata raccontata con due versioni assai diverse da Russia e Ucraina. Sorbi era in Ucraina per seguire la guerra come freelance e collaborava con alcune testate internazionali, ma in passato aveva lavorato anche per Rai e Repubblica. Al momento sembra che si trovi in un ospedale di Kherson controllato dai russi, in condizioni di salute stabili.

Due giorni prima che in Italia si sapesse che Sorbi era stato ferito, il 6 settembre, il giornalista tedesco Arndt Ginzel – anche lui in Ucraina e in contatto con Sorbi – aveva scritto un post su Facebook dicendosi preoccupato delle condizioni del collega, dal momento che non aveva più sue notizie dal 31 agosto. La mattina di quel giorno Sorbi aveva scritto a Ginzel che si sarebbe spostato da Mykolaiv a Oleksandrivka, nella regione di Kherson, in una zona considerata molto a rischio perché vicina al fronte. Ginzel aveva scritto che dal pomeriggio dello stesso giorno non era più riuscito a contattarlo.

Nel pomeriggio di giovedì 8 settembre i giornali italiani hanno cominciato a scrivere che Sorbi era rimasto gravemente ferito nell’esplosione di una mina, poco dopo essere arrivato con un taxi nella zona del fronte. Su quante persone viaggiassero con lui ci sono diverse versioni, ma è certo che l’autista che viaggiava con lui è morto. Sorbi invece è rimasto ferito a una gamba e all’intestino, e ha dovuto subire almeno un intervento. Quando di preciso sia avvenuto il ferimento di Sorbi non è chiaro, ma è piuttosto probabile che risalga ad alcuni giorni prima dell’8 settembre.

Un’immagine dell’auto su cui viaggiavano Mattia Sorbi e l’autista che lo accompagnava, diffusa dal ministero della Difesa russo (EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS)

Giovedì l’ANSA ha riferito anche una dichiarazione proveniente da fonti del ministero degli Esteri, che fino a quel momento non era intervenuto sulla vicenda: dicevano di essere in «contatto costante» con il giornalista, di avere «notizie positive sullo stato di salute» e di star lavorando «per farlo rientrare, in sicurezza, in Italia appena possibile».

Sembra comunque che il ministero degli Esteri si fosse mosso già da diversi giorni per riportare Sorbi in Italia e che fosse in contatto con la sua famiglia: è probabile che stesse cercando di portare a termine l’operazione diplomatica prima di eventuali speculazioni mediatiche. Sembra che le condizioni di salute di Sorbi però non permettano tuttora di farlo viaggiare.

Poco dopo la diffusione della notizia in Italia, il ministero della Difesa russo ha scritto sul suo canale Telegram una sua versione dei fatti: diceva sostanzialmente che due militari ucraini avevano ingannato Sorbi e lo avevano appositamente accompagnato in una zona minata dalle forze ucraine nel tentativo di ucciderlo, in modo da poter accusare pubblicamente la Russia dell’omicidio sui media occidentali.

Questo racconto ha alcune incongruenze con quanto scritto da Ginzel: il ministero della Difesa russo dice per esempio che Sorbi si sarebbe mosso il 29 agosto, mentre per il giornalista tedesco – che ha pubblicato una chat con Sorbi – il viaggio da Mykolaiv è avvenuto due giorni dopo. Dal racconto di Ginzel non ci sono riscontri nemmeno sul fatto che Sorbi sia stato accompagnato per una parte del viaggio da due militari ucraini.

Su Telegram il ministero della Difesa russo ha pubblicato anche un video di Sorbi, evidentemente sofferente, nel letto di ospedale, in cui tenta con difficoltà di spiegare cosa gli sia successo. In un video molto spezzettato e con diversi tagli nel montaggio, Sorbi dice: «Abbiamo preso un taxi e siamo andati a Oleksandrivka. Ci avevano detto che era sicura. Mina».

Secondo la versione russa sarebbe stato un militare russo a salvarlo dall’auto in fiamme e a portarlo poi in ospedale, dove è stato ricoverato in terapia intensiva.

Alcune ore dopo, il Centro strategico per la comunicazione e l’informazione di sicurezza del ministero dell’Informazione ucraino ha smentito la versione russa, e ne ha diffusa un’altra. Ha scritto che Sorbi era andato in una zona molto pericolosa nonostante fosse sconsigliato dalle autorità, che con lui non c’erano militari ucraini e che il fixer – cioè una persona del posto che di solito accompagna i giornalisti stranieri e dà loro informazioni utili – si era rifiutato di accompagnarlo. Ha anche detto che Sorbi in passato aveva collaborato con media statali russi.

Sorbi lavorava come freelance all’estero da molti anni, ed era stato in diversi paesi in situazioni rischiose: lo scorso anno per esempio era rimasto a lungo in Afghanistan dopo che i talebani erano tornati al potere, e aveva collaborato con diversi media italiani.

Secondo alcune persone che hanno lavorato con lui in Ucraina nelle ultime settimane e che lo conoscevano, Sorbi era solito muoversi da solo e senza fixer: pagare un fixer è molto più costoso che muoversi con un semplice taxi, e per un giornalista freelance non è sempre possibile permettersene uno.

È molto probabile che nessuna delle due versioni – russa e ucraina – sia completamente vera, ma che entrambe contengano elementi di verità. È circolato anche un messaggio che Sorbi avrebbe scritto su Facebook per tranquillizzare chi lo conosce, in cui dice di essere al sicuro e che avrà ancora bisogno di qualche giorno. Anche l’attendibilità del profilo è dubbia: è stato creato giovedì stesso ed è diverso da quello usato abitualmente da Sorbi.