Cos’è il “Boléro” di Ravel

Una delle più famose composizioni per orchestra del Novecento compie oggi 90 anni: è un buon momento per capirla una volta per tutte

Il 22 novembre 1928, all’Opéra Garnier di Parigi, andò in scena la prima esecuzione pubblica del Boléro di Maurice Ravel, una musica per balletto destinata a diventare una delle composizioni musicali più famose, studiate e citate del Novecento. Ravel, che era nato 47 anni prima in un piccolo paese dei Pirenei francesi, l’aveva composto per Ida Rubinstein, danzatrice e celebrità della Parigi della belle époque, che voleva mettere in scena un balletto dalle atmosfere spagnoleggianti. La rappresentazione fu subito un successo di pubblico, anche se secondo qualche ricostruzione una donna in platea gridò che Ravel doveva essere matto. Sempre secondo questa versione, quando lo seppe Ravel disse che la signora aveva capito l’opera.

La particolarità del Boléro, infatti, è la sua estrema essenzialità: tutti i circa quindici minuti della sua durata sono occupati da due soli temi, ripetuti ipnoticamente sopra una base ritmica ossessiva e primitiva. L’aspetto centrale dell’opera è l’orchestrazione dei singoli strumenti, che ripetizione dopo ripetizione si aggiungono, si tolgono, cambiano registro, sempre e solo suonando le due melodie e la base ritmica. Quello di Ravel, in pratica, fu una specie di esperimento sulle cose che si possono fare con un’orchestra lavorando soltanto sulle dinamiche – cioè la gestione dell’intensità sonora – e sull’aggiunta e sulla sottrazione degli strumenti.

Queste caratteristiche dipesero in parte dal modo in cui nacque il Boléro, che a Ravel fu commissionato. Rubinstein gli chiese di arrangiare per orchestra una serie di brani per pianoforte del compositore spagnolo Isaac Albéniz. Si scoprì però che erano già stati orchestrati, e che i diritti erano quindi stati presi: il compositore che li aveva arrangiati, quando seppe che Ravel era interessato, gli disse che glieli avrebbe ceduti senza problemi, ma Ravel aveva deciso diversamente.

Il Boléro è in Do maggiore, e comincia letteralmente pianissimo, come indicato sugli spartiti. Il tamburo introduce la base ritmica che accompagnerà tutto il brano, le viole e i violoncelli lo accompagnano in pizzicato (cioè suonati con le dita, senza l’archetto), e un flauto esegue per la prima volta il celebre tema, indicato spesso come A. Ravel si ispirò alla danza tradizionale spagnola conosciuta proprio come boléro, che si pensa abbia origine araba e che è caratterizzata da una scansione ritmica in 3/4 (in cui, quindi, la battuta è composta da tre battiti della durata di un quarto). Il tema A dura diciotto battute, dopo le quali viene ripetuto una seconda volta ma da un clarinetto, mentre il flauto si aggiunge al tamburo per la base ritmica. Al terzo giro, un fagotto esegue il secondo tema, il B, che si basa su una scala diversa e contiene alcune note che richiamano immediatamente atmosfere arabe. Poi il tema B viene eseguito di nuovo, da un clarinetto.

Pian piano, in un crescendo che rende il Boléro sempre più imponente, si aggiungono molti strumenti, dagli ottoni come la tromba ai legni come l’oboe agli archi come i violini. Ravel incluse anche il sax tenore, uno strumento poco comune nella musica orchestrale ma tipico del jazz, di cui era un appassionato. Per tutto il brano la melodia rimane esattamente la stessa, così come l’andamento ritmico: l’unica variazione arriva nelle ultimissime battute, in cui c’è un brusco passaggio alla tonalità di Mi maggiore, che dopo cinque battute ritorna sul Do maggiore.

Lo spartito del Boléro, come si può facilmente immaginare, è uno dei più semplici tra quelli delle grandi composizioni orchestrali. Per questo l’efficacia dell’opera dipende ancora più del solito dalla bravura del direttore d’orchestra, e dalla sua capacità di gestire le dinamiche degli strumenti e soprattutto il tempo.

Poco dopo la prima esecuzione del Boléro ci fu un caso che coinvolse Ravel e Arturo Toscanini, tra i più grandi direttori d’orchestra di sempre. Toscanini è tra i principali responsabili della popolarità del Boléro, visto che già nel 1929 lo eseguì a New York, dove ebbe un grandissimo successo. L’anno dopo, sempre con la New York Philarmonic Orchestra, lo portò a Parigi, dove Ravel si accorse che la versione di Toscanini era molto più veloce della sua. Secondo le cronache dell’epoca, ne nacque un litigio, con Toscanini che difese la sua esecuzione sostenendo che era l’unico modo per far funzionare il Boléro.

La polemica contribuì ulteriormente alla fama dell’opera, che si diffuse moltissimo non solo nelle sale da concerto ma anche nelle case: la sua breve durata, infatti, si adattava molto ai nuovi formati di dischi long-playing, cioè gli LP, i 33 giri. Da allora il Boléro di Ravel è diventato un grande classico della concertistica, suonato molto più come brano d’orchestra che come musica da balletto; ma è entrato nella cultura popolare entrando in film e cartoni animati, nelle competizioni di pattinaggio artistico e nei saggi di danza di tutto il mondo.