Cambridge vuole inquinare di meno

L'università smetterà di investire in società che si occupano di combustibili fossili e punterà sulle energie rinnovabili

La New Court del Corpus Christi, uno dei 31 College che fanno parte dell'Università di Cambridge, nel Regno Unito. (David Iliff, Wikimedia)
La New Court del Corpus Christi, uno dei 31 College che fanno parte dell'Università di Cambridge, nel Regno Unito. (David Iliff, Wikimedia)

Dopo circa cinque anni di campagne e manifestazioni da parte di studenti, professori e attivisti, l’Università di Cambridge, Regno Unito, ha annunciato di voler intraprendere un piano per «disinvestire tutti gli investimenti diretti e indiretti in combustibili fossili» entro il 2030: questo implica vendere le azioni delle compagnie che si occupano dell’estrazione di petrolio e gas naturale, responsabili delle emissioni che accelerano il riscaldamento globale, ma anche non accettare più donazioni o sovvenzioni con scopo di ricerca se non dovessero corrispondere ai nuovi obiettivi di sostenibilità stabiliti dal piano. L’obiettivo finale dell’Università di Cambridge, una delle più prestigiose del mondo, è quello di diventare il primo ateneo al mondo ad azzerare completamente le sue emissioni, entro il 2038.

Erano circa cinque anni che studenti e attivisti chiedevano che il Cambridge University Endowment Fund – uno dei più grandi fondi universitari di tutto il mondo, che finanzia le attività di istruzione e ricerca dell’ateneo – smettesse di investire nelle compagnie che si occupano di estrazione di combustibili fossili. Inoltre, nel corso degli anni al fondo erano state fatte consistenti donazioni da parte di società come BP ed ExxonMobil, che tra le altre cose avevano l’obiettivo di finanziare attività di ricerca collegate al settore. Secondo gli attivisti, continuare a investire in questo settore era un rischio finanziario, ma anche reputazionale e soprattutto non era coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile che l’Università aveva detto di voler perseguire.

Le pressioni avevano cominciato ad aumentare l’anno scorso, quando l’Università aveva ricevuto una donazione da 6 milioni di sterline (circa 6,6 milioni di euro) da parte di Shell, una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. La donazione, fatta affinché un team di ricercatori di Cambridge approfondisse la ricerca su varie tecnologie di estrazione del petrolio, fu ritenuta un passo indietro rispetto alle intenzioni annunciate.

Come ha raccontato il Guardian, infatti, l’Università di Cambridge si era impegnata ad analizzare «i vantaggi e gli svantaggi» degli investimenti in combustibili fossili e nel 2016 aveva bandito gli investimenti in compagnie che estraevano carbone e sabbie bituminose. In più, dopo l’accordo di Parigi, circa 800 università in tutto il mondo avevano già promesso di disinvestire i propri fondi impegnati nelle compagnie petrolifere per ridurre le emissioni inquinanti al fine di contrastare il riscaldamento globale, ma Cambridge ancora no.

Secondo quanto aveva ricostruito People & Planet, network di organizzazioni studentesche del Regno Unito, Cambridge investiva più di 370 milioni di sterline (circa 406 milioni di euro) in combustibili fossili. Adesso il fondo, che vale 3,5 miliardi di sterline (più o meno 3,85 miliardi di euro), disinvestirà tutto quello che aveva impegnato in combustibili fossili per investire invece in energie rinnovabili.

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Per ridurre l’impatto ambientale e azzerare le emissioni entro il 2038, tra le altre cose l’Università punta a fare consistenti investimenti nel campo delle energie rinnovabili entro il 2025. Inoltre, nel comunicato viene anche chiarito che tutte le donazioni e le sovvenzioni a scopo di ricerca «saranno analizzate attentamente per assicurarsi che il donatore dimostri di essere in linea con gli obiettivi dell’Università per la riduzione delle emissioni di gas serra, prima che qualsiasi finanziamento venga accettato».

Tilly Franklin, responsabile degli investimenti dell’Università di Cambridge, ha detto che i cambiamenti climatici, la distruzione dell’ambiente e la perdita della biodiversità sono una «urgente minaccia per l’esistenza». Per questo, l’Ufficio Investimenti dell’Università ha risposto a questa minaccia «seguendo una strategia che intende sostenere e incoraggiare la transizione globale verso un’economia a impatto zero».