Cos’è successo nel centro migranti a Bardonecchia

Perché Italia e Francia litigano sull'intervento di quattro agenti della Polizia doganale francese in un centro migranti italiano, spiegato

Agenti della polizia di dogana francese fotografati sabato mattina a Bardonecchia. (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
Agenti della polizia di dogana francese fotografati sabato mattina a Bardonecchia. (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Un intervento della Polizia doganale francese avvenuto venerdì sera in un centro migranti di Bardonecchia, in provincia di Torino, ha provocato tensioni tra Francia e Italia. Intorno alle 21, quattro agenti francesi sono entrati nel centro, che si trova nei locali della stazione ed è gestito attualmente dalla ong Rainbow for Africa, accompagnando un uomo nigeriano per fargli produrre un campione di urina in bagno. Gli agenti sospettavano infatti che fosse uno spacciatore, ma il campione è risultato negativo e l’uomo è stato rilasciato. Secondo Rainbow for Africa, entrando nel centro gli agenti erano armati e hanno intimidito un medico, i mediatori e gli avvocati.

Il comportamento della polizia francese è stato subito criticato da diversi politici italiani, che hanno protestato contro lo sconfinamento della polizia francese. Il primo punto della questione è se i poliziotti doganali francesi abbiano rispettato le leggi europee che regolano l’intervento della polizia di uno stato sul suolo straniero: e questo non è ancora del tutto chiaro. Il secondo è se i poliziotti doganali francesi potessero entrare nel centro per migranti: la Francia dice di sì, l’Italia invece di no. Il ministero degli Esteri ha detto di aver chiesto spiegazioni al governo francese e di aver convocato l’ambasciatore francese Christian Masset.

Sabato sera il ministro degli Interni Marco Minniti ha annunciato la sospensione degli attuali accordi che regolano lo sconfinamento degli agenti di polizia a Bardonecchia. Secondo il Corriere della Sera, le nuove istruzioni sono che i gendarmi e i poliziotti doganali devono aspettare l’autorizzazione prima di entrare in Italia. Domenica, invece, la procura di Torino ha detto di aver aperto un’indagine contro ignoti ipotizzando i reati di abuso in atti di ufficio, violenza privata e violazione di domicilio.

Gérald Darmanin, ministro francese dei Conti pubblici, a cui fa capo la Polizia di dogana, ha spiegato in un comunicato la sua versione di quanto successo. Il migrante nigeriano era a bordo di un treno TGV in transito tra Milano e Parigi, su cui erano in servizio gli agenti, che hanno sospettato portasse con sé stupefacenti. Una volontaria del centro, intervistata da Repubblica, ha detto che l’uomo aveva un regolare biglietto e stava viaggiando da Parigi verso l’Italia (quindi non stava entrando in Francia). Darmanin ha detto che i poliziotti, rispettando «l’articolo 60bis del codice delle dogane», hanno avuto il suo permesso scritto per ottenere un campione di urine, e sono scesi alla stazione di Bardonecchia, dove si trovano i locali del centro per migranti. Lì, «hanno chiesto la possibilità di accedere ai sanitari, che è stata concessa loro. Il controllo è risultato negativo. Alcuni membri dell’associazione, però, si sono risentiti per il controllo e hanno voluto che la persona controllata restasse con loro».

Secondo Darmanin, in virtù di un accordo del 1990 che regola i controlli transfrontalieri, i locali della stazione dove ora è operativo il centro per migranti sono a disposizione della polizia doganale francese. È la stessa cosa che hanno detto i poliziotti alle persone nel centro, ha raccontato la volontaria. Darmanin ha aggiunto anche che «al fine di evitare nuovi incidenti nel futuro», le autorità francesi sono disposte a collaborare con quelle italiane per definire meglio i casi in cui la Polizia doganale francese può intervenire sul suolo italiano.

In un comunicato, il ministero degli Esteri ha però detto di non essere d’accordo con la versione della Francia. La Farnesina ha detto di considerare l’episodio «del tutto al di fuori della cornice della collaborazione tra Stati frontalieri», e ha spiegato che i locali del centro per migranti non sono più da tempo a disposizione della polizia doganale francese, «essendo adesso occupati da una organizzazione non governativa a scopo umanitario». Nel comunicato si dice anche che per il 16 aprile era previsto proprio un incontro per discutere della questione.

Per quanto riguarda il lavoro della polizia sul treno TGV, gli agenti francesi e quelli italiani possono operare fino a una certa distanza oltre il confine, grazie agli accordi, grazie agli accordi tra i due paesi. Ma normalmente è il trattato di Schengen a regolare gli interventi delle polizie nel territorio degli altri stati. Il trattato dice che la polizia di uno stato può intervenire in un altro per «osservare» un sospettato, ma deve comunicarlo alla polizia locale e ricevere autorizzazione. Se non c’è il tempo di ottenere l’autorizzazione, la polizia che ha sconfinato deve comunque comunicarlo a quella del paese in cui è entrata. Il problema sembra quindi essere quanto avvenuto una volta che gli agenti sono scesi dal treno, a Bardonecchia: non è ancora chiaro se la polizia francese abbia avvertito quella italiana, come avrebbe dovuto fare.

Sulla questione del centro per migranti, invece, il questore di Torino Francesco Messina ha detto al Corriere della Sera che gli accordi che ne consentivano l’uso alla polizia doganale francese sono molto vecchi: «Bisogna accertare con attenzione, come stiamo facendo, se il diritto di usare quelle stanze della stazione sia decaduto o meno».

Intervistato da Repubblica, il giurista Edoardo Greppi ha invitato a ridimensionare l’episodio, giudicandolo meno grave di come sia stato presentato e ricordando che è normale e quotidiano che agenti francesi operino a Bardonecchia, così come lo è che quelli italiani operino a Modane, il primo comune francese oltre il confine. Le leggi sugli sconfinamenti della polizia, nel caso di due paesi dell’Unione europea con rapporti stretti come Francia e Italia, «conoscono molte attenuazioni», dice Greppi.

Da mesi Bardonecchia e la val Susa sono interessate da un flusso di migranti che provano a raggiungere la Francia, dopo che è diventato sempre più difficile e pericoloso farlo passando per Ventimiglia, in Liguria. Le autorità francesi hanno però adottato misure molto rigide per impedire ai migranti di passare. A inizio febbraio, una donna nigeriana malata di linfoma e incinta era stata intercettata insieme al marito al confine, e riportata a Bardonecchia. Lì era stata soccorsa proprio dai volontari di Rainbow for Africa, che l’avevano portata in ospedale a Torino. Circa un mese dopo, la donna è morta durante il parto.

Francesco Avato, sindaco di Bardonecchia, ha commentato l’irruzione della polizia francese dicendo: «Non avevano alcun diritto di introdursi lì dentro. Non si permettano mai più. Quella è una stanza gestita dal Comune con dei mediatori: i volontari di Raimbow4Africa, come altre realtà, collaborano con il progetto. L’accesso alla sala è possibile solo agli operatori autorizzati. È uno spazio calmo, neutro, dove si incontrano i migranti, si parla con loro, si spiegano i rischi del viaggio che hanno deciso di intraprendere e si cerca di convincerli a rimanere in Italia, dove possono trovare accoglienza».

Paolo Narcisi, medico e presidente di Rainbow for Africa, ha detto che giudica il comportamento della polizia francese «delle ignobili provocazioni». Molti leader politici hanno commentato l’episodio