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  • Domenica 8 novembre 2020

Il letto non è sempre stato un luogo privato

Oggi condividiamo con estranei il letto o la camera in pochissime occasioni, ma in passato era una cosa piuttosto frequente

Screenshot dal film "Marie Antoinette" di Sofia Coppola (2006)
Screenshot dal film "Marie Antoinette" di Sofia Coppola (2006)

Siamo abituati a pensare alla nostra stanza e in particolare al letto come a spazi privati, dove ci si può rilassare e trascorrere momenti di intimità: ma non è sempre stato così. L’antropologo Brian Fagan, professore dell’Università della California di Santa Barbara, ha raccontato su The Conversation che fino a qualche secolo fa era normale condividere il letto regolarmente con familiari o amici, e che in qualche occasione la camera da letto aveva anche una funzione pubblica o “sociale”. Le cose hanno iniziato a cambiare soprattutto a partire dal Diciannovesimo secolo: c’entrano sia la Rivoluzione Industriale che l’idea del letto associata al matrimonio e alla fedeltà.

Le prime strutture di letti, costruite in legno e ricoperte da pelli oppure sacchi di paglia, fieno o erba – gli antenati dei materassi, per così dire – comparvero circa nel 3mila avanti Cristo, in Egitto e a Malta. Da 5mila anni a questa parte, la struttura del letto è rimasta sostanzialmente invariata, ma quello che è cambiato è il suo utilizzo, come spazio più o meno condiviso.

Nel Medioevo, per esempio, in Europa si usavano letti più corti e più larghi rispetto a quelli a cui siamo abituati oggi. Corti perché la popolazione era mediamente più bassa, ma anche perché si dormiva in una posizione quasi seduta, con capo e schiena appoggiati alla spalliera; soprattutto, però, erano molto larghi perché in un solo letto ci dormivano più persone: marito e moglie con figli, ma talvolta anche ospiti di riguardo o la servitù. Nel nord della Cina e in Mongolia, invece, i viaggiatori erano soliti dormire assieme a chi li ospitava sui kang, ovvero le ampie strutture sollevate da terra e riscaldate dal basso e che vengono usate ancora oggi.

Una sposa che siede su un “kang” prova il vestito del matrimonio, prima della cerimonia, in un villaggio della provincia di Shanxi, circa 600 chilometri a sud-ovest di Pechino. (Zhan Yan/ Xinhua via ZUMA Wire / ANSA)

Fagan ha citato diversi poeti e diaristi del Seicento e Settecento che hanno scritto aneddoti più o meno positivi legati alla condivisione del letto con amici ed estranei. In più, ha raccontato del “Grande letto di Ware”, un letto talmente grosso che si diceva ci avessero dormito addirittura 52 persone nel 1689, e così unico da essere peraltro esibito al Victoria and Albert Museum di Londra.

Tra le altre cose, nel Settecento alla corte di Francia il letto era tutt’altro che uno spazio privato, anzi: aveva una funzione “sociale”. Dopo il matrimonio, il sovrano e la regina venivano accompagnati a letto con una cerimonia solenne e fastosa alla presenza di religiosi, membri della corte e numerosi servi. Spesso, per dire, Luigi XIV – il famoso “Re Sole”, vissuto tra il 1638 e il 1715 – partecipava a incontri e discussioni con i suoi alti ufficiali proprio mentre era seduto comodamente a letto.

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La dimensione privata del letto e della camera così come la conosciamo oggi si deve sostanzialmente a due fattori che hanno portato cambiamenti enormi nella società, in particolare a partire dall’Ottocento: la Rivoluzione industriale e la morale cristiana.

Da un lato, infatti, i processi di industrializzazione durante il Diciannovesimo secolo accelerarono l’urbanizzazione in gran parte dell’Europa e negli Stati Uniti: così, cominciarono a essere costruite case più piccole con stanze sempre più piccole, ciascuna adibita a una particolare funzione, per esempio dormire.

Dall’altro, nell’epoca Vittoriana – che corrisponde al periodo in cui governò la regina Vittoria del Regno Unito, cioè dal 1837 al 1901 – ebbe un’influenza ancora più importante la religione anglicana, che dava grande importanza ai valori di matrimonio, famiglia e castità. In questa epoca il letto condiviso con altre persone veniva visto come un luogo di possibili trasgressioni, e associato all’infedeltà o al concepimento di figli illegittimi.

Come ha notato lo storico Roger Ekirch nel libro Quando il giorno finisce: la storia della notte, nella società vittoriana l’idea di condividere il letto con qualcun altro era motivo di sdegno per le classi più abbienti. Fu proprio in questo periodo, ha spiegato Fagan, che nelle case delle famiglie benestanti iniziarono a diffondersi camere separate per adulti e bambini, ma anche letti e persino stanze separate per mariti e mogli. Per le persone povere o del ceto medio, invece, dormire assieme a una persona conosciuta – un amico, un familiare o un altro servo – era sempre stato un modo per riscaldarsi, oltre che una cosa rassicurante; oltretutto, i letti erano arredi costosi e non tutti potevano permettersene più di uno.

Una delle considerazioni di Fagan è che oggi la dimensione “sociale” del letto in un certo senso sta avendo una seconda vita per via dell’impatto della tecnologia. Grazie a smartphone, tablet e computer possiamo chiacchierare con amici e sconosciuti anche a distanza, dal nostro letto, e questa è un’abitudine che secondo un recente sondaggio ha più dell’80 per cento sia di adulti che di adolescenti. Tuttavia, diversi studi evidenziano che i benefici di questo tipo di socialità a letto sono discutibili: sempre più persone, infatti, si definiscono dipendenti dall’utilizzo dei dispositivi elettronici e allo stesso tempo hanno detto che usarli nella camera da letto impedisce loro di trascorrere tempo di qualità con il partner.

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