Dieci canzoni di Aretha Franklin

Ma non ascoltate solo queste, oggi, che sono poche

Aretha Franklin nel 1973. (AP Photo)
Aretha Franklin nel 1973. (AP Photo)

Aretha Franklin, la più grande cantante di tutti i tempi secondo molti giudizi sulla storia della musica, è morta oggi nella sua casa di Detroit. Aveva 76 anni; era nata a Memphis il 25 marzo 1942. Alcuni la chiamano “la regina del soul”, ma Aretha Franklin negli anni si era distinta per i suoi successi in vari generi musicali dal jazz al blues al pop, dal R&B al gospel.

Nel 1987 è stata la prima cantante donna a essere ammessa nella Rock and Roll Hall of Fame and Museum, il museo dedicato ai più importanti e influenti artisti e produttori del mondo della musica di Cleveland, in Ohio (Stati Uniti). Esordì nel 1956 con l’album Songs of Faith, ma il vero successo arrivò negli anni Sessanta, prima con l’album The Tender, the Moving, the Swinging Aretha Franklin (1963) e poi soprattutto con I Never Loved a Man the Way I Love You (1967). Tra i vari premi e riconoscimenti, ha vinto ben 21 premi musicali Grammy, otto dei quali ottenuti consecutivamente, dal 1968 al 1975. Questo è quello che ne scriveva nel suo libro Playlist, assieme a una scelta di sue canzoni, Luca Sofri, peraltro direttore del Post.

Aretha Franklin (1942, Memphis,Tennessee)
Aretha, intanto, è una di quelle che si chiamano per nome. Bob Dylan sarà anche Bob Dylan, ma non è che se dite “Bob” tutti pensano a lui. E poi è una di quelle gran signore che ti chiedi se avrebbero avuto la stessa stima e ammirazione se fossero state belle. Si può cantare di uomini che ti maltrattano e ti mancano di rispetto se sei Rita Hayworth? Lei è bruttozza, tosta, degna di adorazione e adorata. Si è reincarnata in se stessa per alcuni decenni, senza mai cadere lungo la via. Aretha è Aretha.

A change is gonna come
(I never loved a man the way I love you, 1967)
A un certo punto, più che un’attesa di cambiamento sembrava si fosse scatenata una campagna pubblicitaria internazionale: The times they are a-changin’, “Vedrai che il mondo cambierà”, A change is gonna come (anni dopo ci fu Filippo Gatti fuori tempo massimo con Tutto sta per cambiare). Sam Cooke aveva sentito Blowin’ in the wind di Dylan, e decise che i neri dovevano dire la loro: così scrisse A change is gonna come, raccontando di quella volta che a lui e ad altri neri era stata negata una stanza in un motel della Louisiana. Quando Aretha attacca “I was boooooorn…” potete fare le valigie. Tra le molte altre cover ce n’è una fantastica di Solomon Burke.

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