La misteriosa “Devs”

È una nuova serie che sta piacendo agli appassionati di cose enigmatiche e complicate: parla di tecnologia, determinismo e libero arbitrio (qualcuno ha detto "Westworld"?)

("Devs")
("Devs")

In un periodo non particolarmente vivace per quanto riguarda le nuove serie tv, negli Stati Uniti si è fatta notare Devs, una miniserie di fantascienza i cui 8 episodi sono stati trasmessi su Hulu – una piattaforma controllata da Disney – dal 5 marzo al 16 aprile. Ancora non sappiamo se, quando e dove Devs arriverà in Italia, ma intanto possiamo parlarne un po’: ovviamente senza spoiler, giusto per capire come mai se ne sta parlando all’estero (e un po’ anche in Italia) e, nel caso, per farsi venire voglia di guardarla. Partiamo con il trailer, che fa capire bene il tono della serie e contiene frasi come: «Cosa sto facendo qui?», «Cos’è Devs?», «Voi fermarli? È impossibile». Il trailer finisce con la domanda «Cosa c’è lì dentro?», la cui risposta è: «Tutto».

Il produttore esecutivo, sceneggiatore e regista di Devs è Alex Garland, e questo è chiaramente uno di quei casi in cui non si sbaglia a dire che Devs è una serie di Alex Garland; anche perché tra gli attori non c’è nessuno di davvero famosissimo. Garland è britannico, ha 49 anni e prima di fare televisione ha scritto libri e cose per il cinema: nel 1996 scrisse L’ultima spiaggia, da cui fu tratto il film The Beach di Danny Boyle e con Leonardo DiCaprio, e negli ultimi vent’anni ha scritto le sceneggiature di 28 giorni dopo e Sunshine, entrambe per film poi diretti da Boyle. Poi ha scritto e diretto i film Ex Machina e Annientamento, entrambi di fantascienza ed entrambi ben recensiti.

Devs è ambientato in un futuro molto prossimo dalle parti di San Francisco, e ha a che fare con una grande azienda tecnologica che si chiama Amaya e un suo segretissimo reparto chiamato appunto “Devs”: chi sta fuori non sa cosa faccia chi ci sta dentro. Persino di Amaya si fatica a comprendere cosa faccia davvero, se non che lavora più o meno nel campo dell’informatica quantistica. Nella prima puntata Sergei, un programmatore, sparisce; la sua compagna, Lily, capisce che quella sparizione ha a che fare con Devs. Si mette quindi a indagare e nel farlo si troverà ad avere a che fare con Forest, l’enigmatico CEO di Amaya.

Per chi non l’avesse intuito leggendo parole come “segretissimo reparto” e “informatica quantistica”, Devs è una serie piena di misteri e tutt’altro che facile da seguire. Garland ne ha detto:

Mi sono documentato sulla scienza più che su qualsiasi altra cosa, e Devs parte da due elementi. Il primo è questo principio di determinismo, che sostanzialmente dice che tutto ciò che accade nel mondo è basato su causa ed effetto. E questo comporta ogni sorta di implicazioni. Una è che viene meno il libero arbitrio, ma l’altro elemento è che se hai un computer abbastanza potente, potresti usare il determinismo per predire il futuro e capire il passato. Se puoi sbrogliare tutto quello che ti riguarda, tutti i dettagli sul perché preferisci il caffè o il the, allora cinque secondi prima che tu dica che vorresti il caffè, si potrebbe predire che stai per volerlo.

Devs, ha scritto The Verge, «preferisce l’estetica alla chiarezza» e «dà alla trama più importanza rispetto ai personaggi». Chi ne parla bene ne ha apprezzato lo stile, la fotografia, la colonna sonora e la capacità di portare avanti una storia opaca e complicata. Chi ne ha parlato male ne ha messo in evidenza l’attitudine intellettuale e il voler sembrare più di quello che forse è. Nella sua sintesi di diverse decine di recensioni sulla serie, Rotten Tomatoes ha scritto che Devs è considerata «un’ammaliante e bellissima meditazione sull’umanità», aggiungendo però che «la lentezza con cui si svela potrebbe mettere alla prova la pazienza di molti».

Ammesso che riescano a trovare un modo per vederla, Devs potrebbe piacere a quelli che già hanno apprezzato i film di Garland e a chi è intrigato, e non spaventato, da una serie che le recensioni definiscono «cerebrale» e «cupa e profonda», e della quale è stato scritto: «Guardandola ho realizzato che è possibile essere presissimo da una serie e, allo stesso tempo, non avere idea di quello che stia succedendo».

La serie è sconsigliata agli impazienti. Chi dovesse voler cercare conforto in critiche particolarmente negative può leggerne una del Times che parla di una serie «astrusa», che fa di tutto per sembrare intelligentissima e che risulta invece «insipida», o anche una di Slate secondo cui Devs è un ottimo esempio di «brutta televisione che fa di tutto per sembrare grandiosa, che ha idee e stile ma che finisce per sprofondare sotto il peso delle sue ambizioni».

Come avrà certamente notato chi ha guardato – e soprattutto sta ancora guardando – Westworld, ci sono diversi punti di contatto tra le due serie. In entrambe si riflette molto sulla tecnologia, sul libero arbitrio, sul determinismo e su quella che Sophie Gilbert ha definito sull’Atlantic «ansia algoritmica». L’analista Matthew Ball ha scritto invece che «se la terza stagione di Westworld è Blade Runner, Devs è la seconda stagione di Westworld».

– Leggi anche: Che ne è stato di Westworld?