La riforma della legittima difesa, spiegata

È stata approvata oggi alla Camera e probabilmente passerà anche al Senato: 25 deputati del Movimento 5 Stelle però non hanno partecipato al voto

(Marco Di Lauro/Getty Images)
(Marco Di Lauro/Getty Images)

Oggi alla Camera c’è stato il voto finale sulla riforma della legittima difesa, dopo che ieri ne erano stati approvati i primi sei articoli. Come previsto, la Camera ha approvato il disegno di legge con 373 voti a favore, 104 contrari e 2 astenuti: ora la riforma dovrebbe passare senza difficoltà anche al Senato, ma qui i numeri sono più risicati e il governo corre un rischio maggiore di essere battuto.

Prima della votazione c’era molto imbarazzo nel Movimento 5 Stelle, la forza di maggioranza parlamentare, che non è entusiasta della riforma, e 25 dei suoi parlamentari hanno deciso di non partecipare al voto. Tra questi c’è anche la deputata del Movimento Doriana Sarli che in un’intervista a Repubblica aveva definito la legge un «testo pericoloso». In un’intervista a RTL il capo politico del Movimento 5 Stelle aveva detto:«È sicuramente una legge della Lega. Non è che ci sia tutto questo entusiasmo nel Movimento 5 Stelle, ma è nel contratto e io sono leale al contratto». Anche il nuovo segretario del PD Nicola Zingaretti aveva criticato la legge, definendola «propaganda» del governo.

In effetti la riforma, per quanto molto discussa e criticata, rischia di avere un impatto abbastanza ridotto al di là del suo effetto mediatico. Le modifiche che introduce sono soprattutto cosmetiche e giudicate ridondanti o inefficaci da molti esperti. La riforma introduce in sostanza tre cambiamenti: due al testo dell’articolo 52 del codice penale, in cui si specifica che la proporzionalità tra offesa e difesa “sussiste sempre” se l’aggressione avviene in casa o sul luogo di lavoro (la modifica è l’introduzione dell’avverbio “sempre”); l’altra è l’aggiunta di un quarto comma che stabilisce che la difesa “è sempre legittima” nel caso qualcuno stia respingendo un’intrusione “con violenza o minaccia”. La terza modifica riguarda invece l’articolo 55, in cui si parla del reato di eccesso colposo di legittima difesa. La riforma specifica che non può essere colpevole di eccesso di legittima difesa colui che si è difeso da un’aggressione nella sua abitazione.

Esperti, magistrati e avvocati sono quasi tutti concordi nel dire che queste tre modifiche non cambieranno nulla o quasi. La rivista Diritto.it, per esempio, nota che la riforma «non sembra apportare grandi innovazioni» e che «la prevista introduzione dell’avverbio di tempo “sempre” nell’ambito del comma 2 dell’art. 52 c.p. non pare poter sortire alcun effetto sostanziale sul piano applicativo». Conclude che la riforma: «Pare avere più una funzione politica, di affermazione di un concetto (il cittadino deve potersi sentire sicuro di agire nel lecito quando, all’interno della propria abitazione, protegge sé stesso od i propri cari), che valenza giuridica». La rivista Diritto Penale Contemporaneo scrive che gli obiettivi che si pone la riforma sono già tutti presenti nell’attuale codice penale, e che c’era non bisogno di «ricorrere a modifiche che, per molti versi, pongono e porranno problemi di legittimità costituzionale».

Il presidente dell’Unione delle camere penali Gian Domenico Caiazza, che rappresenta gli avvocati penalisti, definisce l’intera questione «pura propaganda» e aggiunge «stiamo parlando del nulla». L’Associazione Nazionale Magistrati ha criticato la legge perché in alcune parti sembra limitare la possibilità dei magistrati di decidere, ma anche qui lo scopo sembra che non sia stato raggiunto. Il problema principale, secondo il presidente Francesco Minisci, resta che la riforma «lancia il messaggio sbagliato», ossia che si siano ampliati enormemente i margini della legittima difesa e che quindi i magistrati non faranno più indagini o processi, un’affermazione non vera e che rischia di mettere nei guai quei cittadini che dovessero pensare di avere molto più libertà dopo l’approvazione della legge.

Il problema della riforma è che, in sostanza, ribadisce cose già stabilite dalla precedente riforma del 2006, voluta dall’allora maggioranza di centrodestra: e cioè che in caso di intrusione in casa o sul luogo del lavoro il principio di proporzionalità tra offesa e difesa è sempre assicurato (in altre parole si può sparare al ladro disarmato, a patto che sia in corso un’intrusione violenta o un’aggressione). La riforma non cambia invece il punto centrale del concetto di legittima difesa: ossia che per esserci “difesa” deve essere in corso un’aggressione. Sparare e uccidere un ladro che sta scappando o che è immobilizzato e incapace di fare del male non è considerato né legittima difesa né eccesso colposo di legittima difesa, ma omicidio volontario.

In campagna elettorale Matteo Salvini aveva detto che chi si difende nella propria abitazione non avrebbe dovuto essere indagato o processato, ma non è un obiettivo che la riforma raggiunge: è impossibile da raggiungere nel nostro sistema legale. I magistrati devono sempre indagare su furti, ferimenti, omicidi e altri fatti che potrebbero costituire reato, e sono sempre autonomi nel decidere se portare a processo un caso. La riforma non cambia questi principi.