Cosa si sta facendo per evitare l’estinzione delle giraffe

Sappiamo che sono diminuite tantissimo, ma non sappiamo ancora perché: intervenire non è facile

Giraffe masai, Giraffa tippelskirchi, vicino a Nairobi, in Kenya, il 13 marzo 2019 (Stuart Franklin/Getty Images)
Giraffe masai, Giraffa tippelskirchi, vicino a Nairobi, in Kenya, il 13 marzo 2019 (Stuart Franklin/Getty Images)

Dal 17 al 28 agosto a Ginevra, in Svizzera, si riuniranno come ogni tre anni i paesi firmatari della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) e tra le altre cose si parlerà delle giraffe. Sei paesi africani – il Chad, il Kenya, il Mali, il Niger, la Repubblica Centrafricana e il Senegal – proporranno che le giraffe siano considerate una specie che «sebbene non sia minacciata dall’estinzione al momento, potrebbe diventarlo senza un attento controllo del commercio di esemplari». Infatti il numero delle giraffe è diminuito del 40 per cento tra il 1985 e il 2015 ma diversamente da quanto è successo per altre specie di grandi mammiferi africani, come elefanti e leoni, fino a poco tempo fa sembrava che nessuno se ne stesse accorgendo.

Secondo la classificazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale che valuta quali siano le specie animali e vegetali che rischiano l’estinzione e quanto ci siano vicine, le giraffe della specie più diffusa, la Giraffa camelopardalis, sono Vulnerable, due gradini sopra alla categoria delle specie estinte. Ancora nel 2016 erano invece considerate una specie abbondante e diffusa perché per molto tempo non erano stati fatti studi adeguati sul loro numero. Il loro spostamento di categoria nella Lista rossa dell’IUCN infatti aveva stupito molti, anche tra chi si occupa di protezione delle specie animali, facendo parlare di una «estinzione silenziosa». Julian Fennessy, una delle persone che all’IUCN si occupa di giraffe, lo ha spiegato così all’Agence France-Presse: «La giraffa è un animale grande, che si vede facilmente nei parchi e nelle riserve. Questo potrebbe aver creato la falsa impressione che se la stesse cavando bene».

Le giraffe sono, insieme agli okapi, gli unici animali della famiglia degli Giraffidi, secondo la classificazione scientifica. Ne esistono quattro specie: oltre alla Giraffa camelopardalis, diffusa in gran parte dell’Africa centrale, ci sono la Giraffa giraffa, diffusa nell’Africa meridionale, la Giraffa reticulata, che vive solo in Kenya, Etiopia e Somalia, e la Giraffa tippelskirchi, solo in Kenya e in Tanzania. Ci sono poi diverse sottospecie e il declino delle popolazioni varia da specie a specie (l’IUCN è riuscita a certificarlo solo l’anno scorso) e da paese a paese.

Secondo i dati dell’IUCN, nei trent’anni prima del 2018 il numero di Giraffa reticulata è diminuito del 60 per cento. È stato invece più grave il calo delle giraffe della Nubia (G. camelopardalis camelopardalis), che vivono solo in Sudan ed Etiopia: sono diminuite del 97 per cento e sono dunque molto più vicine all’estinzione. La popolazione di giraffa del Kordofan (G. camelopardalis antiquorum), presente nel Ciad, nella Repubblica Centrafricana, nel Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo, è diminuita dell’85 per cento: come la giraffe della Nubia, è considerata una sottospecie “in pericolo critico”. Un po’ meno a rischio sono considerate la Giraffa tippelskirchi, o giraffa masai, e la Giraffa reticulata: sono solo “in pericolo”. Le regioni in cui la diminuzione di giraffe è più pronunciata sono quelle centrali e orientali, dove il bracconaggio, i conflitti armati e lo sfruttamento degli ambienti naturali sono più diffusi.

Il problema che deve affrontare chi si occupa di protezione degli animali è che non solo per anni sono state fatte poche statistiche sul numero delle giraffe, ma che in generale sappiamo poco del perché siano tanto diminuite. Il bracconaggio è una delle possibili cause prese in considerazione ma tra gli esperti c’è anche chi pensa che il commercio di parti del corpo delle giraffe non sia la ragione del loro declino: oggi non si può dire con certezza né una cosa né l’altra dato che non ci sono abbastanza dati. In particolare, non si sa quasi nulla della vita delle giraffe in Somalia, Sud Sudan e nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove studiare gli animali è difficilissimo perché non sono zone sicure.

Arthur Muneza, del Giraffe Preservation Foundation, l’unica ong al mondo che si occupa esclusivamente delle giraffe, ha detto ad AFP che il primo vero studio a lungo termine sulle giraffe è stato fatto solo nel 2004 e che molte delle cose che sappiamo su questi animali sono state osservate dagli scienziati che si occupavano di altre specie.

La proposta che sarà presentata alla conferenza della CITES a Ginevra prevede che il commercio di parti del corpo di giraffe, compresi i trofei di caccia ottenuti legalmente, sia regolato a livello mondiale e che le compravendite di parti di giraffe siano registrate; attualmente solo gli Stati Uniti lo fanno. Per ciò che si sa però, ha spiegato Muneza, non si può dire che il commercio legale di parti di giraffe sia responsabile del loro declino: la maggior parte dei traffici di questo tipo avvengono in Sudafrica e in Namibia, dove il numero di giraffe è in aumento. Secondo i sostenitori della proposta però è bene cominciare a fare qualcosa prima che sia troppo tardi, per precauzione, o anche solo perché si parli dei rischi che corrono questi animali.