“Inside North Korea”, un librone fotografico su Pyongyang
Pubblicato da Taschen, racconta la capitale della Corea del Nord in 200 fotografie: musei, stadi, monumenti, ristoranti e i candelabri della metro
Per scoprire la Corea del Nord ci si può affidare quasi soltanto alle fotografie, diffuse dal regime o scattate dai fotografi occidentali, sempre sotto lo stretto controllo di funzionari e censori. Negli ultimi anni l’idea che abbiamo della Corea del Nord è cambiata e si è affinata grazie a questi reportage, e ora gli sterminati palazzoni grigi che pullulavano nella nostra testa pensando alla capitale Pyongyang hanno lasciato posto a grandi viali alberati e condomini dalle tinte pastello, soprattutto rosa.
Inside North Korea è stato appena pubblicato dalla casa editrice Taschen e raccoglie più di 200 fotografie scattate dal fotografo e giornalista del Guardian Oliver Wainwright: vi darà una visione ancora più accurata di Pyongyang, di cui mostra monumenti, torri, giardini, gli interni di musei, stadi e ristoranti, le facciate degli edifici in mosaici di marmo, e i candelabri di cristallo. Il libro è suddiviso in sei sezioni (vedute della città e palazzi; monumenti; musei e luoghi d’arte; strutture sportive e scuole; parchi di divertimento e luoghi dedicati al turismo; la metropolitana) ed è introdotto da un saggio di Wainwright in inglese, tedesco e francese, che racconta la storia architettonica della città, di fatto iniziata nel 1953 dopo i bombardamenti che la distrussero durante la guerra di Corea.
La ricostruzione venne decisa dal Kim Il-sung, padre della patria e primo dittatore del paese, che pur insistendo molto sull’originalità del caso coreano affidò il progetto urbanistico a Kim Jong-hui, un architetto che aveva studiato a Mosca e che applicò i principi architettonici ed estetici dell’Unione Sovietica. Secondo il piano, i palazzi dovevano occupare soltanto il 25 per cento della superficie, che prevedeva soprattutto ampie strade, monumenti e giardini, rendendola molto più facile da controllare. Il suo successore Kim Jong-il puntò soprattutto sull’idea di juche, cioè di come solo l’autosufficienza e la totale indipendenza dall’esterno garantissero la realizzazione degli ideali sovietici nel paese. Scrisse anche un trattato di architettura incentrato su questa convinzione, raccomandando anche di plasmare i monumenti, l’aspetto e il carattere dell’intera città sulla personalità del leader.
Negli ultimi anni Pyongyang è cambiata, in parte per volontà del nuovo dittatore Kim Jong-un, in parte per le recenti trasformazioni della società e dell’economia del paese, che hanno visto sorgere un’élite cittadina che vive di mercato nero e commercio sommerso. Circa il 40 per cento dei nordcoreani è in qualche modo coinvolto in imprese private mentre molti stanno facendo soldi importando beni più o meno di lusso; possono farlo soltanto corrompendo i funzionari di regime, a cui promettono una percentuale solitamente del 30 per cento sui ricavi.
Kim Jong-un sta cercando di avvalorare questa nuova immagine di benessere e serenità. I grandi lavori che ha commissionato sono ispirati allo slogan “Trasformiamo il paese in una favola del socialismo”, spiega Wainwright, che lo accusa di usare l’architettura come un anestetico sulla popolazione. Nel 2014 Kim Jong-un ha per esempio inaugurato il primo impianto sciistico del paese a Wonsan, ed è stato sempre lui a ordinare la costruzione di un enorme parco divertimenti con montagne russe, campi di minigolf, piscine, cinema e una vasca coi delfini importati dalla Cina. Nel frattempo le strade di Pyongyang restano enormi e vuote, senza auto ma con qualche taxi arrivato dalla Cina, costeggiate da manifesti con slogan di partito e dai primi cartelloni pubblicitari, quelli dell’unica casa automobilistica del paese, la Pyeonghwa Motors.
Ci sono piste ciclabili appena asfaltate, qualche ragazzino sugli skate e sempre più ragazze vestite bene. Sta nascendo anche una prima forma, sommersa, di mercato immobiliare: un tempo le case venivano assegnate dallo stato in base al tipo di lavoro svolto ma ora quelle più ambite sono contrattate al mercato nero. Basta però spostarsi da Pyongyang, dalle tinte abbacinanti dei suoi interni e dalle sue strutture futuristiche, per capire che si tratta solo di una parco divertimenti in candy color e per pochi, lontano dal resto del paese che è popolato da fabbriche abbandonate, prigionieri dalla testa rasata guardati a vista dai soldati, blackout e scarsità di cibo.
Per realizzare il libro Wainwright ha passato a Pyongyang una settimana nel luglio del 2015 in un viaggio organizzato dall’agenzia turistica cinese Koryo Tours, che porta turisti stranieri nel paese dal 1993. È uno dei settori su cui sta puntando Kim Jong-un, che spera di attirare nella capitale due milioni di turisti entro il 2020. Il gruppetto con cui viaggiava Wainwright era sempre accompagnato da tre guide ufficiali e accolto da una o più hostess che, vestite in abiti tradizionali, snocciolavano sorridenti il record del monumento o del palazzo: capienza, rapido tempo di costruzione e numero di visite dei dittatori.
Oliver Wainwright scrive di architettura e design per il Guardian. Dopo aver studiato come architetto, ha lavorato per il famoso studio OMA a Rotterdam e per la sezione di architettura e urbanistica della città di Londra. Ha tenuto lezioni in università internazionali come Harvard e Yale, e collaborato come curatore con la Architecture Foundation di Londra. Le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo oltre che pubblicate per illustrare i suoi articoli.