Antonio Lopez rivoluzionò le illustrazioni di moda

Negli anni '60 erano un modo fondamentale di raccontare i vestiti, come spiega una mostra a Milano

1966
(Antonio Lopez, dalla mostra Antonio Lopez, drawings and photographs)
1966 (Antonio Lopez, dalla mostra Antonio Lopez, drawings and photographs)

Fino al 13 aprile la Fondazione Sozzani in 10 Corso Como a Milano ospita la mostra “Antonio Lopez, drawings and photographs“, dedicata a uno dei più famosi e rivoluzionari illustratori di moda degni anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Prima che le pubblicità e i servizi di moda – cioè quelli in cui vengono mostrati i vestiti – fossero realizzati interamente con le fotografie, i giornali e le grandi aziende di abbigliamento li mostravano anche attraverso illustrazioni e disegni (proprio come ha provato a fare Vogue Italia nel suo numero di gennaio, in nome della sostenibilità ambientale): da qui è facile capire l’importanza di Antonio Lopez, che per tre decenni fu uno dei disegnatori più richiesti e ammirati e lavorò per Vogue, il New York Times, Harper’s Bazaar, la rivista di Andy Warhol The Interview, Karl Lagerfeld, Versace, Missoni e molti altri.

Lopez era nato nel 1943 a Porto Rico e si era trasferito da bambino negli Stati Uniti, dove suo padre lavorava in una fabbrica di manichini e la madre come sarta. Da adolescente studiò moda al Fashion Institute of Technology di New York, dove incontrò Juan Ramos, anche lui portoricano, che sarebbe diventato suo compagno nel lavoro e per alcuni anni anche nella vita. Mentre ancora studiava, Ramos iniziò a disegnare illustrazioni di moda per la rivista Women Wear Daily: erano schizzi tradizionali, con figurine sottili e allungate come si faceva all’epoca, in uno stile diversissimo da quello che sarebbe diventato il suo e che si delineò nel 1963, quando Lopez accettò un incarico dal New York Times. I suoi disegni si riempirono allora di colore, vitalità e provocazione: «Quando arrivai nel mondo della moda, l’illustrazione era un’arte morta, davvero noiosa, una roba da catalogo, molto Wasp. Io le feci una trasfusione», spiegò nel 1982 alla rivista People.

Lopez e Ramos vivevano come lavoravano, in un turbinio di feste, incontri, spensieratezza, circondandosi di artisti e modelle che li rispecchiavano: erano loro amici il fotografo di moda Bill Cunningham e Corey Tippin, e poi Donna Jordan, Jane Forth e Pat Cleveland, che divennero le “loro modelle”, con una bellezza molto diversa da quella prevalente all’epoca. Jordan e Forth si radevano le soppracciglia, Jordan aveva uno spazio tra gli incisivi ben prima che Georgia May Jagger lo facesse diventare alla moda, e Cleveland era afroamericana (cosa a quel tempo rara), irriverente e famosa per togliersi improvvisamente i vestiti in passerella. Sotto la guida di Lopez, sdoganarono il modo ingessato di posare e sfilare, colorandosi il viso, sorridendo, facendo mosse buffe o sensuali e provando a divertirsi.

Nel 1969 Lopez, Ramos e il loro seguito di modelle si spostò a Parigi, finendo a vivere nell’appartamento di Karl Lagerfeld che allora era lo stilista dell’azienda Chloè: si svegliavano tardi, lavoravano il resto del tempo e concludevano la giornata al Club Sept, il centro della musica disco in Francia. Lopez allargò il suo seguito di modelle, contribuendo a lanciare le carriere di Grace Jones, Jessica Lange e Tina Chow, stringendo amicizia con il fotografo Jean-Paul Goude e lavorando anche per Yves Saint Laurent.

Blue Water, Pat Cleveland e Grace Jones, 1975
(Antonio Lopez, dalla mostra Antonio Lopez, drawings and photographs)

Negli anni Ottanta Lopez e Ramos ritornarono a New York, dove si avvicinarono allo stile di vestire sportivo e della break dance da cui sarebbe partito il contemporaneo streetwear (cioè il modo di vestirti ispirato a quello dei rapper, con pantaloni larghi, felpe e sneaker). In quel periodo disegnò servizi e copertine per Vanity, la sperimentale rivista italiana di moda fondata dalla critica Anna Piaggi e pubblicata dal 1982 al 1989, e disegnò acquarelli per Missoni e Versace, con corpi maschili potenti e pieni di muscoli, molto vicini a un certo tipo di estetica gay (Lopez era bisessuale ed ebbe relazioni con molte sue modelle). Morì a 44 anni nel 1987 per complicazioni legate all’AIDS.

La mostra in Galleria Sozzani, curata da Anne Morin, raccoglie oltre duecento disegni originali, sequenze fotografiche, collage, diari, film, pagine e copertine di riviste che documentano il lavoro di Lopez e insieme la sua vita, quella del suo circolo di amici e di collaboratori e l’atmosfera di irriverente e creativa di quegli anni. È accompagnata dalla proiezione del documentario Antonio Lopez 1970: Sex, Fashion & Disco di James Crump, con interviste e immagini di Bill Cunningham, Jessica Lange, Grace Jones, Grace Coddington, Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld; dura 95 minuti, è inglese ed è proiettato in loop.

Antonio Lopez, 1974
(Antonio Lopez, dalla mostra Antonio Lopez, drawings and photographs)