La nuova fase nella carriera di Mel Gibson

Dopo le frasi razziste, antisemite e misogine si era fatto da parte per un po': ora le cose sono cambiate e recita in una commedia per famiglie

(VALERIE MACON/AFP/Getty Images)
(VALERIE MACON/AFP/Getty Images)

Un po’ più di dieci anni fa, Mel Gibson era uno con alle spalle una grande carriera: era stato Mad Max, Martin Riggs in Arma Letale e Amleto nel film di Franco Zeffirelli. Aveva recitato in film diversissimi come Sings e What Women Want, entrambi andati benissimo, e Braveheart – di cui era regista, produttore esecutivo e protagonista – aveva vinto cinque Oscar, compresi quelli per la Miglior regia e il Miglior film. Sapeva fare ruoli drammatici, sapeva far ridere, aveva provato con successo a fare il regista; e tutto questo dopo che nel 1985 la rivista People l’aveva scelto come uomo più sexy del mondo.

Ma nel 2006 Gibson fu fermato mentre guidava una Lexus a 140 chilometri all’ora, quasi il doppio del limite consentito. Era solo in auto, con una bottiglia di tequila aperta e un tasso alcolico ben sopra il consentito. Reagì dicendo, tra le altre cose: «Gli ebrei sono responsabili di tutte le guerre nel mondo». Fu, come hanno scritto Erich Schwartzel e Ben Fritz sul Wall Street Journal, «il necrologio della sua carriera». Anche perché poi, nel 2010, uscì la registrazione di una conversazione telefonica in cui Gibson diceva a quella che al tempo era la sua fidanzata: «Mi vergogno di te. Sembri una fottuta troia in calore, se un branco di negri ti stuprasse sarebbe solo colpa tua».

Dopo alcuni anni in cui era praticamente sparito, trattato come un appestato, Gibson è tornato. Nel 2016 è uscito La battaglia di Hacksaw Ridge, un film su un obiettore di coscienza statunitense che, nella Seconda guerra mondiale, andò a combattere in Giappone ma si rifiutò di usare armi. E a fine mese uscirà in Italia Daddy’s Home 2, una commedia – con Will Ferrell e Mark Wahlberg – in cui Gibson, che ha 61 anni, interpreta un burbero nonno a cui si finisce comunque per voler bene. Sean Anders, il regista del film, ha detto: «Era credibile per la parte: doveva incutere soggezione ed essere ruvido ma anche affascinante». Non ci vuole molto per dire che non sarà un capolavoro. Ma è un film prodotto dalla Paramount Pictures – una delle grandi case di produzioni di Hollywood – ed è un film per famiglie: un film in cui cinque o dieci anni fa sarebbe stato difficile aspettarsi di ritrovare Mel Gibson. Nel loro articolo sul Wall Street Journal, Schwartzel e Fritz hanno provato a spiegare com’è successo: il titolo è “Quando Hollywood ha deciso che ci si poteva ancora fidare di Mel Gibson“.

Dopo la guida in stato di ebbrezza e le dichiarazioni antisemite, Gibson chiese scusa, non contestò le accuse e partecipò a diversi incontri con esponenti delle comunità ebraiche. Ma c’era la sensazione che Hollywood avesse deciso di non dargli più fiducia. Nell’agosto 2006 il Los Angeles Times scrisse in un editoriale:

Gibson dovrebbe essere dichiarato celebrità non gradita, e dovrebbe starsene a combattere i suoi demoni in privato, così come capita a molte altre persone fanatiche. La più giusta punizione dovrebbe essere dimenticarci di lui.

Già sappiamo le fasi della redenzione di Gibson, sono dolorosamente prevedibili: riabilitazione, pentimento, nuova comprensione dei dolori causati dall’Olocausto. Noi speriamo solo che Gibson continui a fare i suoi sproloqui, o la pace con il mondo, lontano dalle cineprese.

Gibson in effetti smise di farsi vedere per qualche anno. Restarono i suoi vecchi ruoli e i suoi film del 2004 e del 2006: La Passione di Cristo e Apocalypto, che fecero parlare per quella che secondo alcuni era un’eccessiva e forse quasi morbosa esposizione di sangue e violenza. Gibson tornò a recitare nel 2010 in Fuori controllo, un thriller d’azione fatto con i soldi di finanziatori indipendenti (e quindi non delle grandi case cinematografiche di Hollywood) che incassò 81 milioni di dollari in giro per il mondo. Non pochi, in generale; ma pochi per gli standard dei film di Gibson dei decenni precedenti.

Il film uscì nei primi mesi del 2010; qualche mese dopo, a luglio, uscì la telefonata in cui Gibson insultava la sua compagna. Il suo agente della William Morris Endeavor lo lasciò e ancora una volta Gibson chiese scusa: «È stato un terribile, schifoso momento nella vita, una cosa detta a una persona, un giorno, e non rappresenta quello in cui credo davvero e il modo in cui ho trattato le persone per tutta la mia vita».

Nel 2011 Gibson tornò di nuovo a recitare in Mr. Beaver, un film diretto e interpretato da Jodie Foster. Gibson interpreta un manager di una compagnia che produce giocattoli, che cade in una profonda depressione e si allontana gradualmente dalla sua famiglia. Per cercare di superare questo momento difficile decide di utilizzare una marionetta a forma di castoro che faccia da tramite tra lui e il mondo che lo circonda. Il film ma fu girato prima della telefonata di Gibson alla fidanzata. Si dice che Foster, sua grande amica, fece molta fatica a convincere i produttori che Gibson fosse la persona giusta. Il film però uscì dopo la telefonata e – forse anche perché non era comunque niente di che – andò malissimo.

Tra il 2012 e il 2014 Gibson ha recitato nel film d’azione Viaggio in paradiso, in Machete Kills di Robert Rodriguez e in I mercenari 3, il film con Sylvester Stallone, Antonio Banderas, Harrison Ford e Arnold Schwarzenegger. Tutti film piccoli, o parti piccole in film un po’ più grandi. Niente di paragonabile a quelle avute da Gibson negli anni Novanta e nei primi anni del Duemila. Schwartzel e Fritz hanno scritto: «Le grandi case di produzione di Hollywood continuavano a non volerlo toccare, considerandolo caduto in disgrazia».

La battaglia di Hacksaw Ridge si è potuto fare solo perché il produttore Bill Mechanic – che prima aveva lavorato solo a Dark Water, The New World e Coraline – è riuscito a raccogliere 42 milioni di dollari da distributori stranieri, finanziatori privati e investitori dall’Australia: il paese in cui Gibson è cresciuto e in cui il film è stato girato. Mechanic ha detto: «Mel è sempre stato l’uomo giusto per il film, soprattutto perché il film parla di perdono e capacità di accettare gli altri». La battaglia di Hacksaw Ridge è andato bene ed è piaciuto abbastanza sia a pubblico che critica. C’è chi ha visto nelle nomination agli Oscar una sorta di definitivo perdono da parte di Hollywood; per altri è stato un giudizio oggettivo che ha separato l’artista – e il suo film – dall’uomo e dalla sua storia.

A inizio anno Gibson ha firmato un nuovo contratto con la CAA (Creative Artists Agency), un’importante agenzia di attori. Si è parlato di lui come possibile regista del seguito di Suicide Squad che, come hanno scritto Schwartzel e Fritz, «è la cosa più mainstream che possa esserci». Non è un film di nicchia, è un film per un pubblico grandissimo, intorno al quale girano tantissimi soldi. Si è anche tornati a parlare della possibilità che Gibson giri il sequel di La passione di Cristo (la trama la sapete già).

Secondo Schwartzel e Fritz, Gibson è tornato perché è passato del tempo, perché ha chiesto scusa pubblicamente, perché Hollywood ha visto che è di nuovo un nome che può portare soldi e perché «molti degli sforzi per rimettere in piedi la sua carriera li ha fatti nel dietro le quinte». Anders, il regista Daddy’s Home 2, ha detto che prima di sceglierlo ha parlato con Gibson del suo passato: «Lui lo sa e lo sappiamo anche noi».