Vittorio Gassman, tragico e comico

Uno dei più grandi attori italiani di sempre morì vent'anni fa, dopo aver fatto sia "Riso amaro" che "L'armata Brancaleone", e aver letto sia Dante che le etichette dei capi delicati

Vittorio Gassman negli anni Novanta
(LaPresse)
Vittorio Gassman negli anni Novanta (LaPresse)

Il 29 giugno 2000 morì a 77 anni Vittorio Gassman, uno dei più grandi attori della storia italiana: sia al cinema che a teatro, sia comico che tragico, spesso entrambe le cose insieme. Gassman iniziò a recitare negli anni della Seconda guerra mondiale e continuò fino agli anni Novanta: iniziò da attore drammatico, facendosi molto apprezzare per Riso amaro, ma con I Soliti ignoti fece vedere che poteva fare anche ruoli di tutt’altro tipo, e continuò a farli, tra i tanti, in film come Il sorpasso e La grande guerra, in cui recitò con Alberto Sordi. Ma fece anche tanta televisione: prendendosi in giro e facendo vedere, comunque, quanto fosse bravo.

Vittorio Gassman era nato il primo settembre 1922 vicino a Genova, dove il padre – l’ingegnere tedesco Heinrich Gassmann – si trovava per lavoro. Si chiamava Gassmann, con due “n”: fu poi Vittorio che scelse di togliersene una (mentre il figlio Alessandro, attore anche lui, l’ha aggiunta di nuovo). Insieme alla famiglia, Gassman si trasferì prima in Calabria e poi a Roma, dove studiò al liceo classico e all’Accademia nazionale d’arte drammatica. Tra uno e l’altra si era anche iscritto a Giurisprudenza, senza andare molto avanti.

Nei primi anni Quaranta, Gassman divenne attore teatrale a Milano e nel 1949, dopo aver già recitato in una decina di altri film, ebbe il suo primo grande successo cinematografico con un ruolo molto difficile in Riso amaro di Giuseppe De Santis, uno dei migliori film del neorealismo.

Era piuttosto difficile pensarci dopo averlo visto interpretare il fuggitivo Walter Granata in Riso amaro o dopo averlo visto nel ruolo di Anatole Kuragin nel Guerra e pace di King Vidor, ma grazie a Mario Monicelli, che lo volle per I soliti ignoti, Gassman si aprì anche una grande strada verso la commedia all’italiana, interpretando il pugile (scarso) diventato ladro (altrettanto scarso) Peppe er Pantera, balbuziente.

Sempre per Monicelli, nel 1959 Gassman interpretò il soldato milanese Giovanni Busacca, in guerra al fianco del romano Oreste Jacovacci, interpretato da Sordi.

E sempre per Monicelli, Gassman fu il cavalier Brancaleone da Norcia, armato di una improbabilissima armata.

Oltre a Monicelli, non ci sono dubbi sul fatto che il regista dei più grandi film di Gassman fu Dino Risi: lo diresse in quindici film. Tra gli altri: La marcia su Roma In nome del popolo italiano e I mostri, ma soprattutto Il sorpasso.

Nel cinema, Gassman diede probabilmente il suo meglio tra gli anni Cinquanta e i Sessanta. Già nel 1965, il New York Times Magazine scrisse di lui: «Probabilmente non c’è in tutta Europa un altro attore in grado di rappresentare così bene un uomo che perde tutta la sua dignità mentre allo stesso tempo si aggrappa alle briciole del rispetto per sé che gli restano. Recita con sensibilità e tensione interiore; la sua faccia, nonostante i lineamenti classici, è infinitamente mobile ed espressiva».

Ma ebbe notevolissimi ruoli anche in seguito: in Profumo di donna (di nuovo diretto da Risi) e in C’eravamo tanto amati di Ettore Scola (un altro regista con cui lavorò più volte) e all’estero, recitando per esempio in La vita è un romanzo di Alain Resnais.

Gassman continuò a recitare fino alla fine degli anni Novanta, e con ottimi risultati: in Italia per La cena, diretto da Scola, e all’estero in Sleepers, diretto da Barry Levinson.

Per molti che erano giovani negli anni Novanta, Gassman fu poi la voce di Mufasa nella versione italiana del Re Leone, più che sufficiente per accorgersi dei suoi notevolissimi timbro e dizione.

Nonostante tutto quello che fece in teatro e al cinema, il più noto soprannome di Gassman arriva dalla televisione e dal programma di cui fu protagonista alla fine degli anni Cinquanta: Il mattatore (che poi divenne anche un film).

Sulla Stampa Masolino D’Amico, critico cinematografico che di Gassman fu amico, ha consigliato proprio la visione del Mattatore – che è disponibile su RaiPlay – «al giovane che volesse farsi un’idea su chi è stato Vittorio Gassman», perché è lì che «il Gassman re del teatro classico si prepara a lasciare spazio al protagonista cinematografico di un trentennio di commedie realistiche e talvolta sconsolate» ed è lì che mostrò per la prima volta di essere un «incontenibile showman a tutto tondo, cantando, ballando, eseguendo acrobazie, e poi esibendo una nuova vena farsesca».

Sempre in televisione, Gassman – già “venerato maestro” della cultura italiana – seppe anche prendersi in giro negli anni Novanta, leggendo cose – qualsiasi cosa: dal menu del ristorante alla bolletta del gas – come se fossero grandi testi teatrali.

Oppure interpretando Nostradamus in una piuttosto nota pubblicità di fine anni Novanta.

Tutto questo, dopo aver fatto cose come questa: