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  • Venerdì 6 settembre 2019

Anche il collega di Mario Cerciello Rega era disarmato?

Lo scrivono oggi diversi giornali (ma non tutti) dando conto di alcune novità importanti sull'indagine sull'accoltellamento del carabiniere a Roma, lo scorso luglio

Un fermo immagine dei due giovani americani ripresi dalle telecamere di sorveglianza. (ANSA/FERMO IMMAGINE VIDEO TG LA7)
Un fermo immagine dei due giovani americani ripresi dalle telecamere di sorveglianza. (ANSA/FERMO IMMAGINE VIDEO TG LA7)

È passato un mese e mezzo dall’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, avvenuto a Roma in circostanze ancora poco chiare nella notte tra il 25 e il 26 luglio: oggi i giornali hanno dato conto delle novità nelle indagini, raccolte in un documento di oltre duecento pagine depositato alla procura di Roma, il fascicolo – riservato, ma ottenuto comunque dai quotidiani – che riassume le scoperte degli investigatori. La novità principale è che, secondo alcuni giornali, l’indagine chiarisce che a essere disarmato quella notte non era soltanto Cerciello Rega, come già appurato, ma anche Andrea Varriale, il collega che era con lui la notte dell’omicidio.

Lo scrivono il Corriere della Sera e il Messaggero, mentre Repubblica, non è chiaro perché, scrive il contrario, e cioè che Varriale avesse con sé la pistola. Secondo il Corriere Varriale avrebbe ammesso di essere disarmato durante un interrogatorio, spiegando: «Anche la mia pistola era nell’armadietto. Eravamo in borghese con bermuda e maglietta, e l’arma si sarebbe vista». Il Corriere e il Messaggero, in più, scrivono anche che Cerciello Rega non aveva con sé il tesserino identificativo, altro particolare molto importante che metterebbe in discussione alcuni aspetti centrali della ricostruzione emersa finora per i fatti di quella notte.

La circostanza di cui si parla è l’appuntamento di Cerciello Rega e Varriale con i due giovani turisti americani Gabriel Christian Natale-Hjorth e Finnegan Elder Lee nel quartiere di Prati, a quanto si è ricostruito per recuperare lo zainetto che era stato rubato a Sergio Brugiatelli. Brugiatelli, per chi non ricorda la storia, era l’uomo che aveva condotto i due ragazzi da uno spacciatore nel quartiere Trastevere, che aveva venduto ai due una finta dose di cocaina dando inizio a tutti gli avvenimenti della serata.

La ricostruzione secondo cui anche Varriale sarebbe stato disarmato sarebbe una grossa novità, e spiegherebbe per esempio perché il carabiniere non sia intervenuto durante l’accoltellamento di Cerciello Rega sparando almeno un colpo in aria. Ma risulterebbe anche molto strana e inusuale, perché vorrebbe dire che i due carabinieri si presero un grosso rischio, violando peraltro l’obbligo per le forze dell’ordine di girare armati quando in servizio.

Ma questa ricostruzione non è la stessa di Repubblica, che oggi scrive invece che Varriale era armato: avrebbe detto il contrario soltanto nelle prime fasi successive all’omicidio, quando comunicò una serie di cose inesatte ai suoi colleghi, forse perché sotto shock. Non è chiaro perché i due giornali forniscano versioni discordanti della stessa indagine.

Non sembra ancora chiarito, quindi, uno dei principali dubbi che rimangono sulle circostanze in cui avvenne l’omicidio: e cioè se Cerciello Rega e Varriale fossero in servizio. Lo hanno sostenuto da subito i loro superiori, attribuendo a una dimenticanza il fatto che Cerciello Rega fosse senza pistola: ma la tesi secondo cui non ce l’aveva nemmeno Varriale aggiunge dubbi a questa versione. A rendere ancora meno chiare le cose, oggi il Corriere aggiunge che tra gli oggetti rinvenuti nel marsupio di Cerciello Rega c’erano delle chiavi, un mazzo di carte, due banconote, monete e un cellulare, ma nessun tesserino identificativo. Secondo la testimonianza di Varriale, però, Cerciello Rega non solo lo aveva con sé, ma anzi proprio mostrandolo ai due giovani ne aveva provocato la reazione che portò all’accoltellamento. I legali dei due giovani hanno sempre sostenuto che i loro clienti non capirono che i due uomini che avevano davanti erano carabinieri.

Come spiega Repubblica, l’informativa dei carabinieri da cui arrivano le novità pubblicate oggi sui giornali sono «il risultato dell’analisi di trenta telecamere sparse nei tre luoghi chiave della vicenda, dei telefonini (tabulati, chat e celle) dei protagonisti, e delle dichiarazioni dei testimoni». Sono emerse alcune novità importanti proprio dalla visione dei filmati delle telecamere: prima dell’appuntamento, il cui luogo fu scelto dai due americani, Natale-Hjorn ispezionò con attenzione gli immediati dintorni, guardandosi «furtivamente» intorno in cerca di telecamere, e dando quindi l’impressione di premeditare una specie di agguato. Venerdì il Corriere ha poi pubblicato quella che dice essere la trascrizione di una conversazione telefonica avvenuta tra Brugiatelli e Natale-Hjorn subito prima dell’accoltellamento, nella quale il secondo intima al primo di venire solo all’appuntamento, fornendogli – dopo qualche esitazione e minaccia – l’indirizzo di una banca davanti alla quale incontrarsi.

L’ultima novità emersa dall’indagine, riportata però soltanto da Repubblica, è che l’analisi dei tabulati del telefono di Brugiatelli ha escluso che fosse un informatore di Cerciello Rega e Varriale, come invece era stato ipotizzato all’inizio. La tesi spiegava perché un uomo che aveva appena condotto due giovani da uno spacciatore – e quindi avendo potenzialmente commesso un reato – si fosse rivolto ai carabinieri per denunciare il furto del suo zainetto. Non solo: poteva essere una spiegazione anche all’apparente stranezza dell’operazione con cui i carabinieri provarono a recuperare lo zaino. Di solito, infatti, in questi casi viene mandata avanti la persona rapinata (Brugiatelli, in questo caso), mentre quella notte si presentarono all’appuntamento direttamente i due carabinieri.