Una canzone di James Brown

(AP Photo/Monika Graff)
(AP Photo/Monika Graff)

Scusate la molestia, che già avete fatto la vostra parte abbonandovi al Post e non bisogna approfittarsene, sarò breve: questa newsletter la facciamo perché ci divertiamo, io e voialtri, e perché tutte le cose che al Post facciamo in più sono un piano per il miglioramento del mondo. Ma se in questo piano coinvolgiamo anche altri, e facciamo vedere loro questa newsletter o canticchiamo delle canzoni e li convinciamo ad abbonarsi, siamo tutti ancora più contenti e in grado di inventarci altre cose (il concerto! per gli abbonati!). Get up and drive your funky soul.
Martedì siamo stati col Post a fare una cosa pubblica vicino a Udine, parlando di automobili. C’è un mondo di automobili, nelle canzoni, come sapete: dal disco di Lucio Dalla, alla vituperata Cars are cars di Paul Simon, alle auto nelle canzoni di Springsteen, alla Little red corvette di Prince. Per non dire di chi ti apre lo sportello e who’s gonna drive you home tonight. E infatti il titolare di questa grande concessionaria di auto dove siamo stati era un lettore di Playlist, libro che uscì tredici anni fa dopodomani, e auguri a tutti per queste ragioni.

People get up and drive your funky soul
Quando ero ragazzo io c’era un momento alle feste in cui tutti si eccitavano molto su quei soliti due pezzi di James Brown che a me parevano semplicemente brutti: Sex machine e I feel good (che si chiama I got you in realtà). Del secondo ho successivamente rivalutato quel giro di fiati, ma la ripetizione sfinente e l’assenza di un vero refrain mi irritano ancora. E quando James Brown apparve nei Blues Brothers, il film (avevo 16 anni, al cinema Astra di Pisa: ora c’è un Benetton), la mia indulgenza non crebbe: scena divertente, ma niente di che musicalmente. Figuriamoci quando uscì Rocky IV e quella tremenda Living in America.
Insomma, per dare un senso a James Brown ai miei orecchi ci sono voluti decenni, e solo qualche mese fa ho scoperto questo pezzo che stava nella colonna sonora di un film di Blaxploitation del 1973, e poi in una sua famosa raccolta del 1988 in una versione prolungata assai. Voi direte che non c’è nessun accidente di refrain nemmeno qui, e avete ragione, ma che ne so: saranno ancora i fiati (Maceo Parker) o quel giro di chitarra ipnotico (Jimmy Nolen, uno che dopo gli sono andati dietro tutti), è la versione solare e funky di tutto l’ansiogeno James Brown che mi è toccato in gioventù.

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