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  • Martedì 26 giugno 2018

L’inquietante racconto pubblicato sul New Yorker che alcuni presero per vero

Cioè il famoso "La lotteria" di Shirley Jackson, in cui i lettori videro «un orribile riflesso delle proprie facce»

L'inizio del racconto di Shirley Jackson "La lotteria" a pagina 25 del New Yorker del 26 giugno 1948
L'inizio del racconto di Shirley Jackson "La lotteria" a pagina 25 del New Yorker del 26 giugno 1948

Il 26 giugno 1948, settant’anni fa, sul New Yorker fu pubblicato un breve racconto che, come era accaduto circa dieci anni prima con la lettura di La guerra dei mondi di H.G. Wells sulla radio CBS, alcune persone interpretarono come resoconto di un fatto reale e non come opera di narrativa. Il racconto era La lotteria di Shirley Jackson (1916-1965), scrittrice americana di storie di fantasmi e altre cose inquietanti molto ammirata da Stephen King, tra gli altri. Diventò il racconto in risposta al quale il New Yorker ha ricevuto il maggior numero di lettere della sua storia, in gran parte negative: la maggior parte chiedeva una spiegazione sul suo significato, alcune insultavano Jackson, altre chiedevano addirittura la cancellazione dell’abbonamento alla rivista per protesta.

Negli anni La lotteria ebbe molto successo e ricevette moltissimi apprezzamenti. Fu trasformato in un radiodramma, in uno sceneggiato televisivo (per due volte), in un cortometraggio dell’Encyclopædia Britannica; è citato in un episodio dei Simpson del 1992, in un video di Marilyn Manson, nel videogioco Fallout: New Vegas e in un episodio della serie tv Una serie di sfortunati eventi.

Per spiegare perché La lotteria suscitò una grossa reazione negativa quando fu pubblicato è necessario dire di cosa parla e, necessariamente, spoilerarlo. Se volete leggerlo prima di proseguire, sappiate che nella traduzione italiana, pubblicata da Adelphi, è lungo solo 18 pagine; se invece leggete in inglese potete trovarlo online, per esempio qui. Di seguito c’è l’incipit e poi cominciano gli spoiler.

«La mattina del 27 giugno era limpida e assolata, con un bel caldo da piena estate; i fiori sbocciavano a profusione e l’erba era di un verde smagliante. La gente del paese cominciò a radunarsi in piazza, tra l’ufficio postale e la banca, verso le dieci. In certe città, dato il gran numero di abitanti, la lotteria durava due giorni e bisognava iniziarla il 26 giugno; ma in questo paese, di sole trecento anime all’incirca, bastavano meno di due ore, sicché si poteva cominciare alle dieci del mattino e finire in tempo perché i paesani fossero a casa per il pranzo di mezzogiorno.

I primi ad arrivare furono naturalmente i bambini».

In breve, La lotteria è ambientato in una cittadina del New England dove ogni anno il 27 giugno una persona viene estratta a sorte tra gli abitanti per poi essere lapidata da tutti gli altri: come i capri espiatori nei sacrifici che si facevano nelle società dell’antichità per propiziarsi il favore delle divinità in vista del nuovo raccolto agricolo. Il racconto però è costruito in modo che cresca l’attesa verso la lotteria, che all’inizio sembra una circostanza positiva, e fino all’ultimo momento non si scopre cosa succederà alla persona sorteggiata. Il finale quindi è abbastanza forte.

Nelle lettere scritte in risposta al racconto – ora conservate nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti – ci fu chi lo descrisse come «oltraggioso», «orribile» e anche «completamente inutile». Jackson fu definita «perversa», «sgradevole in modo gratuito» e dotata di un «incredibile cattivo gusto». Una lettrice di nome Camilla Ballou raccontò di essere stata traumatizzata: «L’ho letto mentre facevo il bagno… e sono stata tentata dall’idea di mettere la testa sott’acqua e farla finita».

La copertina del numero del New Yorker in cui fu pubblicato il racconto “La lotteria”

Nel 1948 alcune persone lessero il racconto credendo che parlasse di un fatto reale e non immaginato, sia per come Jackson lo scrisse sia perché all’epoca il New Yorker non aveva dei titoletti per i brani di narrativa che pubblicava: erano indistinguibili rispetto agli articoli giornalistici, dal punto di vista dell’impaginazione. Ci fu chi scrisse a Jackson per sapere dove si svolgessero le lotterie descritte nel racconto e se si potesse assistervi. I lettori più attenti capirono che si trattava di un racconto d’invenzione, ma pensarono che fosse ispirato a un fatto reale: tra questi un produttore della casa cinematografica Twentieth Century-Fox, Stirling Silliphant, e un professore di sociologia dell’Università di Harvard, Nahum Medalia, a cui comunque il racconto piacque molto.

Tra le persone che rimasero confuse leggendo La lotteria ci fu anche l’antropologo dell’Università di Berkeley Alfred L. Kroeber, cioè il padre della scrittrice Ursula K. Le Guin che aveva 19 anni nel 1948. Le Guin descrisse la reazione di suo padre al racconto alla biografa di Jackson, Ruth Franklin, dicendo: «Mi ricordo che mio padre si indignò per il racconto di Shirley Jackson perché, da antropologo sociale, sentiva che lei non avesse spiegato come la lotteria potesse essere accettata come istituzione sociale, né potesse farlo». Tutto questo perché il racconto era stato scritto in modo realistico e quindi veniva percepito dal lettore come qualcosa che riguardava il mondo contemporaneo.

Tra i lettori ci fu anche chi elaborò originali teorie sul significato della Lotteria: Marion Trout, una delle persone che scrisse al New Yorker, sospettava che la redazione della rivista fosse diventata un «burattino di Stalin». Ci fu anche chi pensò che il racconto fosse una trovata pubblicitaria e chi ipotizzò che per un errore di stampa non fosse stato stampato il paragrafo conclusivo.

Il cortometraggio tratto da La lotteria prodotto dall’Encyclopædia Britannica:

Jackson continuò a ricevere delle lettere sul significato della Lotteria per tutto il resto della sua vita. Pare che abbia raccontato a un amico che il racconto fosse stato ispirato dall’antisemitismo, e a un altro che i personaggi fossero basati su persone vere residenti a North Bennington, la cittadina del Vermont dove la scrittrice visse dal 1940 alla morte. Disse al suo ex professore universitario H. W. Herrington che l’idea del racconto era stata ispirata da una delle sue lezioni sul folklore. Infine, in una lettera al giornalista del San Francisco Chronicle Joseph Henry, Jackson scrisse: «Penso che sperassi che ambientando un antico rito particolarmente brutale nel presente e nella mia stessa cittadina avrei scioccato i lettori mostrando in modo drammatico la violenza senza senso e la disumanità generale delle loro stesse vite».

Il New Yorker rispose ai lettori con un messaggio standard scritto dal redattore Kip Orr: «La storia di Jackson può essere interpretata in molti modi diversi. È solo una favola… L’autrice ha scelto una cittadina senza nome per mostrare come, in un microcosmo, le forze dell’aggressività, della persecuzione e dello spirito di vendetta sono una tradizione perenne dell’umanità e come i loro obiettivi siano scelti senza una vera ragione».

Secondo Franklin, la grossa cosa che fece La lotteria fu aggiungere al classico tema della disumanità nei confronti di altri esseri umani quello della caratteristica casuale di certi atti di violenza. Per questo anticipò molti discorsi che furono fatti in seguito sull’Olocausto e alcuni famosi esperimenti sulla morale umana – successivamente ridimensionati – come quello di Stanley Milgram e quello della prigione di Stanford. Per Franklin i lettori di Jackson rimasero tanto sconvolti dalla Lotteria perché ci videro «un orribile riflesso delle proprie facce, anche se non si resero conto esattamente di cosa stessero guardando».