Una canzone di Ben & Jason

E Limahl, come starà messo?

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Sul nuovo numero della rivista mensile del Foglio che si chiama Review c’è un articolo di Claudio Giunta su canzoni e ricordi che gira intorno a un pezzo di Steve Forbert niente male del 1979, Romeo’s tuneQui c’è lui che la rifà quarant’anni dopo.
Per ricordare i 50 anni dal Bloody Sunday, Bono e The Edge hanno pubblicato una versione acustica della canzone. Debole, detto rispettosamente per le buone intenzioni: non si può togliere tutta la carica di Sunday bloody sunday.
Il format mettiamo-centinaia-di-persone-a-suonare-tutte-insieme-una-canzone-famosa non è più così nuovo da far restare a bocca aperta, ma l’effetto è sempre allegro e mette di buonumore: qui ci sono duecento musicisti belgi (“un musicista belga, anzi duecento”) che cantano Waitin’ on a sunny day di Springsteen in mezzo alla campagna, cinque mesi fa.

You’re the reason
Ben & Jason

You’re the reason su Spotify
You’re the reason su Apple Music
You’re the reason su YouTube

Sono sempre curiosissimo delle economie personali dei musicisti, non quelli famosissimi e ricchissimi, e nemmeno quelli famosi abbastanza da essersi sistemati con il loro lavoro: ma di quelli nelle categorie sotto, che hanno notorietà più misurate, o che ebbero successi brevi e chissà quanto ne godono ancora o no (Limahl, come starà messo?), o che vendicchiano quanto basta per non mollare ma senza mai sfondare. La mia curiosità naturalmente ha poche soddisfazioni, perché nessuno è mai molto incline a parlare delle proprie finanze, soprattutto se sono incerte. Ma mi piacerebbe avere quegli accessi a Spotify che hanno certi manager musicali in cui vedono tutti i dati sui download dei loro musicisti in tempo reale.

Ben & Jason sono un caso del genere. Fecero quattro dischi di dolcezze minimali a cavallo dell’inizio del millennio che furono molto apprezzati, ma andarono appena benino nel Regno Unito e loro speravano meglio, e si sciolsero. Suonarono ancora con altri, uno lo fa tuttora, l’altro scrive libri umoristici. Chissà quanto hanno guadagnato da quei quattro dischi, chissà se gliene viene ancora qualcosa.

Nell’ultimo di quei quattro dischi, opportunamente intitolato Goodbye, c’era You’re the reason, canzone di devozione suddita a un amore finito, con una disperata speranza che passi. O di semplice amabile nenia notturna per noialtri.
You’re the reason I woke up this morning
You’re the reason I sit on the floor
You’re the reason I sleep on my side of the bed
You’re the reason I’m everyone’s friend
You’re the reason I’m stuck in the middle
with nothing to say, and a hole in you

You’re the reason su Spotify
You’re the reason su Apple Music
You’re the reason su YouTube