Una canzone di Dinah Washington

Di gran belle rime, e un titolo che si aggroviglia in una parola sola

(Hulton Archive/Getty Images)
(Hulton Archive/Getty Images)

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Qualche mese fa parlammo di questa canzone dei Grandaddy, che adesso hanno pubblicato una versione per quasi solo piano e voce di quel disco: ero diffidente, come lo sono di queste trovate per rivendersi vecchie cose pronte e racimolare spiccioli senza aggiungere granché. Invece ammetto che è un bel disco di piano e voce, qui su Spotify.
Eddie Vedder ha pubblicato una canzone nuova, pure lui solo piano e voce, per sostenere la ricerca delle cure per l’epidermolisi bollosa.
Oggi sono finito su questa cosa travolgente di Aretha Franklin che fa You make me feel davanti agli occhi eccitati di Carole King che l’ha scritta, e la pelliccia, e Obama commosso, ed è tutto stupendo.

What a difference a day made
La prima cosa bella di questa canzone è il titolo, e il modo in cui le parole si aggrovigliano in una sola, di sette sillabe, un suono: uotadiffrensedeiméid.

La seconda cosa bella di questa canzone è il concetto, semplice e familiare: che tradurrei con “bastava un niente”. A portare il sole dove finora pioveva. E quel niente sei tu.
What a difference a day made
Twenty-four little hours
Brought the sun and the flowers
Where there used to be rain

La terza cosa bella di questa canzone sono i versi filastrocchi (pa-pa-pà pa-pa pa-pa) e le rime, hours e flowers, when u e menu.
It’s heaven when you find romance on your menu
What a difference a day made
And the difference is you

Era una canzone del 1934: l’aveva scritta una leggendaria compositrice messicana, María Grever, e si chiamava Cuando vuleva a tu lado. Lei ha scritto anche l’originale di Pensami, quella con cui poi Julio Iglesias stordì mezza Italia qualche decennio fa. Stanley Adams scrisse il testo inglese, e quelle rime, sempre nel 1934. Poi nel 1959 arrivò Dinah Washington – grandissima cantante jazz con estese duttilità – e rese la canzone un successo. Tra le altre versioni ce n’è una niente male “disco” di Esther Phillips, un altro personaggio.


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