Anche chi aiuta gli altri ha bisogno di aiuto

La Fondazione Italia Sociale ha tre proposte per sostenere il settore delle organizzazioni non profit che rischiano di essere duramente colpite dalle conseguenze della pandemia

Una volontaria delle Brigate Volontarie per l'Emergenza di Milano con una donna residente nelle case popolari di via Giambellino, il 9 aprile 2020 (Claudio Furlan - LaPresse)
Una volontaria delle Brigate Volontarie per l'Emergenza di Milano con una donna residente nelle case popolari di via Giambellino, il 9 aprile 2020 (Claudio Furlan - LaPresse)

Anche le organizzazioni non profit si trovano in una difficile posizione a causa della pandemia di COVID-19. In vista delle riaperture e della ripresa delle attività delle prossime settimane il loro ruolo sarà ancora più importante del solito, ma molte non sanno se riusciranno a ricominciare con il loro lavoro.

Le ragioni principali, che riguardano tutte le organizzazioni non profit, sono tre. La prima è che gran parte di queste organizzazioni opera in contesti in cui è difficile mantenere le misure di distanziamento fisico e le altre cautele per evitare possibili contagi. Basti pensare a chi lavora nel settore dei servizi alla persona, dell’educazione e della cultura. Osservare le misure anti-contagio in ambienti strutturati come le fabbriche è molto meno complicato rispetto alla gestione di servizi di assistenza domiciliare agli anziani o di servizi ricreativi rivolti a bambini e ragazzi. Quindi la riduzione delle attività di alcune organizzazioni potrebbe durare per un periodo molto più esteso, senza che le loro capacità finanziarie sia in grado di sostenerle nel frattempo.

La seconda ragione riguarda quegli enti del settore dei servizi che svolgono attività economiche pur non essendo imprese. In Italia ci sono 350mila organizzazioni non profit che garantiscono un’ampia serie di servizi di assistenza, accoglienza, inclusione sociale, educazione, svolti con combinazioni diverse di lavoro retribuito e volontario: di queste le imprese sociali propriamente dette sono circa 20mila e hanno un giro di affari attorno ai 12 miliardi di euro l’anno. Le altre, che sono la stragrande maggioranza e contano per altri 58 miliardi di euro, sono associazioni, fondazioni e organizzazioni di volontariato.

Il governo ha introdotto misure di sostegno rivolte a imprese e lavoratori, nella forma di crediti agevolati e contributi a fondo perduto, ma non ha previsto nulla finora per queste organizzazioni, fatta eccezione per la cassa integrazione in deroga. Eppure, sono state colpite pesantemente. Da un lato il fermo prolungato delle attività ha azzerato le entrate da attività e progetti; dall’altro gran parte delle donazioni che le organizzazioni ricevono solitamente sono invece state destinate agli ospedali e agli altri enti che stanno lavorando nella gestione della crisi sanitaria. Secondo le stime di Fondazione Italia Sociale – la fondazione istituita dal governo nel 2016 per raccogliere e organizzare finanziamenti privati da usare per sostenere progetti innovativi nel settore dei servizi – hanno “perso” almeno la metà delle donazioni ricevute nei primi mesi del 2019.

La terza ragione per cui le organizzazioni non profit sono in difficoltà riguarda il lavoro che è e sarà loro richiesto. Quelle che riusciranno a superare le difficoltà attuali, saranno particolarmente sotto pressione perché la situazione sociale renderà il loro lavoro ancora più importante del solito. Il rischio è che non abbiano abbastanza risorse finanziarie per far fronte ai nuovi bisogni della società e continuare, allo stesso tempo, a rispondere ai vecchi. Lo stato sarà impegnato a sostenere un gran numero di lavoratori e imprese, quindi è difficile che ci siano risorse pubbliche speciali per sostenerle. Chi avrà bisogno dei servizi sociali poi più difficilmente sarà in grado di sostenerne i costi a causa delle conseguenze economiche della pandemia.

Dopo la crisi economia del 2008 le organizzazioni non profit riuscirono a mantenere i posti di lavoro e i servizi offerti, o addirittura a farli crescere, diversamente dal settore profit. La situazione attuale però è diversa perché ha colpito tutti i settori nello stesso modo. Per questo Fondazione Italia Sociale ha messo insieme tre proposte per dare sostegno al settore del non profit, utilizzando risorse esistenti e senza gravare sul bilancio pubblico.

La prima proposta: un fondo nazionale
Da creare con donazioni di grandi imprese (0,5 per mille della capitalizzazione di borsa) e di persone con grandi patrimoni (1 per mille della ricchezza finanziaria, per importi superiori al milione di euro). Ai valori attuali, si tratta di una cifra potenziale di 1,5-2 miliardi di euro.

Secondo Fondazione Italia Sociale, la straordinarietà della situazione in cui ci troviamo giustifica la proposta di una «donazione obbligatoria» da parte di chi ha di più. Una minima percentuale, destinata una tantum a favore di un fondo per la ripresa delle tante organizzazioni non profit in difficoltà, sarebbe un gesto facilmente alla portata di grandi imprese e cittadini benestanti. Sarebbe un fondo attivo su scala nazionale per compensare, con contributi a fondo perduto e prestiti a tasso zero, le mancate entrate di questi mesi, senza l’obbligo di presentare progetti articolati. Fondi di questo genere per le organizzazioni non profit esistono in molti altri paesi; sono molto comuni ad esempio negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

La seconda proposta: una modifica alla legge sulle successioni
L’Italia è uno dei paesi con la maggiore disponibilità di ricchezza di individui e famiglie (ha quasi 5.000 miliardi di euro solo di patrimoni finanziari) e uno dei paesi con la più bassa tassazione sulle eredità. Se a questo si aggiunge che nei prossimi dieci anni una consistente parte della popolazione (si calcola circa il 20 per cento) non avrà eredi diretti ai quali trasmettere i propri beni, per l’effetto congiunto di una minore natalità e di un progressivo invecchiamento degli italiani, modificare la legge sulle successioni potrebbe permettere di indirizzare nuove risorse al non profit e a progetti di interesse sociale.

Sono patrimoni destinati a essere dispersi, contesi tra parenti con cui il più delle volte si è persa ogni relazione. Per questo Fondazione Italia Sociale propone di rivedere le attuali soglie e le aliquote dell’imposta sulla successione e sulle donazioni, tutelando i gradi di parentela diretta ma aumentando progressivamente fino al 40 per cento le imposte per i discendenti più lontani (dal quarto grado in avanti). Con un’eccezione per i lasciti già destinati a organizzazioni e progetti di interesse sociale: in questo caso la differenza tra l’attuale aliquota (8 per cento) e quella massima proposta (40 per cento) verrebbe destinata direttamente allo scopo sociale stabilito dal donatore.

La stima delle risorse che così potrebbero essere destinate a progetti sociali è di circa 120-130 miliardi di euro all’anno. È calcolata sulla ricchezza privata complessiva degli italiani (circa 10mila miliardi di euro tra beni mobili e immobili) e le previsioni demografiche che indicano come un quinto della popolazione da qui al 2030 non lascerà eredi diretti.

La terza proposta: accesso senza vincoli ai finanziamenti pubblici
Ci sono risorse finanziare pubbliche già previste dal bilancio dello stato che potrebbero essere reindirizzate alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale, alle imprese sociali e ad altri soggetti simili per via della crisi attuale. Un esempio sono le risorse previste all’articolo 9 della legge 106 del 6 giugno 2016 per sostenere attività di interesse generale nel settore dei servizi; ammontano a 40-50 milioni di euro. Oppure la misura “Italia economia sociale”: 223 milioni di euro gestiti da Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa, a favore di imprese e cooperative sociali.

Altre se ne potrebbero trovare tra i fondi assegnati dalla Commissione europea allo stato e alle regioni: risorse comunitarie non spese che la Commissione, a fronte della crisi sanitaria, ha svincolato dalle precedenti assegnazioni e liberato dall’obbligo di co-finanziamento nazionale.

Per far fronte alla ripartenza, secondo Fondazione Italia Sociale, queste risorse andrebbero rese disponibili riducendone o azzerandone la condizionalità, analogamente a quanto previsto a favore delle imprese e dei lavoratori autonomi. L’obiettivo urgente dovrebbe essere quello di far fronte alla crisi di liquidità delle organizzazioni, per recuperare le perdite e tornare presto alla piena operatività. Anticipando questa terza proposta, Fondazione Italia Sociale e Invitalia stanno lavorando insieme per analizzare e capire come gestire i finanziamenti pubblici per il non profit.