L’agente che uccise Michael Brown nel 2014 non sarà incriminato per omicidio

I genitori di Michael Brown durante una marcia di protesta per la morte del figlio, il 30 agosto 2014, a Saint Louis, in Missouri, negli Stati Uniti. (Aaron P. Bernstein/Getty Images)
I genitori di Michael Brown durante una marcia di protesta per la morte del figlio, il 30 agosto 2014, a Saint Louis, in Missouri, negli Stati Uniti. (Aaron P. Bernstein/Getty Images)

Il 30 luglio i pubblici ministeri di Saint Louis, nel Missouri, Stati Uniti, hanno dichiarato che non incrimineranno l’ex agente di polizia Darren Wilson, che era indagato per aver ucciso il 9 agosto 2014 il diciottenne afroamericano Michael Brown. Wilson non sarà incriminato né per omicidio volontario né per omicidio colposo, perché, nei cinque mesi in cui il caso è stato riesaminato dai magistrati di Saint Louis, non sono emerse prove sufficienti per procedere con il processo. «Possiamo dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che è stato commesso un crimine?» – ha detto il procuratore Wesley Bell durante la conferenza stampa in cui è stata annunciata la decisione – «La risposta è no».

L’uccisione di Michael Brown causò settimane di proteste a Saint Louis, in particolare nel quartiere di Ferguson, ma anche nel resto degli Stati Uniti, che portarono alla notorietà del movimento Black Lives Matter. La rabbia della comunità locale – la popolazione del quartiere di Ferguson è a maggioranza afroamericana – derivava soprattutto dal fatto che la polizia aveva confermato che Brown non era armato al momento dell’uccisione. Secondo la ricostruzione della polizia Brown era stato sorpreso dall’agente a rubare all’interno di un market e Wilson avrebbe agito per legittima difesa. Alla stessa conclusione era arrivato il Dipartimento di giustizia dopo un’indagine federale.

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