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  • Lunedì 22 gennaio 2018

La Svezia ha di nuovo un problema con le gang

Dopo omicidi e attacchi esplosivi, il primo ministro ha detto di essere pronto a schierare l'esercito, mentre l'estrema destra dà la colpa all'immigrazione

(Emil Langvad/TT via AP)
(Emil Langvad/TT via AP)

La scorsa settimana, il primo ministro svedese, il socialdemocratico Stefan Lofven, ha detto che è pronto a ricorrere a misure straordinarie per combattere la violenza tra le gang, che negli ultimi mesi ha causato decine di sparatorie e attacchi esplosivi nelle principali città del paese. «Schierare l’esercito non sarebbe la mia prima scelta», ha detto in un’intervista all’agenzia di stampa TT: «Ma sono pronto a fare tutto quello che servirà per assicurarmi che la vera criminalità organizzata venga fatta sparire». Lofven, socialdemocratico e capo di un governo di coalizione, dovrà affrontare nuove elezioni il prossimo settembre e il partito di estrema destra Svedesi Democratici ha già iniziato ad attaccarlo sul tema della criminalità, collegandolo al recente arrivo di decine di migliaia di nuovi immigrati nel paese. Non è chiaro però se la recente crisi dei rifugiati abbia qualcosa a che fare con la violenza degli ultimi mesi, o se i legami tra violenza e migrazione siano in realtà molto più complessi.

Secondo giornali e televisioni, nell’ultimo anno in Svezia ci sono state almeno 300 sparatorie (di cui solo una parte ha causato morti), mentre almeno quattro persone sono state uccise soltanto nelle prime settimane del 2018. Il governo ha promesso di investire entro il 2020 quasi un miliardo di euro nella lotta al crimine, ha inasprito le pene per i reati compiuti con armi da fuoco e ha reso più semplici le intercettazioni telefoniche. Nonostante queste misure, le statistiche indicano che gli svedesi sono sempre più preoccupati dalla criminalità. La percezione di pericolo è probabilmente acuita da incidenti come quello accaduto all’inizio di gennaio in una stazione della metropolitana nella periferia di Stoccolma, quando un uomo è morto dopo aver raccolto da terra una bomba a mano. A dicembre, nella città di Malmö, una delle più colpite dalla criminalità, altre bombe a mano sono state usate per attaccare una stazione di polizia.

Gli attacchi esplosivi sono una delle caratteristiche che rendono la criminalità svedese unica in Europa e sono strettamente legati alle gang e al crimine organizzato. Le autorità ritengono che la maggior parte delle bombe a mano provenga dall’ex-Jugoslavia e che sia arrivata nel paese nel corso degli anni Novanta, quando la Svezia accolse decine di migliaia di rifugiati provenienti dai Balcani. Tra 2011 e 2016, ci sono stati in tutto il paese 54 attacchi con bombe a mano. Gli attacchi avvenuti con ogni tipo di esplosivo, compresi quelli casalinghi, sono triplicati tra il 2008 e il 2016.

Nonostante le notizie allarmanti pubblicate dai media e alcuni attacchi particolarmente spettacolari, le statistiche della polizia non mostrano un particolare incremento di crimini nel paese nel corso degli ultimi anni. La Svezia è ancora oggi uno dei paesi meno violenti d’Europa e, nel 2016, l’ultimo anno per cui ci sono numeri disponibili, ci sono stati appena 106 omicidi, su oltre dieci milioni di abitanti. Il tasso annuale di omicidi a Malmö, la città più violenta del paese, è di 3 ogni 100 mila abitanti, molto più basso dei 28 ogni 100 mila abitanti di città come Chicago, negli Stati Uniti.

La Svezia è stato uno dei primi paesi a introdurre sistemi avanzati per misurare la criminalità. Oltre ai rapporti della polizia, un’agenzia del governo si occupa di effettuare regolari sondaggi tra la popolazione su quante sono le vittime delle crimine. Il rapporto pubblicato a fine 2017 mostra che per la prima volta dal 2006 il numero di persone che dichiara di essere stata vittima di un crimine è in aumento. In un anno è passato da poco più del 13 per cento al 15 per cento.

Secondo Amir Rostami, professore di criminologia all’Università di Gävle ed esperto di criminalità organizzata, numerosi atti criminali sono legati alle gang che operano nelle periferie delle grandi città. In uno studio pubblicato nel 2017, Rostami scrive ad esempio che vicino al luogo dove è avvenuta una sparatoria è molto probabile che se ne verifichi una seconda entro pochi giorni, un segnale che interpreta come possibile presenza di gang. Il 35 per cento di tutti gli omicidi avvenuti nel paese tra il 2007 e il 2011, dice Rostami, sembra essere collegato alla violenza tra gang.

Quello delle bande criminali che si combattono per il controllo del traffico di droga e della prostituzione è un problema che in Svezia esiste dagli anni Ottanta, quando iniziarono a diffondersi e ad acquistare influenza gruppi di motociclisti coinvolti nel traffico di droga. Queste bande si ispiravano, e spesso erano collegate, a gang americane, come gli Hell’s Angels e i Bandidos. Tra il 1994 e il 1997, la rivalità tra le gang diffuse in vari paesi scandinavi portò alla Grande guerra di biker del Nord, che causò 11 morti e quasi cento feriti. Negli scontri vennero usati anche missili anticarro rubati all’esercito svedese. Secondo Rostami: «Con la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila la Svezia ha vissuto una proliferazione di gang di strada e solo recentemente queste gang sono state riconosciute come uno dei principali problemi nelle zone socio-economicamente depresse».

Della violenza in Svezia si è parlato molto negli ultimi anni anche all’estero. Movimenti politici e giornali conservatori e di estrema destra hanno spesso collegato la violenza nel paese alle decine di migliaia di rifugiati che sono stati accolti durante la crisi dei migranti, cominciata nel 2014. Non tutti gli esperti, però, sono convinti che tra i due fenomeni esista una relazione così meccanica, come ad esempio ha spiegato al New York Times un ricercatore dell’università di Malmö. Le violenze di questi ultimi anni, ha spiegato Henrik Emilsson: «Non hanno nulla a che fare con l’immigrazione più recente. Gli autori sono spesso figli di immigrati e persone che sono arrivate nel paese quando erano giovani».

In un articolo che lo scorso marzo il sito di factchecking Snopes ha dedicato alla situazione in Svezia, il giornalista esperto di criminalità Joakim Palmkvist ha spiegato perché secondo lui l’attuale crisi c’entra poco con i rifugiati. Quella che il suo paese sta attraversando, ha spiegato, è la “terza ondata” di criminalità organizzata a colpire il paese. La prima è stata quella dei motociclisti negli anni Ottanta e Novanta. La seconda è stata quella portata avanti dai figli delle persone fuggite dalla guerra nei Balcani. La terza, quella di oggi, è formata soprattutto da figli di immigrati che spesso hanno vissuto in Svezia gran parte delle loro vite.

Non si tratterebbe quindi dei rifugiati arrivati negli ultimi anni, ma di un fenomeno di più lunga durata, che coinvolge persone arrivate nel paese oltre dieci anni fa. Il vicesindaco di Malmö Nils Karlsson ha spiegato a Snopes che ad alimentare la criminalità è soprattutto il fallimento nell’integrare nella società svedese le precedenti generazioni di immigrati: «In alcune aree di Malmö la disoccupazione è al 40 per cento, in altre è all’uno per cento. Questa non è una società ben integrata. Se mentre cresci i tuoi genitori non hanno un lavoro, non hanno soldi, per forza di cose non vedrai molte alternative per te. La soluzione per fermare la criminalità è far lavorare le persone».