Da dove è uscita Marie Kondo

Storia e fenomenologia della “esperta giapponese del riordino”, tornata ovunque per via di una serie di Netflix

(AP Photo/Seth Wenig)
(AP Photo/Seth Wenig)

Facciamo ordine con Marie Kondo è una serie di Netflix che, da quando è stata resa disponibile in tutto il mondo lo scorso primo gennaio, è stata una delle più viste e commentate. Consiste in una serie di puntate che ricordano i reality show di MTV o RealTime e che hanno come protagonista Marie Kondo, definita spesso una “esperta giapponese del riordino”. Kondo, infatti, è da qualche anno una riconosciuta autorità mondiale per quanto riguarda l’organizzazione delle cose negli spazi domestici, principalmente grazie a Il magico potere del riordino, un suo libro del 2011 che ottenne un grandissimo successo internazionale.

Kondo è famosa da allora: secondo molti è famosa più all’estero che in Giappone, dove – contrariamente a quanto pensino in molti – i principi e la filosofia di vita divulgati da Kondo non è che siano poi così popolari. L’approccio di Kondo all’ordine non è soltanto pragmatico, ma si porta dietro alcune considerazioni e implicazioni più “spirituali”. Vivere in una casa ordinata trasmette serenità e benessere, secondo Kondo, che basa il suo metodo su un principio fondamentale: dovremmo tutti tenere nelle nostre case soltanto gli oggetti (vestiti, utensili, soprammobili eccetera) che “sprizzano gioia” (that spark joy, nello slogan originale). Oltre all’aspetto del riordino vero e proprio, infatti, il metodo di Marie Kondo – chiamato konmari, dall’abbreviazione del suo nome – ruota intorno allo sbarazzarsi degli oggetti che non servono davvero e a cui non si è affezionati.

Nelle puntate della serie di Netflix, Kondo visita le case di alcuni americani: case piuttosto comuni, anche nel livello di disordine. Dopo aver presentato e conosciuto le famiglie, Kondo procede con l’esposizione del suo metodo e guida i partecipanti al programma alla sua applicazione. Dopo qualche momento sentimentale in cui le famiglie riscoprono gli affetti che le legano passando in rassegna gli oggetti che possiedono in casa, le puntate si concludono con un classico “prima/dopo”. Non dovete aspettarvi di imparare grandi trucchi per ordinare le vostre case: è un programma principalmente di intrattenimento.

Dato che Netflix non diffonde i suoi dati, non si sa quante persone abbiano guardato Facciamo ordine con Marie Kondo: ma la quantità di articoli usciti sulla stampa internazionale e nazionale, e la frequenza delle discussioni al riguardo sui social network, suggerisce che sia un programma particolarmente visto. E c’è qualcuno che può dire “ve l’avevo detto”: è Tomohiro Takahashi, un editor della casa editrice giapponese Sunmark, specializzata in manuali di “auto-aiuto” molto venduti. Takahashi era il giudice in un concorso per aspiranti autori di bestseller a cui Kondo partecipò nel 2010. Vinse il primo premio, e Takahashi vinse l’asta per pubblicarla: «Diventerà famosa e andrà in tv», disse allora.

Kondo oggi ha 33 anni, parla poco inglese e si è costruita un personaggio televisivo molto riconoscibile: sempre allegra e gentile, e allo stesso tempo autorevole nel dare ordini e istruzioni alle disordinate persone con cui ha a che fare. Lei stessa ha raccontato di aver dedicato circa metà della sua vita a pensare al riordino, e nella sua formazione ha influito particolarmente un periodo di cinque anni da aiutante in un santuario shintoista, i più diffusi luoghi di culto in Giappone, caratterizzati da cerimoniali rigidi e da ambienti molto curati.

Kondo studiò sociologia e fece una tesi proprio sul riordinare gli appartamenti, prima di iniziare a lavorare come consulente per chi voleva imparare a mettere a posto la propria casa. Ma iniziò ad avere così tanti clienti che pensò di scrivere un libro, per sfoltire un po’ la lista d’attesa: lì arrivarono Takahashi e Sunmark. Le vendite andarono bene, ma non furono straordinarie: le cose cambiarono dopo il terremoto e lo tsunami del 2011. Come ha spiegato Takahashi al New York Magazine, dopo quel disastro i giapponesi – la cui cultura contempla abbondantemente, come quella occidentale, l’accumulo di cose – cominciarono a chiedersi con più insistenza quali fossero le cose fondamentali della propria vita, compresi gli effetti personali. 

Il libro di Kondo vendette molto bene anche in Italia, ma andò forte soprattutto negli Stati Uniti: non subito, ma dopo che se ne occupò un articolo del New York Times. Da allora ha venduto milioni e milioni di copie, e di Kondo e del suo metodo si sono occupati tutti i principali giornali e riviste americani. Di recente molti siti sono tornati a occuparsi di lei, e dal suo programma su Netflix è nata anche una piccola polemica: in una puntata, infatti, consiglia a una famiglia di sbarazzarsi dei libri che possiede, una pratica che è stata criticata da molti giornalisti e opinionisti. Kondo, in particolare, dice che non leggeremo mai i libri che possediamo e che non abbiamo letto, e che invece quelli già letti non ci servono. In molti hanno protestato, giudicando barbaro buttare via dei libri. Altri l’hanno difesa, spiegando che ha semplicemente applicato il suo metodo a cose che sono, alla fine, oggetti come altri.