Due giudici sono stati condannati per non aver ritenuto pericoloso un uomo che poi ha ucciso la moglie

Lo ha deciso la Corte di appello di Messina, per una storia di 10 anni fa

Il palazzo di Giustizia di Messina (FRANCESCO SAYA/ANSA)
Il palazzo di Giustizia di Messina (FRANCESCO SAYA/ANSA)

La Corte di appello di Messina ha condannato due magistrati che dieci anni fa si occuparono di 12 denunce di una donna, la 32enne Marianna Manduca, che diceva di essere stata ripetutamente picchiata e minacciata dal marito, Saverio Nolfo. I magistrati, che allora lavoravano a Caltagirone (provincia di Catania), decisero di non prendere provvedimenti nei confronti di Nolfo, che poi uccise la moglie e fu condannato a 20 anni di carcere. Il procedimento per stabilire la responsabilità civile delle azioni dei magistrati fu avviato dal padre adottivo dei tre figli della coppia. La Corte di appello di Messina ha stabilito che ci fu dolo e colpa grave nella decisione dei magistrati di non intervenire, e secondo Lucia D’Amico, legale dell’uomo, è una sentenza storica, «un importante precedente perché di solito è molto complicato che vengano condannati dei giudici».

L’attuale legge sulla responsabilità civile dei magistrati è stata approvata dal Parlamento nel 2015 e ha sostituito la legge Vassalli del 1988: è stata adottata anche per la necessità di adeguare l’ordinamento italiano alle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia europea. La nuova legge, proposta dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha introdotto alcune novità, ma ha mantenuto il principio della responsabilità indiretta: significa che il cittadino che ha subìto un danno ingiusto a causa di qualcosa che ha fatto il giudice può chiedere il risarcimento esclusivamente allo stato, che a sua volta, se il giudice a fine procedimento viene condannato, è obbligato e rivalersi sullo stipendio dello stesso magistrato. Tra le novità introdotte dalla legge c’è stata invece la ridefinizione dei limiti della colpa grave: la riforma ha introdotto la colpa grave anche nei casi di violazione manifesta della legge e del diritto dell’Unione Europea, di travisamento del fatto o delle prove e di emissione di un provvedimento cautelare persone o reale al di fuori dei casi consentiti dalla legge.