Perché si parla di scarpe Nike con il sangue umano nella suola

Ne sono state realizzate e vendute 666 paia senza l’autorizzazione dell’azienda, che ha fatto causa

(uno screenshot del finto video di scuse di Lil Nas X)
(uno screenshot del finto video di scuse di Lil Nas X)

Lunedì Nike ha fatto causa a MSCHF, un gruppo di stilisti e artisti di New York, per aver modificato 666 paia di scarpe del modello Nike Air Max 97 e averle vendute rinominandole “Satan Shoes”, scarpe di Satana. L’idea è nata senza l’autorizzazione di Nike dalla collaborazione tra MSCHF e il rapper americano Lil Nas X, e prevedeva alcuni interventi sulle scarpe tra cui l’inserimento nell’intersuola ― solitamente piena d’aria ― di un liquido fatto di inchiostro rosso e di una goccia di sangue umano donato,  ha detto MSCHF, da alcuni dei suoi collaboratori.

Da anni MSCHF progetta e vende prodotti provocatori con lo scopo di creare campagne virali. Aveva già fatto un’operazione simile nel 2019, quando aveva riempito la suola di 24 paia di scarpe Nike con l’acqua santa e le aveva rivendute come “Jesus Shoes”, scarpe di Gesù. Questa volta però il riferimento a Satana ha suscitato polemiche e causato molti problemi a Nike che, dopo aver preso pubblicamente le distanze dalle Satan Shoes, ha fatto causa alla società per uso non autorizzato del marchio. Ma non è detto che la vincerà.

Le 666 Satan Shoes (il numero non è casuale, ma fa a sua volta riferimento alla simbologia satanica) realizzate da MSCHF e Lil Nas X sono state messe in vendita online lunedì a 867 euro circa al paio e sono andate esaurite in meno di un minuto. Erano state presentate ufficialmente pochi giorni prima, nell’ultimo video di Lil Nas X dove compaiono ai piedi del diavolo. Nonostante le scarpe siano state acquistate, modificate e rivendute da MSCHF senza alcuna autorizzazione di Nike, sui social network hanno cominciato a comparire commenti di persone convinte del contrario e indignate dall’associazione tra la nota azienda di abbigliamento sportivo e il tema del satanismo. Tra i tanti, la governatrice repubblicana del South Dakota Kristi Noem ha scritto un tweet lamentandosi dell’impatto che le Satan Shoes potrebbero avere sui giovani.

«MSCHF sta facendo credere ai consumatori che Nike approvi o produca le Satan Shoes», si legge nelle dichiarazioni dell’azienda: «e la convinzione che siano scarpe autentiche fa sì che i clienti non vogliano acquistare più i nostri prodotti». Ha chiesto al tribunale di intervenire subito per vietare a MSCHF di «produrre, trasportare, promuovere, pubblicizzare, distribuire o vendere qualsiasi prodotto (incluse le Satan Shoes, ma non solo) che abbia il marchio di Nike». Chiede anche che MSCHF consegni tutti i materiali con il logo di Nike per poterli distruggere.

Tra gli argomenti a difesa della sua causa, Nike ha citato le decine di miliardi di dollari spesi per promuovere il suo marchio e il suo logo, uno dei più popolari al mondo. Ha dichiarato anche di aver iniziato la causa per mantenere il controllo sul marchio, proteggere la sua proprietà intellettuale ed eliminare ogni confusione mettendo le cose in chiaro sulle responsabilità dietro le Satan Shoes.

In un’intervista a The Verge, Alexandra Roberts, docente di legge alla University of New Hampshire, ha spiegato che ci sono diverse cose su cui MSCHF potrebbe fare leva per difendersi dalle accuse di Nike. Una è la “dottrina della prima vendita”, che nella legislazione americana limita i diritti dei proprietari rispetto ai rivenditori dei loro prodotti. L’altra è che MSCHF potrebbe difendere le Satan Shoes in quanto parodia, sostenendo che sia improbabile per i consumatori confonderle con le originali.

Un altro argomento a favore di MSCHF è che nel 2019, quando furono distribuite le scarpe di Gesù con l’acqua santa nelle suole, Nike non intentò nessuna causa contro la società. Secondo Alexandra Roberts questo non è però un elemento sufficiente a metterne in discussione le ragioni: allora le scarpe vendute furono soltanto 24, l’impatto sui social network e sui media fu minore, portò meno minacce di boicottaggio e in generale meno danni alla reputazione dell’azienda.

Roberts ha spiegato che negli Stati Uniti la legge prevede che si possa rivendere il prodotto originale di un marchio e citare il marchio per pubblicizzarlo, ma solo nel caso in cui questo non sia stato modificato. Oltre al liquido rosso nella suola, MSCHF ha aggiunto alle scarpe anche alcune scritte rosse e una stella di bronzo a cinque punte tra le stringhe, tutte cose che rendono di fatto le Satan Shoes dei prodotti Nike non autorizzati. Nike ha anche fatto notare che le modifiche apportate alle suole potrebbero mettere a rischio la sicurezza di chi le indosserà.

Secondo Roberts, «altri grandi marchi seguiranno la vicenda giudiziaria con attenzione» perché, a prescindere da come andrà, costituirà un precedente importante per futuri casi simili. Ha aggiunto che, se si dovesse arrivare a un processo, «il caso potrebbe avere implicazioni potenzialmente ampie perché stiamo assistendo a un aumento di questo tipo di personalizzazione dei prodotti di marca». Un esempio molto simile al caso di Nike è quello che è successo poche settimane fa alla casa di moda Chanel, che ha citato in giudizio l’azienda Shiver + Duke per aver venduto gioielli realizzati con i bottoni ricavati da vecchi abiti del marchio e con il suo logo sopra.

Sempre Roberts ha detto di non essere stupita della scelta di Nike di intentare una causa contro MSCHF, ma che secondo lei l’azienda dovrà procedere con cautela per evitare di «apparire come quella che prende le parti della destra cristiana contro un famoso artista nero». Oltre a essere afroamericano, infatti, Lil Nas X è anche dichiaratamente omosessuale e nel suo ultimo video il tema della discriminazione e dell’oppressione da parte degli ambienti conservatori è particolarmente centrale. Il rapper ha pubblicato un secondo video lunedì in cui finge di volersi scusare per le polemiche nate in relazione alle Satan Shoes, ma in cui invece viene interrotto da alcune delle scene più provocatorie del suo video.