Meglio comprare un albero di Natale vero o uno finto?

Se si guarda alla sostenibilità ambientale, vince – a determinate condizioni – quello vero

(Jeff J Mitchell/Getty Images)
(Jeff J Mitchell/Getty Images)

Ogni anno, un po’ prima di doversi preoccupare di comprare i regali di Natale, milioni di italiani devono preoccuparsi (per qualcuno magari è solo un piacere) di preparare l’albero di Natale. E nel farlo si trovano davanti a due opzioni: abete vero, preso da un vivaista (o all’Ikea); o albero finto, di plastica, preso da quello scatolone nell’angolo più remoto del ripostiglio. È questione di gusti e di comodità, ma per alcuni anche di attenzione all’ambiente. Come spiegato da un recente articolo di The Verge, se il problema è preoccuparsi dell’impatto ambientale della propria scelta, la soluzione è scegliere un albero vero (anche se a determinate condizioni).

L’articolo di The Verge è stato scritto da Alessandra Potenza, che parlando delle sue origini italiane ha scritto che la sua famiglia «come la maggior parte delle famiglie italiane, quando ero piccola, usava un albero di plastica». Anche due recenti statistiche – di Coldiretti e Codacons – confermano, anche se con numeri diversi, che in Italia gli alberi di Natale finti sono più di quelli veri: tra il 62 e il 65 per cento, a seconda del sondaggio. Ma ci sono almeno un terzo delle famiglie che, a quanto pare, vanno da un vivaista (o anche solo in certi centri commerciali), prendono un vero albero e se lo portano a casa, come si fa in certi film americani.

Potenza ha parlato del dilemma con Clint Springer, botanico e insegnante di botanica alla Saint Joseph’s University di Philadelphia. Springer ha spiegato che a differenza degli abeti veri, quelli di di plastica (e metallo) si possono riutilizzare; ma anche che spesso contengono cloruro di polivinile, che a sua volta può contenere piombo, che non è salutare e non fa nemmeno bene all’ambiente. Già nel 2010, uno studio indipendente citato dal New York Times disse che per essere ecologicamente più conveniente di un vero abete, un albero finto necessitava di essere usato almeno per 20 anni, e che poche famiglie riuscivano a farlo.

Molte persone si trattengono dal comprare un abete vero perché sradicare un albero per usarlo per meno di un mese fa un po’ impressione (oppure perché un abete vero relativamente grande costa come minimo 60-70 euro, mentre uno finto si può trovare a 30). Springer però ha sminuito l’impatto di questa scelta, spiegando che nessuno sta disboscando delle foreste tropicali e che è pieno di vivai in cui gli abeti sono fatti crescere per l’unico scopo di essere venduti per Natale. Quasi sempre, fra l’altro, quando il vivaio ne vende uno se ne ripiantano altri: spesso quattro o cinque, per essere sicuri che almeno uno cresca solido e bello. In più, Springer ha detto che mentre crescono gli abeti rappresentano un utile habitat per diversi animali, soprattutto uccelli.

Springer e Potenza, però, hanno anche affrontato una delle questioni tirate in ballo dai sostenitori dell’albero vero, che si può riassumere così: «Si, ma tanto poi all’Epifania lo pianto in giardino». La pre-condizione – è banale, ma va detto – è prendere un abete che abbia ancora le radici. La cosa che forse molti non fanno è ricordarsi che far passare un albero dai 22 gradi centigradi del loro salotto agli zero del loro giardino non è l’ideale. L’ideale sarebbe mettere per qualche giorno l’albero in un luogo intermedio: una veranda, un garage. Secondo l’ISA, la società internazionale di arboricoltura, sarebbe anche meglio tenere l’albero in casa per non più di 5-7 giorni. Diciamo che meno sta in casa, più possibilità avrà di sopravvivere. Altri consigli: informarsi sul tipo di albero che si prende e scavare un buco in cui metterne le radici prima che il terreno geli. Oppure, se non avete un giardino, cercare se ci sono scuole, parchi o associazioni disposte a ritirarlo e ripiantarlo.

Altra opzione: usare un albero finto, di plastica, e continuare a usarlo per decenni nonostante il colore sbiadisca, gli aghi cadano e la struttura portante si ingobbisca.