Nessuno cammina come Naomi Campbell

Compie cinquant'anni una delle modelle più famose di sempre, che non si è fatta notare solo per il suo aspetto

Naomi Campbell, Venezia, 2 settembre 2016
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Naomi Campbell, Venezia, 2 settembre 2016 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Naomi Campbell compie oggi 50 anni, e da 35 è una delle modelle più famose al mondo e di sempre. Iniziò a lavorare a 15 anni, scoperta per caso da un’agenzia di modelle mentre faceva shopping a Covent Garden, a Londra, la sua città. Prima di compierne 16 finì sulla copertina di aprile dell’edizione britannica di Elle, iniziando una delle carriere più brillanti e longeve nel mondo della moda.

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Negli anni, Naomi Campbell ha sfilato per tutti gli stilisti che contavano, e continua a farlo ancora oggi: una delle sue ultime passerelle è stata per la haute couture di Valentino nel gennaio 2019. Ha posato per fotografi come Peter Lindbergh, Herb Ritts, Bruce Weber e Richard Avedon, è comparsa sulle copertine delle riviste di mezzo mondo e nei servizi pubblicitari dei marchi più desiderati, da Versace a Givenchy, da Balmain a Dolce & Gabbana, da Yves Saint Laurent a Off White.

È apparsa quattro volte sul Calendario Pirelli, la prima a 16 anni, fotografata a seno nudo da Terrence Donovan. È stata una delle cinque “supermodelle” della sua generazione, insieme a Christy Turlington, Linda Evangelista, Cindy Crawford e Claudia Schiffer (divennero poi le “Big Six” con l’arrivo, più tardi, di Kate Moss). Ha fatto parte – insieme a Evangelista e Turlington – della cosiddetta “Trinità”, un termine usato per la prima volta dal fotografo Steven Meisel per indicare il trio, in quegli anni continuamente fotografato e ricercato. È stata la prima modella nera sulle copertine di Time, delle edizioni britannica e francese di Vogue e sul numero di settembre dell’edizione americana di Vogue, il più importante dell’anno.

Nel gennaio del 1990 fu fotografata da Lindberg per la copertina di Vogue britannico con Turlington, Evangelista Cindy Crawford e Tatjana Patitz: è una delle immagini più famose della storia della moda ed è considerata lo spartiacque di un’epoca, l’arrivo degli anni Novanta.

Qualche mese dopo, a marzo, Campbell incarnò la gioia di vivere di quegli anni sfilando, insieme a Evangelista, Crawford e Christy Turlington, per la collezione autunno/inverno di Versace e cantando Freedom! ’90 di George Michael (erano anche comparse nel video della canzone).

Ma Naomi Campbell è stata e ha fatto ancora molto più di questo: ha dato battaglia al razzismo nella moda – diventando un esempio per molte giovani modelle nere, a partire da Adut Akech, una delle più richieste del momento, che la definisce “mama” – e si è spesa in innumerevoli eventi umanitari e associazioni di beneficenza, fondandone una sua, il Fashion for Relief.

 

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La sua immagine impegnata e generosa si mescola con quella di star viziata, bizzosa e dispotica: è stata denunciata più volte per aver aggredito sottoposti e paparazzi, e condannata a risarcimenti, lavori sociali e libertà vigilata; nel 1993 venne licenziata dall’agenzia Elite Model Management, che la rappresentava dal 1987, per il suo comportamento definito «manipolatorio, allusivo, sgarbato e insopportabile». Un video del 2019 che mostra la sua routine di igienizzazione quando viaggia in aereo oggi apparirebbe assolutamente normale, ma prima dell’epidemia sarebbe stato facilmente giudicato ipocondriaco.

Di lei si ricordano anche la personalità forte, il sarcasmo, i molti capricci, le chiacchierate liti furibonde con Flavio Briatore, a cui fu sentimentalmente legata dal 1998 al 2003, gli anni della dipendenza alla cocaina e dall’alcol, terminati con il ricovero in un centro di riabilitazione.

Naomi Campbell arriva in una sede della nettezza urbana di New York dopo essere stata condannata a 5 giorni di lavori socialmente utili per aver aggredito con un telefonino la sua domestica, accusata di averle rubato dei jeans, 23 marzo 2007 (Bryan Bedder/Getty Images)

Ma si ricorda anche il legame affettuoso con l’ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela, che la definiva la sua nipote adottiva, la leggerezza con cui ha sempre ammesso la sua imperfezione, le lacrime dopo la morte dello stilista Gianni Versace, uno di quelli a cui era più legata oltre allo stilista franco-tunisino Azzedine Alaïa, che conobbe a 16 anni, che le fece da mentore e che lei chiamava “papa”, papà.

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Il padre biologico non lo conobbe mai: aveva lasciato sua madre, Valerie Morris, quando era incinta di quattro mesi. Lei era una ballerina di danza moderna di origine giamaicana che viveva a Londra e si portò la figlia appena nata a Roma, dove lavorava. Tornarono presto a Londra e la bambina venne affidata ai nonni, mentre la madre lavorava in giro per il mondo; il cognome lo prese dal suo secondo marito. A cinque anni venne iscritta alla Barbara Speake Stage School, una delle scuole di teatro più prestigiose al mondo, a 13 fu ammessa alla Italia Conti Academy per studiare balletto.

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A 7 anni comparve nel videoclip Is This Love di Bob Marley, a 12 anni in quello di I’ll Tumble 4 Ya di Culture Club’s. «Ho avuto un’infanzia grandiosa», ricorda, «ma mi sentivo sempre come un’adulta nel corpo di una bambina. A cinque anni fui presa alla Barbara Speake Stage School, a Londra ovest, e ogni mattina prendevo un autobus e due treni da casa mia a Stockwell, a Londra sud».

Il giorno in cui venne scoperta «era un tiepido pomeriggio di aprile ed ero in giro con le mie amiche, dopo la scuola. Indossavamo tutte e tre l’uniforme della Italia Conti: una gonnellina azzurro chiaro, un maglioncino a V blu scuro, camicia, impermeabile. Avremmo dovuto portare anche dei cappelli di paglia, ma non li aveva nessuna. A un certo punto si avvicina una donna e mi chiede se avevo mai pensato di fare la modella. Era Beth Boldt, la responsabile della Synchro agency. La mia prima reazione fu di sorpresa ed entusiasmo, ma quando lo dissi a mia madre non fu per niente d’accordo».

Naomi Campbell cade alla sfilata di Vivienne Westwood, facendosi una risata

Alla fine la madre cedette ma è un altro il motivo per cui, forse, senza di lei Naomi Campbell non sarebbe diventata Naomi Campbell. «Mia mamma aveva stile e grazia. Avevo 12 o 13 anni e lei aveva partecipato a una sfilata di moda. Mi ricordo che mi insegnava come camminare nel corridoio di casa: c’era su Lionel Richie e io la osservavo camminare su e giù a ritmo di musica». Qualsiasi cosa abbia fatto o detto, che sia stata generosa o terribile, per qualsiasi diritto abbia combattuto e in qualsiasi trasgressione abbia indugiato, è per quella camminata unica – spavalda e piena di grazia, che viene ancora celebrata e che ancora nessuna ha saputo imitare – che Naomi Campbell non verrà dimenticata: le spalle oscillano sul busto immobile, i fianchi guizzano sui passi che tagliano la strada e un sorriso si allarga per i fotografi.