Una canzone dei Pogues

Non proprio dei “Pogues”, ma dei “Pogues”

(Tristan Fewings/Getty Images)
(Tristan Fewings/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Magari ne riparliamo, ma se vi tenta un disco bello di musica diversa, ricca, post-rock, vi consiglio quello nuovo – il secondo – degli inglesi Black country, new road: che erano stati già celebrati al primo, e ora gli è andato via il leader alla vigilia della nuova uscita. Su Spotify.
Oggi compie 90 anni John Williams, che ne ha messe di cotte e di crude nelle nostre teste e nelle nostre memorie, ma la mia preferita che tuttora canticchio solcando la redazione del Post è questa.
Il film di Kenneth Branagh si è preso un botto di nomination agli Oscar, e anche per la canzone inedita di Van Morrison tra le molte canzoni edite di Van Morrison.
Per restare sui nordirlandesi, Neil Hannon dei Divine Comedy è molto in promozione di una raccolta di gran canzoni della sua band: qui fa To the rescue alla radio. Il 17 marzo suonano a Milano.
Scusate, ieri si è perso il link che rimandava alla spiegazione di cosa sia l’Eurovision, ovvero la cosa da cui si emana l’Eurovision Song Contest: l’Eurofestival, insomma. 😉
E grazie come sempre delle benvenute mail e commenti e complimenti, e anche dei consigli sui cornetti surgelati.

Once upon a time
The Pogues

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Molti di noi hanno la loro storia di come hanno lasciato la loro città di provincia e di come poi la loro vita sia diventata un’altra cosa. Chi non ce l’ha è perché è rimasto nella città di provincia, felice o meno felice (pure quelli che l’hanno lasciata non sono sempre felicissimi). Il luogo comune più frequente parla di bisogno di fuggire dalle deprimenti noie e pigrizie – o persino gravità e oppressioni – della provincia; a me è capitato il contrario, che la vita di provincia fosse così piacevole e lieta che avrei potuto rimanerci felicemente sempre (non a caso l’ho lasciata che avevo già più di trent’anni), e ho temuto di venirne viziato e sequestrato per sempre. Una ragazza altrove, allora, ha aiutato.
In un’altra inversione, nella canzone dei Pogues la ragazza aiuta ad andarsene, ma da lei.
The hour’s late and the lights are low
I’m walking home just kicking stones
I waited at the depot you never showed
You missed the last bus hours ago

La storia è che lui l’aspetta ma lei gli ha dato buca, e lui vaga per le strade e ripensa a come è cominciata e alle speranze, ma ora è chiaro che è finita, ed è meglio farsene una ragione e andarsene.
Listen to me baby
Once upon a time
My heart was an ocean
You swam against the tide
The time is past for grieving
My tears have all run dry
I’ll leave you with my love
And now I say goodbye

Once upon a time uscì nel 1993 nel penultimo disco dei Pogues, e se n’era appena andato Shane McGowan, geniale e squinternato artefice dei più riusciti e popolari dischi dei Pogues, con una dentatura indimenticabile (e che per affetto non potevo non mettere nella foto anche se con la canzone lui non c’entra più niente). Erano una band anglo-irlandese il cui nome fu una contrazione di una scelta precedente che in gaelico suonava “baciami il culo”: ed è buffo quindi che il risultato finale abbia una casuale assonanza col verbo “pogare” (che invece viene dal pogo) di cui abbiamo parlato poco tempo fa, e che fu una pratica diffusa ai concerti degli stessi Pogues. Per esempio quando suonavano Fiesta, che se non ne uscivi con le ossa rotte ti divertivi parecchio. In Fiesta, tra l’altro c’è un verso che cita Elvis Costello, ed è una storia.

Y Costello el rey del America
Y suntuosa Cait O’Riordan

Elvis Costello fu produttore e promotore dei primi grandi successi dei Pogues, che avevano una bassista giovanissima, Cait O’Riordan, arruolata a diciassette anni e che era ventenne quando divennero famosi in mezzo mondo, squinternata più di McGowan e con traumi psicologici familiari che l’avrebbero portata a decenni di depressione e alcolismo: Costello la sposò (non si è mai capito se fu un formale matrimonio), lei lasciò la band per lui, le cose andarono un disastro ma rimasero insieme per diciassette anni prima che lui dicesse ora basta. C’è una bella intervista qui in cui lei racconta molte cose – compreso il suo attuale stare bene, da un po’ – con grande lucidità ed equilibrio.

Intanto i Pogues fecero la “migliore canzone di Natale di sempre” secondo molti nel Regno Unito, ma poco dopo McGowan si stufò. Ora ha 65 anni e si fa abbastanza i fatti suoi, dopo aver vivacizzato la carriera della band con insofferenze e intemperanze, talenti, impegni politici, e anticonformismi che lo hanno reso adorato da molti fan. La band fece ancora due dischi, più deboli e normali, ma dentro il primo c’era Once upon a time. E abbiamo finito il giro.
I stood by the road brushed a tear from my eye
Cursed the cars and the rain and the rolling sky
I turned around turned my back on that town
And I never looked back again

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