Decine di rifugiati rohingya hanno fatto causa a Facebook per la diffusione di messaggi d’odio

Un campo profughi rohingya a Cox's Bazar, in Bangladesh, l'11 agosto 2021 (Allison Joyce/Getty Images)
Un campo profughi rohingya a Cox's Bazar, in Bangladesh, l'11 agosto 2021 (Allison Joyce/Getty Images)

Decine di rifugiati rohingya negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno fatto causa a Facebook: accusano il social network di aver permesso la diffusione di messaggi d’odio contro la loro etnia, che negli ultimi anni è stata duramente perseguitata in Myanmar e spinta ad abbandonare il paese. Si stima che 10mila persone rohingya siano state uccise dal 2017; circa 700mila sono fuggite nel vicino Bangladesh, dove vivono in condizioni precarie in affollati campi profughi.

Il gruppo di rohingya che ha fatto causa a Facebook chiede un risarcimento di più di 150 miliardi di dollari. Ritiene che il social network abbia promosso gli atti di violenza, diffondendo per anni «informazioni false che suscitavano odio», che il suo algoritmo abbia favorito tali messaggi e che l’azienda non abbia investito in attività di moderazione e fact checking per eliminare i post e gli account che incitavano alla violenza.

La denuncia contro Facebook presentata negli Stati Uniti accusa il social network di essere stato disposto a «scambiare le vite del popolo rohingya con una miglior penetrazione di mercato in un piccolo paese del Sudest asiatico». Facebook ha più di 20 milioni di utenti in Myanmar e nel 2018, a seguito di un’indagine indipendente che aveva commissionato, ha ammesso di non aver fatto abbastanza per prevenire l’incitamento alla violenza contro i rohingya.