Il paese dell’anno secondo l’Economist

È la Francia, anche se stavolta sembra sia stata premiata più una persona che un intero paese

Emmanuel Macron all'Arc de Triomphe, Parigi, 14 maggio 2017
(AP Photo/Michel Euler, POOL)
Emmanuel Macron all'Arc de Triomphe, Parigi, 14 maggio 2017 (AP Photo/Michel Euler, POOL)

L’Economist ha scelto la Francia come paese dell’anno del 2017: e questo perché Emmanuel Macron, «un giovane ex-banchiere che non ha avuto il sostegno di nessuno dei partiti tradizionali, ha vinto la presidenza. Poi La République En Marche, il nuovissimo partito di Macron, ha schiacciato la vecchia guardia per conquistare la maggior parte dei seggi all’Assemblea nazionale».

Questo, dice l’Economist, «ha dato speranza a coloro che pensano che il vecchio divario sinistra-destra sia meno importante di quello tra aperto e chiuso». La lotta tra una visione aperta e chiusa della società «potrebbe essere la competizione politica più importante al mondo in questo momento». E Macron, spiega l’Economist, ha condotto una campagna «per una Francia aperta alle persone, alle merci e alle idee dall’estero e ai cambiamenti sociali in casa. In sei mesi lui e il suo partito hanno approvato una serie di riforme ragionevoli, tra cui una legge anti-corruzione e un allentamento delle rigide leggi sul lavoro della Francia». Macron, si dice ancora, ha «spazzato via l’ancien régime» e colpito «l’ultranazionalista Marine Le Pen che, se avesse vinto, avrebbe distrutto l’Unione Europea».

Il 2017 è il quinto anno in cui l’Economist sceglie il “paese dell’anno”, facendo qualcosa di simile a quello che la rivista statunitense Time fa dal 1927 con “la persona dell’anno”. Nel 2013 l’Economist scelse l’Uruguay, nel 2014 la Tunisia, nel 2015 il Myanmar e lo scorso anno la Colombia, per aver messo fine alla guerra civile con i ribelli marxisti delle FARC. La scelta dell’Economist non è fatta in base a classifiche, dati oggettivi o parametri economici, ma in base ai miglioramenti che in un paese ci sono stati negli ultimi dodici mesi.

Nell’articolo in cui si annuncia la Francia come vincitrice, si dice che in passato sono stati fatti degli errori, come quando nel 2015 venne scelto il Myanmar: «quest’anno, dopo che oltre 600.000 rohingya sono fuggiti dai loro villaggi per evitare di essere violentati e massacrati dall’esercito birmano, siamo stati tentati di nominare il vicino Bangladesh come paese dell’anno per averne accolti così tanti». Un altro paese candidato era l’Argentina, dove secondo l’Economist il presidente conservatore Mauricio Macri «sta attuando riforme dolorose», come quella sulle pensioni, per sistemare la situazione finanziaria ed economica del paese «dopo anni di populismo». E nonostante le violente proteste a dicembre, si dice, «questo è un progresso».

L’Economist ha anche preso in considerazione la Corea del Sud, che «ha avuto un anno straordinario, subendo minacce da parte del vicino nord, armato di missili, con calma e grazia». Ma ci sono stati diversi problemi interni. E dunque, la Francia: che «ha sfidato ogni aspettativa» e in cui «il giorno della gloria è arrivato». Alcuni giornali francesi hanno criticato la scelta dell’Economist, «giornale ben noto per il suo credo liberale», scrive per esempio Le Monde, dicendo che più che un intero paese per i propri miglioramenti è stata invece premiata una singola persona.